VI Congresso del PRC e situazione politica italiana

PRODI E D’ALEMA “VOTANO … BERTINOTTI”

 

 

di Marco Ferrando

 

“La svolta governista di Bertinotti, si spera, dovrebbe avere già regolato i conti con la fazione dei radicali. La nuova Rifondazione depurata da questa antica sindrome di purezza incontaminata dalle pastoie del governo è forse il capitale più importante che Fausto Bertinotti porta in dote al centrosinistra italiano”.

Con queste parole il quotidiano dalemiano Il Riformista (15 dicembre) chiarisce la posta in gioco del VI Congresso nazionale del Prc: un congresso straordinario non solo per il nostro partito ma per lo stesso liberalismo borghese, che già pregusta con entusiasmo un Prc ridotto a costola organica del centrosinistra e del suo governo. Poteva essere più esplicita la “dichiarazione di voto” di Massimo D’Alema per la mozione congressuale di Bertinotti?

In quindici anni di vita del partito non si era mai vista un’attenzione così diretta dei circoli dominanti per la dialettica congressuale del Prc e i suoi possibili esiti. L’attenzione non nasce da un’incertezza sui propositi di Bertinotti, che mai come oggi viene anzi lodato per la raggiunta “maturità istituzionale” e “cultura di governo”. L’incertezza risponde all’interrogativo opposto: riuscirà Bertinotti a traghettare nell’alternanza liberale un partito ancora “impastoiato” dalla sindrome dell’opposizione? Riuscirà Bertinotti a “regolare i conti” con i comunisti del Prc? Questa è la fiduciosa “speranza” de Il Riformista, del Corriere della Sera, de La Stampa, de La Repubblica, di tutta quella stampa borghese liberale che punta al bipolarismo compiuto di una seconda repubblica stabilizzata. Ma questa è anche, perciò stesso, la cifra vera del confronto congressuale che si è aperto, e la misura della sua rilevanza per il movimento operaio italiano.

 

Il rilancio della concertazione (col silenzio di Bertinotti)  

Tutti i poteri forti abbandonano Berlusconi sotto la guida di Montezemolo nel nome del ritorno alla concertazione. Ma proprio per questo pretendono che l’alternanza ulivista sia priva di un’opposizione a sinistra: per sottrarre ai movimenti un riferimento politico, per coprire le spalle alla burocrazia Cgil, per fare della concertazione politica la sponda della concertazione sociale. Altro che “centralità del movimento” per il nuovo mondo possibile, come recita la mozione Bertinotti! La richiesta governista che i liberali rivolgono al Prc nasce esattamente dall’obiettivo opposto: disinnescare la miccia delle lotte di Melfi, Fincantieri, Scanzano, rimuovere le potenzialità radicali di una stagione di lotte, spingere alla rassegnazione quella giovane generazione che si è affacciata sulla scena. L’assordante silenzio di Fausto Bertinotti sulle intese Montezemolo-Epifani è, non a caso, la prima ricaduta della svolta governista del Prc. Si può non vederlo?

 

Berlusconi prende fiato

A sua volta il rilancio di una prospettiva sindacale di concertazione, con il beneplacito del Prc, è oggi il più grande regalo a Berlusconi. Se si deve rassicurare Montezemolo è necessario indossare la veste della “responsabilità” e della moderazione: ciò che significa un ulteriore freno e dispersione delle lotte. Già la rinuncia ad ogni mobilitazione contro Berlusconi nei mesi cruciali della crisi strisciante del governo (giugno-luglio) ha consentito al Cavaliere di ricomporre le contraddizioni della sua maggioranza e rilanciare la propria offensiva. Oggi di fronte a un Berlusconi rinvigorito, che vara una finanziaria pesantissima, che nega il contratto ai pubblici dipendenti, e che al tempo stesso prova a rilanciare il suo profilo populistico-plebiscitario, regna la clamorosa assenza di ogni risposta di lotta unificante ed anzi si moltiplicano le difficoltà di ogni movimento. E’ una legge inesorabile. Più si estende attorno al Centro dell’Ulivo la corte dorata dei poteri dell’establischment (dai nuovi vertici della grande stampa, alle grandi imprese, alla magistratura …), più si subordina il movimento operaio e la sua azione alle compatibilità dell’alternanza. E più questo avviene più si accrescono i rischi della ripresa berlusconiana.

 

Spezzare questa spirale rovinosa

Questa spirale rovinosa va spezzata.

Tanto più oggi il VI Congresso del Prc ha l’onere di una proposta alternativa che si rivolga nel modo più aperto all’intero movimento operaio per un profondo cambio di rotta.

Cacciare Berlusconi e rompere con Prodi non sono affatto in contraddizione tra loro. Al contrario: solo la rottura con Prodi, D’Alema e il blocco d’interessi su cui si appoggiano può liberare finalmente una lotta vera per la cacciata del governo, unificare i movimenti, promuovere una vera prova di forza. Altro che petizioni a Ciampi e raccomandazioni a Prodi, come purtroppo fanno in coda indiana i dirigenti della sinistra Ds, del Pdci, del Prc (inclusi Ernesto ed Erre) e larga parte dei dirigenti di sindacato e di movimento. Una “sinistra di alternativa” – come ama definirsi – è tale solo se combatte le illusioni, non se le alimenta; solo se rompe con liberali e Confindustria, se unifica un blocco sociale alternativo, se lotta per un’alternativa operaia; solo se punta a cacciare Berlusconi dal versante delle lotte di questi anni, CONTRO il disegno di alternanza e concertazione, e non a rimorchio di queste.

 

Le responsabilita’ del VI congresso del Prc

La III mozione congressuale Per un Progetto Comunista avanza questa proposta chiara nel partito e tra i lavoratori, fuori da ogni logica governista.

E’ la sola a farlo.

Ernesto preferisce suggerire a Bertinotti alcune “condizioni minime” per entrare nel governo Prodi (respinte le quali propone … l’appoggio esterno al governo).

Erre ripropone l’accordo politico-elettorale del ‘96 col relativo voto di fiducia al governo Prodi, in una logica di pressione esterna su quest’ultimo. Entrambi propongono insomma alla sinistra sociale e politica un orizzonte segnato dal rapporto “critico” col Centro e perciò finiscono con l’avallare “criticamente” la svolta governista di Bertinotti.

Noi no. Per dirla col linguaggio de Il Riformista non siamo interessati alle “pastoie” di alcun governo borghese.

Tanto meno del governo della settima potenza imperialista del mondo. E lotteremo con tutte le nostre forze nel Prc e nei movimenti per l’indipendenza dei lavoratori e per il rilancio di un’opposizione comunista: che è la condizione decisiva per una prospettiva di alternativa di società e di potere.

Alla giovane generazione non serve l’ennesima “sinistra critica” ma, finalmente, una sinistra rivoluzionaria.