Autoorganizzazione contro le politiche di collaborazione di classe

 

di Luigi Bozzato

 

Chioggia è il sesto comune del Veneto per numero di abitanti, più di Belluno e Rovigo che fanno provincia, il primo della provincia di Venezia. Il lavoro scarseggia da sempre e l'economia oltre che su pesca, turismo e agricoltura, settori trainanti, si appoggia sui redditi delle migliaia di lavoratori che quotidianamente si spostano in prevalenza a Venezia (edilizia), Mestre (servizi), Marghera, (Enichem, Fincantieri, Alcoa), ma anche Padova o Riviera del Brenta (settore calzaturiero). Insomma il pendolarismo a Chioggia per motivi strutturali è sempre stato uno dei perni dell'economia cittadina, basti pensare che l'Azienda dei Trasporti Veneziana (ACTV) che effettua il suo servizio in tutta la provincia, su 3000 dipendenti conta 1000 chioggiotti che ogni giorno prendono servizio a Venezia per nei settori automobilistico e navigazione. Questa premessa fa capire cosa può essere successo quando lo scorso Luglio la giunta provinciale ha deliberato l'aumento dell'abbonamento del 15%. Va detto che i proprietari di ACTV sono i Comuni di Venezia, Chioggia, Riviera del Brenta (Dolo, Mira) e la provincia di Venezia, tutti amministrati da Ulivo e PRC. Una omogeneità politica che non ammette replica e sgombera il campo da ogni equivoco su mandanti ed esecutori dell'attacco antioperaio. Parlare di malcontento è poco. Dopo il danno, un disagio quotidiano di tre ore di viaggio in condizioni precarie per guadagnarsi il salario, la beffa e cioè un salasso immotivato. Il malcontento da solo, si sa, non basta a far cambiare idea a chi governa, ma anche in questo caso si è dovuto organizzarlo offrendo ai lavoratori un canale di espressione idoneo, credibile, fuori dei sindacati immobili e contro i partiti screditati. Subito con alcuni lavoratori (qualche operaio Enichem, Alcoa, Fincantieri e qualche compagno di antica militanza comune in FGCI) ci siamo posti il problema di come iniziare una mobilitazione contro questo ennesimo sopruso, come coinvolgere il più ampio numero di persone, elemento decisivo per far pesare ragioni e rivendicazioni. Quali forme di lotta mettere in campo? Scartate subito azioni "eclatanti" o "simboliche" di dubbio gusto ed efficacia in stile NO GLOBAL, scartata la solita innocua raccolta di firme, si è pensato di costituirsi in gruppo promotore di un Comitato di difesa e tutela dei lavoratori e studenti pendolari. Abbiamo pensato al gruppo promotore per il comitato, per il semplice fatto che un'organizzazione di autodifesa non si proclama in pochi volonterosi, ma si costruisce pazientemente dal basso, usando gli slogan e le parole d'ordine adatte a far avanzare il livello di coscienza dei lavoratori, a farli comprendere l'urgenza di questa costruzione. Decisiva è stata la presa di coscienza che in prospettiva le cose potranno solo peggiorare: la privatizzazione dell'ACTV, la sua riduzione a spezzatino, i bandi europei per la fornitura dei servizi di trasporto non promettono nulla di buono né per i dipendenti dell'Azienda, né per gli utenti.

La gestione dei servizi pubblici è ormai improntata al massimo risparmio, ai tagli forsennati ai costi, alla massima competitività e redditività, all'attenzione spasmodica ai bilanci per cui molto difficilmente ci potranno essere investimenti e miglioramento al servizio. Consapevole di tutto ciò Il gruppo promotore ha richiesto la Sala Consiliare al Sindaco per un'Assemblea pubblica, volantinando alle fermate degli autobus e affiggendo manifestini che spiegavano qual'era l'intento e invitavano tutti a partecipare. La presenza di una settantina di persone ha deciso la nascita del comitato, decretando così l'irruzione sulla scena cittadina di una categoria di lavoratori che finalmente ha deciso di rivendicare una vita più dignitosa, entrando in rotta di collisione con le istituzioni. Un'irruzione va precisato che pur nascendo su base cittadina ha fatto sentire la sua eco forte e chiara a livello provinciale. Due mesi di lavoro, incontri più o meno conflittuali con assessori provinciali e comunali, comunicati stampa, hanno evidenziato il protagonismo del comitato ingrossando inevitabilmente le sue fila in preparazione di una seconda assemblea pubblica rivelatasi ancor più partecipata, basta pensare che più di 200 lavoratori hanno rumorosamente gremito la Sala Consiliare fin fuori della porta e lungo le scale.

E' stata la svolta; chi ha snobbato il comitato pensando si trattasse di un fuoco di paglia è stato costretto a fare i conti con la realtà. Questo vale anche per il PRC cittadino e soprattutto per quello provinciale che si sono trovati a fare i conti con propri compagni che hanno organizzato i lavoratori contro le scelte politiche compiute dai rappresentanti del PRC in seno al CdA dell'ACTV e della giunta provinciale e avvallate ciecamente dal partito stesso.

Quando la realtà supera la fantasia: la patetica scusa della presenza del PRC nelle varie giunte con propri assessori, motivata con la necessità di fare da sponda istituzionale alle mobilitazioni dei movimenti (presunte, quando non ci sono del tutto), crolla miseramente sotto i colpi di una mobilitazione vera con connotati di classe, innescata proprio dalle politiche prodotte in queste giunte di cui il PRC è corresponsabile! E proprio la paura di essere spazzati via dall'impeto della corrente ha portato il partito ad appoggiare le rivendicazioni del Comitato Pendolari (a Chioggia con una certa tempestività, in federazione con grandissimo ritardo) rinnegando le politiche condivise e chiedendo di rivederle, senza però, ed è la cosa più grave, fare nessun bilancio di un'esperienza simile.

Bilancio che invece noi di Progetto Comunista, con tutti i nostri limiti e lacune, ci mancherebbe, abbiamo cercato di fare: la classe operaia, ben lungi dall'essere sparita dalla scena, continua ad esistere e ad ingrossare le sue fila. E' disponibile a lottare non solo se stimolata dai bonzi sindacali, ma anche su indicazione di chi sa interpretare i suoi stati d'animo. Al suo interno ha le potenzialità per esprimere un'avanguardia adeguata al livello dello scontro. Non resta che offrirle lo strumento adeguato alla bisogna, e questo non potrà mai essere un partito che fa della collaborazione di classe, del "compromesso dinamico riformatore", delle desistenze o non belligeranze il suo baricentro, serve un partito rivoluzionario, il partito che come Progetto Comunista ci siamo impegnati a costruire.