I
naufraghi dell’etere
Breve
viaggio nel precariato dei call center
di Alessandro Turco
Qualche
giorno fa mi è capitato tra le mani un quotidiano nazionale: nel leggerlo mi ha
colpito un articolo elogiante un’azienda con sede proprio nella città in cui
abito, Ivrea. Volevo conoscerne il nome, in seguito avrei cercato l’indirizzo
per inviare loro il curriculum, ma -
ahimè! - era la stessa azienda per la quale lavoro. Vi spiegherò brevemente
l’inconsistenza della mia occupazione, ma per farlo è necessario un piccolo
passo indietro.
In questi ultimi anni con l’incalzare massiccio dello
sviluppo tecnologico - mi riferisco in particolare a quelle aziende che orbitano
nel campo delle telecomunicazioni e alle aziende satellite che spaziano nel
terziario - è nato il call center,
con operatori alla risposta pronti con cuffie auricolari a gestire piogge di
chiamate in soli tre minuti, tempo previsto per l’informazione e la
risoluzione del problema. Resisi conto che lo spazio temporale a disposizione
era troppo breve sono nati i succedanei dei call
center, come l’azienda per la quale lavoro.
In questo pianeta, regno informatico del delirio
comunicativo, coabitano diverse specie di lavoratori con il loro contratto
nazionale, tra cui quello delle telecomunicazioni ed il metalmeccanico, prossimo
all’estinzione in quanto qualitativamente migliore rispetto al primo citato.
Il lavoratore o l’alieno alienato deve cercare di fare fronte ai suoi bisogni
primari, la maggior parte delle volte con un contratto part
time perché nei call center la
tendenza contrattuale è quella, a parte una piccola minoranza.
Ma nel pianeta terziario nel quale vivo quotidianamente
avvengono anche “fatti misteriosi”. Sì, perché dove lavoro si accumula
manodopera interinale: l’80% del popolo aziendale appartiene a questa
categoria e da più di un anno i “rinnovati di mese in mese” ormai lavorano
per lo stesso padrone senza alcun diritto. Un bel giorno un gruppo di signori
gentili e dal fare prodigante ci ha cortesemente invitati a partecipare alla
nostra prima riunione sindacale! Codesti signori avevano brame assai diverse da
quelle sperate: l’intento era quello di muovere le masse allo sciopero
generale fissato per il trenta novembre, ma a sorpresa il popolo interinale e
devo dire solidale ha preso a far loro domande… troppe! Fuorvianti! Ma da
cosa? Chiaro! Dall’intento ingegnato dagli pseudo-difensori (loro) del
proletariato a basso costo (noi).
Con un’azione diplomatica hanno posticipato l’impiccio
promettendo impegno e determinazione nel trattare con le altolocate sfere del
potere che orbita sulle nostre aspettative e sui nostri sogni, come ad esempio
poter cambiare un’auto da rottamare facendo un finanziamento, perché una
parte di mondo - e più esplicitamente quello delle banche - ci ignora in quanto
facenti parte di categorie con fonte di reddito a rischio. In attesa che i lor
signori sindacalisti odano le nostre richieste di intervento rimaniamo precari e
fiduciosi. Grazie.