Manifesto-Appello

(approvato dall'Assemblea fondativa dell'Associazione marxista rivoluzionaria Progetto comunista - Rimini gennaio 2003)

 

 

LA CRISI MONDIALE

 

Una crisi profonda investe il mondo.

 

Da un quarto di secolo l’economia mondiale registra una sostanziale stagnazione. Le forze produttive non crescono più. Il ciclo ventennale delle nuove tecnologie (personal computer, telefonia mobile, internet), che secondo la propaganda liberale avrebbe dovuto trainare una nuova stagione storica di prosperità, ha clamorosamente mancato la propria missione: ed anzi la crisi profonda della cosiddetta “nuova economia” trascina al ribasso il capitalismo mondiale. Cedono le borse. Si moltiplicano fallimenti spettacolari di multinazionali e di banche. Declina il decantato miracolo americano degli anni novanta svelando l’estrema fragilità delle sue basi. E la crisi americana, la stagnazione europea, il cronicizzarsi della recessione giapponese, minacciano, nel loro combinarsi, una nuova flessione economica internazionale. A sua volta la crisi profonda dell’America Latina, trascinata dalla catastrofe economica argentina, registra e amplifica l’intera dinamica mondiale. Ne consegue una nuova accumulazione di miseria e di degrado ad ogni latitudine del globo: arretrano ovunque, da vent’anni, diritti sociali basilari in fatto di lavoro, istruzione, sanità, previdenza; si sviluppano enormi migrazioni di massa, su scala continentale ed intercontinentale; si acuisce l’oppressione delle grandi masse femminili. Ovunque si delinea un’autentica regressione nella condizione di vita della maggioranza della società.

 

Sul piano politico si registra la rottura profonda di ogni vecchio equilibrio internazionale. Il crollo dell’Urss dell’89-'91, con la relativa restaurazione capitalistica nell’est europeo, ha destabilizzato, come non mai, il vecchio ordine del mondo. Tutte le contraddizioni si acuiscono. Tra i blocchi imperialisti, a partire dalla nuova contesa tra Usa ed Europa per la conquista dei mercati e delle zone d’influenza; tra i Paesi imperialisti nel loro insieme e l’insieme dei Paesi dipendenti e dei popoli oppressi; tra i Paesi imperialisti e le nuove potenze emergenti (Russia, Cina). Una nuova instabilità segna dunque l’intera situazione internazionale. La ripresa delle guerre imperialiste ne è un drammatico portato. In particolare l’unilateralismo guerrafondaio degli Usa se da un lato riflette una superiorità straordinaria di forza militare distruttiva, dall’altro misura la crisi dell’egemonia politica degli Stati Uniti sulla scena mondiale e moltiplica, a sua volta, tutte le contraddizioni internazionali. La seconda annunciata aggressione criminale all'Irak si colloca in questo quadro generale.

 

All’alba del nuovo secolo, dunque, il capitalismo mondiale e la sua crisi ripropongono all’umanità tutto il peggio del secolo precedente: miseria, guerre, razzismo, reazione, devastazione ambientale. Ogni vecchia illusione riformistica è negata alla radice dalle condizioni obiettive dello scenario mondiale. Solo una rivoluzione socialista internazionale che riconduca la produzione e le risorse naturali sotto il controllo cosciente delle masse lavoratrici può liberare l’umanità dalla barbarie, aprire un orizzonte nuovo, offrire un futuro degno alle nuove generazioni.

 

LA RIPRESA DI LOTTA INTERNAZIONALE

 

Proprio la profondità della crisi mondiale allarga le condizioni di una ripresa di lotta internazionale.

 

La crisi logora le basi di consenso delle classi dominanti. L’impoverimento d’ampi settori di proletariato ma anche di classe media mina la base d’appoggio dei regimi borghesi. L’acuirsi della crisi economica riduce drasticamente lo spazio di manovra redistributiva e o clientelare ai fini di recupero del consenso, minacciando la stabilità delle tradizionali soluzioni di governo e dei vecchi equilibri istituzionali. La parabola discendente delle socialdemocrazie e dei loro governi nell’Europa capitalista, unita alle rapide difficoltà delle nuove soluzioni di centrodestra (Berlusconi e Raffarin); la profonda instabilità politica di tutta l’America Latina, rivelano al fondo la crisi d’egemonia delle politiche dominanti alle diverse latitudini del mondo.

Per lungo tempo la crisi d’egemonia si è espressa prevalentemente, sul versante di massa, nella forma del distacco passivo, dell’indifferenza, del rifiuto della politica. Ma si è trattato di una fase transitoria. Dalla seconda metà degli anni novanta, il distacco dalle politiche dominanti si è trasformato progressivamente in mobilitazione attiva, nella ripresa potente, su scala mondiale, di una nuova ascesa di massa.

Un nuovo vento attraversa il mondo.

Una giovane generazione rialza la testa dopo vent’anni di arretramenti e di sconfitte. Il movimento no-global, pur con le sue contraddizioni, ha rappresentato la prima espressione visibile di questa svolta, con positivi effetti di contaminazione e di contagio.Il movimento contro la guerra, in Europa e negli Usa, ha costituito anch’esso un canale di questo risveglio, quale si è espresso nella grande manifestazione di Firenze. Ma soprattutto ne porta il segno la ripresa internazionale della lotta di classe e di massa. Larga parte dell’Europa capitalista, anche se in forme e con intensità diverse, è attraversata dalla ripresa del movimento operaio, a partire dall’Italia, dalla Gran Bretagna, dalla Spagna. Negli Stati Uniti si registra dopo lungo tempo una significativa ripresa della sindacalizzazione. Nel Giappone, sconvolto dalla crisi, la pace sociale volge al termine. Ma soprattutto nei Paesi dipendenti, la fine della passività sociale coincide in più punti col diffondersi di uno spirito di ribellione e di rivolta.

In Palestina una giovane generazione ha segnato con la seconda Intifada una nuova stagione di lotta all’oppressione sionista e all’imperialismo, opponendosi ad ogni ipotesi di resa e capitolazione, e rivitalizzando attorno a sé una più ampia mobilitazione di masse arabe.

La crisi rivoluzionaria in Argentina, prima col rovesciamento del governo De La Rua, poi con lo sviluppo di vasti processi di autorganizzazione operaia e popolare nel quadro di una crisi verticale delle vecchie forme del dominio borghese, è tutt’altro che un isolato caso nazionale: è la punta dell’iceberg di una potenzialità rivoluzionaria che percorre l’intero continente. E al tempo stesso è la misura delle nuove potenzialità internazionali della rivoluzione socialista, entro la svolta d’epoca del nostro tempo.

 

PER UN PARTITO RIVOLUZIONARIO INTERNAZIONALE DEL PROLETARIATO E DEGLI OPPRESSI

 

Proprio la ripresa internazionale dei movimenti di massa, sullo sfondo della crisi capitalista e del crollo dello stalinismo, pone l’attualità, politica e storica, della rifondazione comunista internazionale.

 

Tanto più dopo un lungo periodo di devastazione politica e culturale, la ripresa di lotta della nuova generazione si combina inevitabilmente con la sua inesperienza, l’arretratezza della sua coscienza, il ritorno di vecchie illusioni. Ma soprattutto le sue potenzialità cozzano con la natura e il ruolo delle vecchie direzioni. Liberalismo borghese progressista, socialdemocrazia, vecchi partiti “comunisti” di estrazione staliniana, nazionalismo borghese, burocrazie sindacali, intellettualità democratica piccolo-borghese, sono tutti impegnati, in forme e con ruoli diversi a contenere e deviare la nuova spinta di massa dentro le compatibilità del capitalismo e dell’imperialismo.

Le rivendicazioni di classe dei movimenti di lotta sono respinte o dissolte in pratiche concertative. Le aspirazioni nazionali dei popoli oppressi sono tradotte in programmi di riconciliazione con i loro oppressori (“due popoli due stati” in Palestina). La domanda di un nuovo mondo possibile è tradotta nella promessa d’abbellimento, impossibile, del vecchio mondo borghese (“Europa sociale”, Tobin Tax, bilancio partecipativo, "commercio equo e solidale"….).

In particolare i governi borghesi cosiddetti progressisti, spesso sottoprodotto della spinta di cambiamento, hanno colpito frontalmente le attese e speranze da cui sono nati. Così in Francia il governo Jospin, retto da socialdemocrazia e PCF, ha negato tutte le attese della rivolta sociale del '95, ricambiandole con le politiche di privatizzazione e flessibilità. In Sudafrica l’attuale governo ANC-SAPC respinge le più elementari domande di riforma agraria e di giustizia sociale sino a richiamare contro di sé lo sciopero generale. In Brasile il nuovo governo Lula, in aperta collaborazione con la borghesia brasiliana si premura di rassicurare l’imperialismo e di annacquare persino il proprio timido programma di riforme.

Ovunque le direzioni maggioritarie dei movimenti operai, popolari, nazionali, sono spinte dalla crisi mondiale e dal crollo dellUrss ad un ulteriore slittamento a destra della propria politica.

Già responsabili delle sconfitte storiche dei processi rivoluzionari del Novecento, si presentano oggi in aperta contrapposizione alle potenzialità rivoluzionarie del secolo nuovo. Al tempo stesso, scosse dai fallimenti passati e dalla nuova ascesa, moltiplicano i propri fenomeni di crisi, di scollamento con la propria base sociale e militante, di frattura e divisione dei propri apparati, entro un processo di complessivo indebolimento.

L’ascesa internazionale di una nuova generazione, il fallimento dei vecchi apparati riformisti, la profondità della loro crisi definiscono nel loro insieme un nuovo spazio storico per la rifondazione di una direzione rivoluzionaria internazionale.

Solo una nuova direzione rivoluzionaria internazionale e partiti comunisti rivoluzionari nei diversi Paesi possono lavorare nel cuore della giovane generazione per sviluppare la sua coscienza politica. Possono difendere e sviluppare in ogni movimento a base nazionale l’interesse internazionale del movimento operaio. Possono contrastare le vecchie direzioni e lottare per l’egemonia di un programma rivoluzionario mondiale.

Il comunismo è nato storicamente come programma internazionale e come partito internazionale. Prima la socialdemocrazia, poi lo stalinismo hanno colpito al cuore questo principio elementare distruggendo ogni forma d’internazionalismo rivoluzionario. Non c’è rifondazione, tanto più oggi, senza il recupero di quel principio e di quella costruzione. Alla cosiddetta “globalizzazione” capitalista va contrapposto, tanto più oggi, un partito globale della classe operaia e della sua avanguardia.

 

 

PER LA RIFONDAZIONE DELLA QUARTA INTERNAZIONALE

 

A sua volta non c’è rifondazione di un’internazionale rivoluzionaria se non sulla base programmatica del marxismo rivoluzionario. I principi dell’indipendenza di classe del movimento operaio da ogni governo borghese, del legame costante tra obiettivi immediati e fini generali, della dittatura proletaria come potere dei consigli hanno segnato il filo rosso del marxismo attraverso il pensiero e la politica di Marx, di Engels, di Lenin, ripresi, in Italia, di Gramsci. L’opposizione di sinistra internazionale guidata da Trotsky e la Quarta Internazionale delle origini hanno difeso e sviluppato quel programma contro la socialdemocrazia e lo stalinismo, subendo per questo la persecuzione congiunta della borghesia e della burocrazia staliniana. Oggi solo il recupero e la riattualizzazione di quel patrimonio programmatico può rilanciare il futuro del comunismo come movimento rivoluzionario internazionale. E viceversa, fuori e contro il recupero di quelle fondamenta, ogni tentativo di rifondazione è destinato a ripercorrere sentieri già battuti e già falliti.

In questo senso la rifondazione dell’internazionale comunista è, programmaticamente, la rifondazione della Quarta Internazionale. Non si tratta della celebrazione religiosa dell’”infallibilità” di Trotsky. Si tratta invece del raggruppamento politico, attorno ai principi marxisti rivoluzionari, dell’avanguardia di classe internazionale: di tutte le forze e tendenze d’avanguardia che, al di là delle diverse provenienze, saranno disponibili a convergere sul programma della rivoluzione. Non dunque un'idealizzazione del “movimento trotskista”, in realtà attraversato nella lunga storia del dopoguerra da un processo di frammentazioni organizzative e

distorsioni politiche (oggi ad esempio approdate nell'ingresso nel governo Lula della tendenza brasiliana del Segretariato Unificato): ma una reale ricomposizione rivoluzionaria di classe capace di capitalizzare la crisi profonda delle vecchie forze riformiste e centriste e di rispondere all’esigenza decisiva di una nuova direzione internazionale.

Il movimento per la rifondazione della Quarta Internazionale non è più un semplice auspicio, ma una realtà: un soggetto politico internazionale che, al di là dei suoi limiti, già oggi lavora in diversi Paesi e su scala mondiale per quest’ambizioso progetto. In America latina, nell’Europa occidentale e orientale, negli Stati uniti d’America, in Medio Oriente e in Asia, questa presenza vive e questo lavoro è iniziato. Nella primavera estate del 2003, a Buenos Aires, una prima riunione internazionale di delegati marxisti rivoluzionari si propone di sviluppare questa prospettiva L’associazione marxista rivoluzionaria Progetto comunista aderisce al Movimento per la rifondazione della Quarta Internazionale, portandovi il bagaglio della propria esperienza e posizioni, e si propone di costruire attorno ad esso il più ampio raggruppamento dei comunisti rivoluzionari italiani.

 

 

L’ESIGENZA DI UNA NUOVA DIREZIONE DEL MOVIMENTO OPERAIO ITALIANO

 

L’esigenza di una nuova direzione è più che mai riproposta dall’intero scenario politico nazionale

Gli ultimi dieci anni della vita politica italiana sono un’eccezionale cartina di tornasole della crisi di direzione del movimento operaio.

La borghesia italiana ha conosciuto dieci anni fa una crisi acuta delle proprie forme di rappresentanza, con la dissoluzione dei suoi vecchi partiti e la rottura dei vecchi equilibri istituzionali. Ma le direzioni del movimento operaio, a partire dal nuovo PDS, non solo non hanno capitalizzato quella crisi in direzione di un’alternativa di classe ma l’hanno assunta come leva della propria scalata di governo alla testa del capitalismo italiano e in funzione delle sue esigenze. Il centrosinistra ha così rappresentato negli anni novanta lo strumento centrale della borghesia italiana contro i lavoratori e le lavoratrici. Ha colpito la classe operaia e le sue conquiste più di quanto fosse accaduto nella lunga vicenda del dopoguerra. Ha piegato le sue lotte (nel '92-'94) in un orizzonte di pace sociale (concertazione). Ha rappresentato nel modo più diretto gli interessi della grande impresa, sia sul piano della politica interna (privatizzazioni, detassazione dei profitti, flessibilità del lavoro) sia sul piano della proiezione imperialistica internazionale (con le aggressioni militari in Medio Oriente, nei Balcani e in Afghanistan)

Berlusconi è stato solo il beneficiario di questo lungo corso: il parvenu reazionario che eredita i frutti di dieci anni di massacro sociale e politico delle classi subalterne e del popolo della sinistra.

Oggi la grande ripresa dei movimenti di massa in Italia, sospinta di fatto dal governo Berlusconi e dall’intera dinamica mondiale, trova la principale barriera, ancora una volta, nel centrosinistra. Nelle forze organiche del centro liberale (Margherita) nemico dichiarato delle mobilitazioni e sostenitore delle politiche di guerra e anti-operaie. Nella maggioranza dirigente dei DS, sempre più omologata al centro liberale, e per questo esposta ai contraccolpi della propria mutazione. Nella burocrazia dirigente della CGIL che, pur incanalando larga parte della mobilitazione di massa, contiene le sue forme di lotta, la priva di una piattaforma unificante e di svolta, ne disperde le enormi potenzialità, nella prospettiva di un recupero della concertazione sul piano sociale e di un “nuovo Ulivo” sul piano politico. Nei fatti le grandi energie dei movimenti di massa e della giovane generazione operaia sono assunti da Sergio Cofferati e dalla sinistra DS come dote di scambio col centro liberale in una prospettiva di alternanza borghese liberale.

Oggi come ieri gli apparati dirigenti del movimento operaio organizzano scientificamente la sua sconfitta. Oggi più di ieri la costruzione di un’altra direzione, politica e sindacale, è posta all’ordine del giorno dalla nuova stagione dei movimenti di massa e dal nuovo livello dello scontro.

 

PRC: UNA RIFONDAZIONE COMUNISTA MANCATA

 

Ma proprio l’esigenza di un’altra direzione; proprio la svolta d’epoca internazionale, i profondi mutamenti dell’ultimo decennio in Italia, le esigenze poste dalla nuova dinamica di massa misurano la storia del Prc come storia di “una rifondazione mancata”.

 

Il Prc è nato dalla svolta d’epoca del nostro tempo: dal crollo dell’Urss, dalla dissoluzione del PCI, dalla ricomposizione politica del movimento operaio che ne è seguita, dalla crisi del vecchio spazio storico riformistico. Qui ha trovato il suo spazio e la sua capacità di polarizzazione preziosa di tante domande, generosità, energie. Ma i gruppi dirigenti del partito non hanno interrogato le origini storiche del Prc. Nato dalla crisi del riformismo, invece che rispondere a quella crisi, il Prc ne ha rappresentato una continuità e un’espressione. Col risultato di riprodurne concezioni e politiche proprio nel momento storico in cui più viva e profonda è l’esigenza di una rifondazione rivoluzionaria.

Questa contraddizione alimenta, tanto più oggi, un autentico paradosso.

Proprio nel momento in cui ritornano nel mondo le manifestazioni più brutali dell’imperialismo, si teorizza il superamento della nozione di imperialismo, si nega il carattere imperialistico dell’Europa, si immagina “un’Europa sociale e democratica”, una “riforma dell’ONU”, un tribunale della giustizia planetaria al di sopra degli stati e delle classi.

Proprio nel momento in cui si riaffacciano potenzialità rivoluzionarie nello scenario internazionale si teorizza il principio ghandiano della non-violenza come nuovo paradigma della rifondazione (vedi l'ultimo libro di Bertinotti, "Per una pace infinita"), si respinge la tematica stessa del potere e della sua conquista, si immagina una possibile conciliazione tra stati dominanti e popoli oppressi (v. “due popoli due stati” in Palestina).

Proprio nel momento in cui la ripresa e molteplicità dei movimenti di massa e la crisi profonda di socialdemocrazia e stalinismo pongono l’esigenza di un progetto anticapitalista unificante e quindi di una nuova internazionale rivoluzionaria e di partiti comunisti rivoluzionari, si teorizza l’autosufficienza del movimento no-global come “movimento dei movimenti”, si critica il concetto stesso di partito, si riduce la costruzione internazionale alla ricerca di un’aggregazione riformistico pacifista di “nuova sinistra”.

Nei fatti alla nuova crisi mondiale e alle sue nuove potenzialità si offre la risposta di vecchie suggestioni riformistiche e di vecchie illusioni.

 

LA RINUNCIA ALLA BATTAGLIA PER L’EGEMONIA

 

Ma soprattutto lo scenario della politica nazionale negli ultimi dieci anni misura il fallimento della maggioranza dirigente del partito.

Per anni la crisi della prima repubblica, la deriva liberale della burocrazia DS, la sua esposizione anti-operaia nei governi di centrosinistra, ha fornito al Prc uno spazio storico enorme per una battaglia di egemonia alternativa nella classe operaia, nelle sue organizzazioni di massa, nei movimenti di lotta: una battaglia decisiva per le sorti dei movimenti stessi.

Invece la concezione stessa, leninista e gramsciana, dell’egemonia è stata culturalmente respinta e politicamente capovolta in direzione di una politica di salvaguardia del proprio spazio negoziale verso il centrosinistra.

La ricomposizione negoziale di uno schieramento di governo ha costituito la stella polare della poltica dirigente del Prc. Prima con l’ingresso nel polo progressista e l’esplicita candidatura al governo ('94). Poi con la partecipazione alla maggioranza del governo Prodi ('96-'98) e la gravissima corresponsabilizzazione diretta nella peggiore politica anti-operaia del centrosinistra (tagli sociali, privatizzazioni, "pacchetto Treu", campi di detenzione per gli immigrati). Infine, dopo un ritorno all’opposizione imposto dal logoramento subito, con la stipula di quattordici accordi di governo col centrosinistra nelle regioni: nella speranza di una ricomposizione nazionale che solo il crollo del centrosinistra ha scoraggiato e impedito..

In definitiva, quella ”maledizione del governo” che lo stalinismo introdusse nel movimento operaio dalla metà degli anni Trenta è stata riproposta per dieci anni nel nome della rifondazione. E proprio quella politica ha richiesto la rinuncia all’egemonia sul terreno di massa: la teoria e la pratica della "non belligeranza" verso gli apparati della CGIL nel più grande movimento di classe degli anni Novanta -il movimento anti-Berluisconi del '94- fu il risvolto dell’alleanza progressista e la premessa del futuro blocco di centrosinistra. Un disastro per i lavoratori e per il partito.

 

Oggi, proprio la grande ripresa dei movimenti di massa e della lotta di classe diventa la cartina di tornasole di un bilancio. Il fatto che dopo dieci anni di tradimenti burocratici, Sergio Cofferati appaia come il riferimento principe della ripresa di lotta mentre il Prc conosce un obiettivo ridimensionamento nella stessa CGIL; il fatto che la crisi profonda dell’Ulivo e dei DS trovi espressione in grandi manifestazioni popolari (vedi 14 settembre) che inneggiano a Nanni Moretti e vedono il Prc del tutto marginalizzato, non è solo misura dell’imprevedibile fantasia delle dinamiche di massa: è anche il bilancio di una mancata battaglia di egemonia alternativa nel corso di un decennio e dei suoi frutti amari.

 

LA COSTANZA DELL’INDIRIZZO STRATEGICO RIFORMISTA

 

Certo, grandi sarebbero e sono gli spazi di rimonta con una svolta politica di linea. E grande è la necessità di questa svolta per il futuro stesso della nuova generazione che oggi si affaccia alla lotta.

Ma la maggioranza dirigente del Prc riconferma invece, in tutta la sua integrità, il corso politico del decennio.

Sul terreno di massa permane l’adattamento alle direzioni maggioritarie dei movimenti. Oggi, nella più grande mobilitazione operaia e popolare degli ultimi vent'anni manca una proposta di massa del Prc. Si respinge la proposta di una piattaforma alternativa di vertenza generale unificante. Si respinge la stessa tematica dello sciopero generale prolungato. Si respinge la parola d’ordine elementare della cacciata di Berlusconi. La stessa iniziativa referendaria sull’articolo 18 non è collegata ad una proposta di azione alternativa. Persino la rivendicazione della nazionalizzazione della FIAT, ripresa da Progetto comunista, viene piegata e tradotta in una proposta borghese di partecipazione statale azionaria entro una logica di pressione sul governo Berlusconi e fuori da ogni indicazione alternativa di lotta sul terreno della resistenza operaia. Su ogni terreno e da ogni versante la rinuncia teorizzata all’egemonia alternativa ripropone, di fatto, l’accettazione dell’attuale egemonia burocratica sui movimenti di massa.

 

E ancora una volta questa rinuncia all’egemonia si lega alla riconferma, come se nulla fosse accaduto, della vecchia prospettiva politica del Prc: la ricomposizione negoziale di uno schieramento di governo di centrosinistra. Invece che intervenire nella crisi profonda dell’Ulivo e dei DS con una proposta chiara di rottura irreversibile con ogni forma di centro liberale, e quindi con una proposta di indipendenza di classe dalla borghesia, prima si rivendica una convenzione Prc-Ulivo “senza pregiudiziali”; poi si teorizza un blocco politico con la sinistra riformista di Cofferati per “negoziare insieme col centro liberale”, quindi con la rappresentanza delle grandi imprese. Nei fatti mentre si celebra la "morte dell’Ulivo", si rivendica una rifondazione negoziata del centrosinistra. Mentre il centro liberale evidenzia il proprio carattere borghese e anti-operaio su ogni questione (sciopero generale, guerra, vicenda FIAT, Europa), da un lato lo si critica, dall’altro lo si legittima come tassello, seppur “moderato”, di uno schieramento futuro di alternanza. E’ l’eterna coazione a ripetere che minaccia il futuro stesso del partito:

 

Ciò che dunque emerge dal bilancio di un decennio non è solo l’organicità e la costanza di un indirizzo strategico riformista: ma anche la sua insensibilità ad ogni lezione dell’esperienza e ad ogni svolta della lotta di classe.

 

 

PER UNA RIFONDAZIONE COMUNISTA RIVOLUZIONARIA

 

Dentro la storia del Prc, Progetto comunista ha lavorato e lavora a un’altra storia. Dentro una rifondazione mancata, ha lavorato e lavora per una rifondazione comunista rivoluzionaria.

Questa battaglia non è mai stata e non è una battaglia di pressione sul gruppo dirigente del Prc nell’illusione di un suo ripensamento strategico. Né la pura occupazione di uno spazio a sinistra nei gruppi dirigenti e nel partito alla ricerca di una rendita di posizione. All’opposto, è stata ed è una battaglia politica finalizzata a una prospettiva politica reale: la rifondazione di un partito comunista rivoluzionario in Italia entro la rifondazione di un'internazionale comunista rivoluzionaria nel mondo. E’ un’impresa difficile e tuttavia indispensabile per chi voglia davvero misurarsi con le necessità poste dal nuove scenario storico. Per chi voglia evitare un destino di testimonianza, fosse pure”rivoluzionaria”, all’ombra di una rovinosa politica riformista. Questa è l’impresa che ha distinto Progetto comunista da ogni altra area o sensibilità del Prc. Questa è l’impresa che oggi motiva lo sviluppo di Progetto comunista in un’Associazione marxista rivoluzionaria che si pone nel campo della Rifondazione della Quarta Internazionale.

 

La costruzione del partito rivoluzionario non è una petizione astratta ma un processo complesso che richiederà la confluenza di fattori diversi da diversi versanti: l’evoluzione rivoluzionaria delle forze migliori, che il Prc ha raccolto; la maturazione radicale di un significativo settore dell’avanguardia sociale della classe operaia e dei movimenti di massa sul terreno della lotta di classe; la collisione tra i settori d’avanguardia e le direzioni riformiste del movimento operaio. Modi e tempi di questa confluenza di fattori non sono ovviamente prevedibili e non dipendono solo dalla nostra volontà. Ma ciò che è decisivo è la costruzione del lato soggettivo del processo: un programma rivoluzionario e, attorno ad esso, un organizzazione di militanti e di quadri. E questo dipende anche, in primo luogo, dalla volontà, dall’azione, dalla tenacia dei marxisti rivoluzionari.

 

Col V congresso del Prc Progetto comunista ha portato a compimento, dopo un lungo confronto politico, una proposta programmatica generale (“un progetto comunista per la nuova fase storica”) che connette apertamente la Rifondazione comunista in Italia alla Rifondazione comunista internazionale. E che per questo articola la propria proposta politica e strategica per l’azione di massa nel movimento operaio italiano attorno agli stessi assi programmatici e di principio su cui ricomporre l’avanguardia proletaria mondiale: l’indipendenza di classe da ogni forza e governo borghese; l’impostazione transitoria del programma; la prospettiva del potere proletario come potere dei consigli e autorganizzazione di massa. E in questo quadro, in particolare, indica in un piano operaio anticapitalistico l'unica reale soluzione della crisi italiana, l'unica reale risposta alle esigenze di fondo delle grandi masse capace di affrontare e risolvere la questione cruciale del Mezzogiorno. E’ una proposta programmatica per il Prc, rivolta pubblicamente al partito. Ed è al contempo, e innanzitutto, la proposta di un fondamento programmatico per la costruzione del partito comunista rivoluzionario.

 

Su questa base vogliamo ora realizzare una più salda organizzazione militante che unifichi, nel Prc e attorno a Progetto comunista, tutti i comunisti rivoluzionari, indipendentemente dalla loro diversa provenienza politica. Una comune cornice strategica e programmatica fonda una comune militanza: e del resto, per sua stessa natura la rifondazione comunista rivoluzionaria non può essere solo propagandata sul terreno delle idee, ma deve essere costruita. Dev’essere sostenuta dallo sforzo organizzato e attivo di un raggruppamento coeso; deve dotarsi di un sistema reale di autofinanziamento basato sulla regolare contribuzione individuale; deve sviluppare un sistema razionalizzato di mezzi di stampa; deve darsi strumenti di informazione e dibattito interni capaci di coinvolgere l’insieme dei militanti; deve promuovere e ordinare nelle forme possibili una proiezione pubblica delle proprie proposte entro il dibattito dell’avanguardia di classe, nei movimenti di lotta e settori di intervento; deve collegarsi al confronto e all’iniziativa del marxismo rivoluzionario internazionale. L’Associazione marxista rivoluzionaria Progetto comunista vuole realizzare un netto salto in avanti nell’affrontare l’insieme di queste esigenze e funzioni.

 

CONTRO OGNI RICOMPOSIZIONE TRA PRC E CENTROSINISTRA

 

Questo sviluppo dell’organizzazione militante sulla base di un programma rivoluzionario non è solo lo sviluppo coerente di Progetto comunista e della sua storia politica. E’ un fatto che guarda alle prospettive generali e future del movimento operaio italiano e dello stesso Prc.

Incognite serie si stagliano sull’orizzonte politico del Prc. Il calendario politico dei prossimi anni rischia di configurarsi come un itinerario negoziale, seppur non lineare, di nuova ricomposizione col centrosinistra, e, quindi, di una possibile ricollocazione di governo del Prc. Certo, il quadro politico italiano è imprevedibile. Dalla crisi profonda del centrosinistra e dei DS possono scaturire scenari politici diversi, scomposizioni e ricomposizioni degli schieramenti politici e delle rappresentanze sociali. Ma resta il fatto che, al di là della mobilità dello scenario, la linea scelta dalla maggioranza dirigente del Prc è purtroppo inequivoca: sfruttare ogni fattore di crisi del centrosinistra e dei DS non per sviluppare un’egemonia alternativa di massa nel segno della rottura col centro, ma per rafforzare il proprio spazio negoziale nei loro confronti. Le stesse elezioni locali nel 2003 e nel 2004 si configurano come una nuova occasione di estensione delle alleanze di governo tra Prc e liberali. E soprattutto sul piano nazionale la possibile crisi del berlusconismo, in assenza di un ‘esplosione sociale dirompente e di un progetto di alternativa anticapitalistica, da un lato sospinge la ricomposizione di uno schieramento di alternanza e dall’altro favorisce la possibilità della sua affermazione.

 

L’associazione marxista rivoluzionaria Progetto comunista si batte e si batterà con tutte le proprie forze contro ogni ricomposizione dell’alleanza politica tra Prc e centrosinistra: sia sul piano locale, sia sul piano nazionale.

Rivendichiamo apertamente la cacciata di Berlusconi: ma sull’onda della lotta di massa e per un’alternativa dei lavoratori; non sotto l’egemonia dei liberali e per un’alternanza liberale. Ogni subordinazione del Prc, diretta o indiretta, ad uno schieramento e prospettiva di alternanza sarebbe in contraddizione con tutte le ragioni di classe e con gli interessi più elementari dei lavoratori. In particolare ogni ricollocazione del Prc al governo o nella maggioranza di governo, ogni rimozione della funzione e ruolo di opposizione rappresenterebbe, al di là di ogni illusione, un fattore distruttivo per il Prc. Ricollocherebbe il Prc in alleanza con la borghesia italiana, a rimorchio dei suoi programmi e delle sue politiche di classe. Porrebbe il Prc in contraddizione obiettiva con la dinamica di ripresa dei movimenti di massa e con le domande della giovane generazione. Favorirebbe un ritorno alla pace sociale a tutto vantaggio degli apparati di controllo delle masse. Disperderebbe alla lunga le migliori energie militanti dello stesso partito condannandole alla demoralizzazione o all’abbandono.

 

PER LA SALVAGUARDIA IN OGNI CASO DI UNA OPPOSIZIONE COMUNISTA

 

L’associazione Progetto comunista svilupperà la campagna più vasta per l’autonomia di classe del Prc contro la sua distruzione politica quale forza di opposizione.

Sosteniamo l’unità nell’azione di massa dei lavoratori e di tutte le forze che su di esse si basano, per imporre una soluzione anticapitalistica della crisi italiana. Contrastiamo l’unità coi liberali contro i lavoratori entro una soluzione di ricambio per la borghesia. E’ la posizione che portiamo e porteremo in ogni movimento di massa in aperta sfida alle direzioni attuali dei movimenti. A maggior ragione è la posizione che sosteniamo e sosterremo nel Prc per la sua stessa salvezza politica.

Per questo ci rivolgiamo, da ora, al più ampio arco di forze militanti di questo partito, ben al di là degli steccati congressuali, per scongiurare insieme ogni ritorno all’esperienza Prodi, ogni scissione del Prc con la sua classe di riferimento. E ciò sulla base di una valutazione e di un impegno che chiederemo a tutte le forze più vive del partito: la necessità in ogni caso di una forza comunista di opposizione contro i governi della borghesia, siano essi di centrodestra o di centrosinistra. E’ un impegno cui non si può derogare, indipendentemente dalle scelte della maggioranza dirigente del Prc. Ed è un impegno che richiede, qui e ora, la costruzione di un’organizzazione rivoluzionaria di militanti e di quadri, con un più alto livello di radicamento e formazione, che possa lavorare, nel Prc e nell’avanguardia di massa per raccogliere e orientare, in prospettiva, il più vasto campo di forze di una rifondazione comunista rivoluzionaria.

 

PER COSTRUIRE INSIEME IL PARTITO DELLA RIVOLUZIONE IN ITALIA E NEL MONDO

 

L’Associazione marxista rivoluzionaria Progetto comunista per la rifondazione della Quarta Internazionale fa appello a tutte le compagne e i compagni del Prc che hanno sostenuto al V congresso le posizioni di Progetto; a tutte le compagne e i compagni del Prc che oggi convergono sugli indirizzi di fondo di Progetto comunista; a tutti i militanti di avanguardia del movimento operaio e dei movimenti di massa, anche ad oggi esterni al partito, che condividono la nostra proposta e prospettiva; ai giovani che cercano un orizzonte di rivoluzione, fuori da ogni logica elettoralistico-istituzionale come da ogni movimentismo neo-riformistico: per realizzare insieme, nel Prc e attorno a Progetto comunista, l’accumulazione delle forze della rifondazione rivoluzionaria. Per costruire insieme, su base militante, la prospettiva del partito rivoluzionario. Per lavorare insieme alla rifondazione della Quarta Internazionale, al fianco dei marxisti rivoluzionari di ogni Paese.

 

Siamo coscienti della modestia dei nostri mezzi a fronte delle ambizioni del nostro progetto e della grande difficoltà dell’impresa. Ma abbiamo anche la consapevolezza che una nuova fase storica si apre. Che nuovi spazi politici si dischiudono. E che soprattutto la costruzione del partito della rivoluzione in Italia e nel mondo è la risposta vera e di fondo alla domanda di svolta della giovane generazione.