Manifesto-Appello
(approvato
dall'Assemblea fondativa dell'Associazione marxista rivoluzionaria Progetto
comunista -
LA
CRISI MONDIALE
Una
crisi profonda investe il mondo.
Da
un quarto di secolo l’economia mondiale registra una sostanziale
stagnazione. Le forze produttive non crescono più. Il ciclo ventennale
delle nuove tecnologie (personal computer, telefonia mobile, internet), che
secondo la propaganda liberale avrebbe dovuto trainare una nuova stagione
storica di prosperità, ha clamorosamente mancato la propria missione: ed
anzi la crisi profonda della cosiddetta “nuova economia” trascina al
ribasso il capitalismo mondiale. Cedono le borse. Si moltiplicano fallimenti
spettacolari di multinazionali e di banche. Declina il decantato miracolo
americano degli anni novanta svelando l’estrema fragilità delle sue basi.
E la crisi americana, la stagnazione europea, il cronicizzarsi della
recessione giapponese, minacciano, nel loro combinarsi, una nuova flessione
economica internazionale. A sua volta la crisi profonda dell’America
Latina, trascinata dalla catastrofe economica argentina, registra e
amplifica l’intera dinamica mondiale. Ne consegue una nuova accumulazione
di miseria e di degrado ad ogni latitudine del globo: arretrano ovunque, da
vent’anni, diritti sociali basilari in fatto di lavoro, istruzione, sanità,
previdenza; si sviluppano enormi migrazioni di massa, su scala continentale
ed intercontinentale; si acuisce l’oppressione delle grandi masse
femminili. Ovunque si delinea un’autentica regressione nella condizione di
vita della maggioranza della società.
Sul
piano politico si registra la rottura profonda di ogni vecchio equilibrio
internazionale. Il crollo dell’Urss dell’89-'91, con la relativa
restaurazione capitalistica nell’est europeo, ha destabilizzato, come non
mai, il vecchio ordine del mondo. Tutte le contraddizioni si acuiscono. Tra
i blocchi imperialisti, a partire dalla nuova contesa tra Usa ed Europa per
la conquista dei mercati e delle zone d’influenza; tra i Paesi
imperialisti nel loro insieme e l’insieme dei Paesi dipendenti e dei
popoli oppressi; tra i Paesi imperialisti e le nuove potenze emergenti
(Russia, Cina). Una nuova instabilità segna dunque l’intera situazione
internazionale. La ripresa delle guerre imperialiste ne è un drammatico
portato. In particolare l’unilateralismo guerrafondaio degli Usa se da un
lato riflette una superiorità straordinaria di forza militare distruttiva,
dall’altro misura la crisi dell’egemonia politica degli Stati Uniti
sulla scena mondiale e moltiplica, a sua volta, tutte le contraddizioni
internazionali. La seconda annunciata aggressione criminale all'Irak si
colloca in questo quadro generale.
All’alba
del nuovo secolo, dunque, il capitalismo mondiale e la sua crisi
ripropongono all’umanità tutto il peggio del secolo precedente: miseria,
guerre, razzismo, reazione, devastazione ambientale. Ogni vecchia illusione
riformistica è negata alla radice dalle condizioni obiettive dello scenario
mondiale. Solo una rivoluzione socialista internazionale che riconduca la
produzione e le risorse naturali sotto il controllo cosciente delle masse
lavoratrici può liberare l’umanità dalla barbarie, aprire un orizzonte
nuovo, offrire un futuro degno alle nuove generazioni.
LA
RIPRESA DI LOTTA INTERNAZIONALE
Proprio
la profondità della crisi mondiale allarga le condizioni di una ripresa di
lotta internazionale.
La
crisi logora le basi di consenso delle classi dominanti. L’impoverimento
d’ampi settori di proletariato ma anche di classe media mina la base
d’appoggio dei regimi borghesi. L’acuirsi della crisi economica riduce
drasticamente lo spazio di manovra redistributiva e o clientelare ai fini di
recupero del consenso, minacciando la stabilità delle tradizionali
soluzioni di governo e dei vecchi equilibri istituzionali. La parabola
discendente delle socialdemocrazie e dei loro governi nell’Europa
capitalista, unita alle rapide difficoltà delle nuove soluzioni di
centrodestra (Berlusconi e Raffarin); la profonda instabilità politica di
tutta l’America Latina, rivelano al fondo la crisi d’egemonia delle
politiche dominanti alle diverse latitudini del mondo.
Per
lungo tempo la crisi d’egemonia si è espressa prevalentemente, sul
versante di massa, nella forma del distacco passivo, dell’indifferenza,
del rifiuto della politica. Ma si è trattato di una fase transitoria. Dalla
seconda metà degli anni novanta, il distacco dalle politiche dominanti si
è trasformato progressivamente in mobilitazione attiva, nella ripresa
potente, su scala mondiale, di una nuova ascesa di massa.
Un
nuovo vento attraversa il mondo.
Una
giovane generazione rialza la testa dopo vent’anni di arretramenti e di
sconfitte. Il movimento no-global, pur con le sue contraddizioni, ha
rappresentato la prima espressione visibile di questa svolta, con positivi
effetti di contaminazione e di contagio.Il movimento contro la guerra, in
Europa e negli Usa, ha costituito anch’esso un canale di questo risveglio,
quale si è espresso nella grande manifestazione di Firenze. Ma soprattutto
ne porta il segno la ripresa internazionale della lotta di classe e di
massa. Larga parte dell’Europa capitalista, anche se in forme e con
intensità diverse, è attraversata dalla ripresa del movimento operaio, a
partire dall’Italia, dalla Gran Bretagna, dalla Spagna. Negli Stati Uniti
si registra dopo lungo tempo una significativa ripresa della
sindacalizzazione. Nel Giappone, sconvolto dalla crisi, la pace sociale
volge al termine. Ma soprattutto nei Paesi dipendenti, la fine della
passività sociale coincide in più punti col diffondersi di uno spirito di
ribellione e di rivolta.
In
Palestina una giovane generazione ha segnato con la seconda Intifada una
nuova stagione di lotta all’oppressione sionista e all’imperialismo,
opponendosi ad ogni ipotesi di resa e capitolazione, e rivitalizzando
attorno a sé una più ampia mobilitazione di masse arabe.
La
crisi rivoluzionaria in Argentina, prima col rovesciamento del governo De La
Rua, poi con lo sviluppo di vasti processi di autorganizzazione operaia e
popolare nel quadro di una crisi verticale delle vecchie forme del dominio
borghese, è tutt’altro che un isolato caso nazionale: è la punta
dell’iceberg di una potenzialità rivoluzionaria che percorre l’intero
continente. E al tempo stesso è la misura delle nuove potenzialità
internazionali della rivoluzione socialista, entro la svolta d’epoca del
nostro tempo.
PER
UN PARTITO RIVOLUZIONARIO INTERNAZIONALE DEL PROLETARIATO E DEGLI OPPRESSI
Proprio
la ripresa internazionale dei movimenti di massa, sullo sfondo della crisi
capitalista e del crollo dello stalinismo, pone l’attualità, politica e
storica, della rifondazione comunista internazionale.
Tanto
più dopo un lungo periodo di devastazione politica e culturale, la ripresa
di lotta della nuova generazione si combina inevitabilmente con la sua
inesperienza, l’arretratezza della sua coscienza, il ritorno di vecchie
illusioni. Ma soprattutto le sue potenzialità cozzano con la natura e il
ruolo delle vecchie direzioni. Liberalismo borghese progressista,
socialdemocrazia, vecchi partiti “comunisti” di estrazione staliniana,
nazionalismo borghese, burocrazie sindacali, intellettualità democratica
piccolo-borghese, sono tutti impegnati, in forme e con ruoli diversi a
contenere e deviare la nuova spinta di massa dentro le compatibilità del
capitalismo e dell’imperialismo.
Le
rivendicazioni di classe dei movimenti di lotta sono respinte o dissolte in
pratiche concertative. Le aspirazioni nazionali dei popoli oppressi sono
tradotte in programmi di riconciliazione con i loro oppressori (“due
popoli due stati” in Palestina). La domanda di un nuovo mondo possibile è
tradotta nella promessa d’abbellimento, impossibile, del vecchio mondo
borghese (“Europa sociale”, Tobin Tax, bilancio partecipativo,
"commercio equo e solidale"….).
In
particolare i governi borghesi cosiddetti progressisti, spesso sottoprodotto
della spinta di cambiamento, hanno colpito frontalmente le attese e speranze
da cui sono nati. Così in Francia il governo Jospin, retto da
socialdemocrazia e PCF, ha negato tutte le attese della rivolta sociale del
'95, ricambiandole con le politiche di privatizzazione e flessibilità.
In Sudafrica l’attuale governo ANC-SAPC respinge le più elementari
domande di riforma agraria e di giustizia sociale sino a richiamare contro
di sé lo sciopero generale. In Brasile il nuovo governo Lula, in aperta
collaborazione con la borghesia brasiliana si premura di rassicurare
l’imperialismo e di annacquare persino il proprio timido programma di
riforme.
Ovunque
le direzioni maggioritarie dei movimenti operai, popolari, nazionali, sono
spinte dalla crisi mondiale e dal crollo dellUrss ad un ulteriore
slittamento a destra della propria politica.
Già
responsabili delle sconfitte storiche dei processi rivoluzionari del
Novecento, si presentano oggi in aperta contrapposizione alle potenzialità
rivoluzionarie del secolo nuovo. Al tempo stesso, scosse dai fallimenti
passati e dalla nuova ascesa, moltiplicano i propri fenomeni di crisi, di
scollamento con la propria base sociale e militante, di frattura e divisione
dei propri apparati, entro un processo di complessivo indebolimento.
L’ascesa
internazionale di una nuova generazione, il fallimento dei vecchi apparati
riformisti, la profondità della loro crisi definiscono nel loro insieme un
nuovo spazio storico per la rifondazione di una direzione rivoluzionaria
internazionale.
Solo
una nuova direzione rivoluzionaria internazionale e partiti comunisti
rivoluzionari nei diversi Paesi possono lavorare nel cuore della giovane
generazione per sviluppare la sua coscienza politica. Possono difendere e
sviluppare in ogni movimento a base nazionale l’interesse internazionale
del movimento operaio. Possono contrastare le vecchie direzioni e lottare
per l’egemonia di un programma rivoluzionario mondiale.
Il
comunismo è nato storicamente come programma internazionale e come partito
internazionale. Prima la socialdemocrazia, poi lo stalinismo hanno colpito
al cuore questo principio elementare distruggendo ogni forma
d’internazionalismo rivoluzionario. Non c’è rifondazione, tanto più
oggi, senza il recupero di quel principio e di quella costruzione. Alla
cosiddetta “globalizzazione” capitalista va contrapposto, tanto più
oggi, un partito globale della classe operaia e della sua avanguardia.
PER
LA RIFONDAZIONE DELLA QUARTA INTERNAZIONALE
A
sua volta non c’è rifondazione di un’internazionale rivoluzionaria se
non sulla base programmatica del marxismo rivoluzionario. I principi
dell’indipendenza di classe del movimento operaio da ogni governo
borghese, del legame costante tra obiettivi immediati e fini generali, della
dittatura proletaria come potere dei consigli hanno segnato il filo rosso
del marxismo attraverso il pensiero e la politica di Marx, di Engels, di
Lenin, ripresi, in Italia, di Gramsci. L’opposizione di sinistra
internazionale guidata da Trotsky e la Quarta Internazionale delle origini
hanno difeso e sviluppato quel programma contro la socialdemocrazia e lo
stalinismo, subendo per questo la persecuzione congiunta della borghesia e
della burocrazia staliniana. Oggi solo il recupero e la riattualizzazione di
quel patrimonio programmatico può rilanciare il futuro del comunismo come
movimento rivoluzionario internazionale. E viceversa, fuori e contro il
recupero di quelle fondamenta, ogni tentativo di rifondazione è destinato a
ripercorrere sentieri già battuti e già falliti.
In
questo senso la rifondazione dell’internazionale comunista è,
programmaticamente, la rifondazione della Quarta Internazionale. Non si
tratta della celebrazione religiosa dell’”infallibilità” di Trotsky.
Si tratta invece del raggruppamento politico, attorno ai principi marxisti
rivoluzionari, dell’avanguardia di classe internazionale: di tutte le
forze e tendenze d’avanguardia che, al di là delle diverse provenienze,
saranno disponibili a convergere sul programma della rivoluzione. Non dunque
un'idealizzazione del “movimento trotskista”, in realtà attraversato
nella lunga storia del dopoguerra da un processo di frammentazioni
organizzative e
distorsioni
politiche (oggi ad esempio approdate nell'ingresso nel governo Lula della
tendenza brasiliana del Segretariato Unificato): ma una reale ricomposizione
rivoluzionaria di classe capace di capitalizzare la crisi profonda delle
vecchie forze riformiste e centriste e di rispondere all’esigenza decisiva
di una nuova direzione internazionale.
Il
movimento per la rifondazione della Quarta Internazionale non è più un
semplice auspicio, ma una realtà: un soggetto politico internazionale che,
al di là dei suoi limiti, già oggi lavora in diversi Paesi e su scala
mondiale per quest’ambizioso progetto. In America latina, nell’Europa
occidentale e orientale, negli Stati uniti d’America, in Medio Oriente e
in Asia, questa presenza vive e questo lavoro è iniziato. Nella primavera
estate del 2003, a Buenos Aires, una prima riunione internazionale di
delegati marxisti rivoluzionari si propone di sviluppare questa prospettiva
L’associazione marxista rivoluzionaria Progetto comunista aderisce al
Movimento per la rifondazione della Quarta Internazionale, portandovi il
bagaglio della propria esperienza e posizioni, e si propone di costruire
attorno ad esso il più ampio raggruppamento dei comunisti rivoluzionari
italiani.
L’ESIGENZA
DI UNA NUOVA DIREZIONE DEL MOVIMENTO OPERAIO ITALIANO
L’esigenza
di una nuova direzione è più che mai riproposta dall’intero scenario
politico nazionale
Gli
ultimi dieci anni della vita politica italiana sono un’eccezionale cartina
di tornasole della crisi di direzione del movimento operaio.
La
borghesia italiana ha conosciuto dieci anni fa una crisi acuta delle proprie
forme di rappresentanza, con la dissoluzione dei suoi vecchi partiti e la
rottura dei vecchi equilibri istituzionali. Ma le direzioni del movimento
operaio, a partire dal nuovo PDS, non solo non hanno capitalizzato quella
crisi in direzione di un’alternativa di classe ma l’hanno assunta come
leva della propria scalata di governo alla testa del capitalismo italiano e
in funzione delle sue esigenze. Il centrosinistra ha così rappresentato
negli anni novanta lo strumento centrale della borghesia italiana contro i
lavoratori e le lavoratrici. Ha colpito la classe operaia e le sue conquiste
più di quanto fosse accaduto nella lunga vicenda del dopoguerra. Ha piegato
le sue lotte (nel '92-'94) in un orizzonte di pace sociale (concertazione).
Ha rappresentato nel modo più diretto gli interessi della grande impresa,
sia sul piano della politica interna (privatizzazioni, detassazione dei
profitti, flessibilità del lavoro) sia sul piano della proiezione
imperialistica internazionale (con le aggressioni militari in Medio Oriente,
nei Balcani e in Afghanistan)
Berlusconi
è stato solo il beneficiario di questo lungo corso: il parvenu reazionario
che eredita i frutti di dieci anni di massacro sociale e politico delle
classi subalterne e del popolo della sinistra.
Oggi
la grande ripresa dei movimenti di massa in Italia, sospinta di fatto dal
governo Berlusconi e dall’intera dinamica mondiale, trova la principale
barriera, ancora una volta, nel centrosinistra. Nelle forze organiche del
centro liberale (Margherita) nemico dichiarato delle mobilitazioni e
sostenitore delle politiche di guerra e anti-operaie. Nella maggioranza
dirigente dei DS, sempre più omologata al centro liberale, e per questo
esposta ai contraccolpi della propria mutazione. Nella burocrazia dirigente
della CGIL che, pur incanalando larga parte della mobilitazione di massa,
contiene le sue forme di lotta, la priva di una piattaforma unificante e di
svolta, ne disperde le enormi potenzialità, nella prospettiva di un
recupero della concertazione sul piano sociale e di un “nuovo Ulivo” sul
piano politico. Nei fatti le grandi energie dei movimenti di massa e della
giovane generazione operaia sono assunti da Sergio Cofferati e dalla
sinistra DS come dote di scambio col centro liberale in una prospettiva di
alternanza borghese liberale.
Oggi
come ieri gli apparati dirigenti del movimento operaio organizzano
scientificamente la sua sconfitta. Oggi più di ieri la costruzione di
un’altra direzione, politica e sindacale, è posta all’ordine del giorno
dalla nuova stagione dei movimenti di massa e dal nuovo livello dello
scontro.
PRC:
UNA RIFONDAZIONE COMUNISTA MANCATA
Ma
proprio l’esigenza di un’altra direzione; proprio la svolta d’epoca
internazionale, i profondi mutamenti dell’ultimo decennio in Italia, le
esigenze poste dalla nuova dinamica di massa misurano la storia del Prc come
storia di “una rifondazione mancata”.
Il
Prc è nato dalla svolta d’epoca del nostro tempo: dal crollo dell’Urss,
dalla dissoluzione del PCI, dalla ricomposizione politica del movimento
operaio che ne è seguita, dalla crisi del vecchio spazio storico
riformistico. Qui ha trovato il suo spazio e la sua capacità di
polarizzazione preziosa di tante domande, generosità, energie. Ma i gruppi
dirigenti del partito non hanno interrogato le origini storiche del Prc.
Nato dalla crisi del riformismo, invece che rispondere a quella crisi, il
Prc ne ha rappresentato una continuità e un’espressione. Col risultato di
riprodurne concezioni e politiche proprio nel momento storico in cui più
viva e profonda è l’esigenza di una rifondazione rivoluzionaria.
Questa
contraddizione alimenta, tanto più oggi, un autentico paradosso.
Proprio
nel momento in cui ritornano nel mondo le manifestazioni più brutali
dell’imperialismo, si teorizza il superamento della nozione di
imperialismo, si nega il carattere imperialistico dell’Europa, si immagina
“un’Europa sociale e democratica”, una “riforma dell’ONU”, un
tribunale della giustizia planetaria al di sopra degli stati e delle classi.
Proprio
nel momento in cui si riaffacciano potenzialità rivoluzionarie nello
scenario internazionale si teorizza il principio ghandiano della
non-violenza come nuovo paradigma della rifondazione (vedi l'ultimo libro di
Bertinotti, "Per una pace infinita"), si respinge la tematica
stessa del potere e della sua conquista, si immagina una possibile
conciliazione tra stati dominanti e popoli oppressi (v. “due popoli due
stati” in Palestina).
Proprio
nel momento in cui la ripresa e molteplicità dei movimenti di massa e la
crisi profonda di socialdemocrazia e stalinismo pongono l’esigenza di un
progetto anticapitalista unificante e quindi di una nuova internazionale
rivoluzionaria e di partiti comunisti rivoluzionari, si teorizza
l’autosufficienza del movimento no-global come “movimento dei
movimenti”, si critica il concetto stesso di partito, si riduce la
costruzione internazionale alla ricerca di un’aggregazione riformistico
pacifista di “nuova sinistra”.
Nei
fatti alla nuova crisi mondiale e alle sue nuove potenzialità si offre la
risposta di vecchie suggestioni riformistiche e di vecchie illusioni.
LA
RINUNCIA ALLA BATTAGLIA PER L’EGEMONIA
Ma
soprattutto lo scenario della politica nazionale negli ultimi dieci anni
misura il fallimento della maggioranza dirigente del partito.
Per
anni la crisi della prima repubblica, la deriva liberale della burocrazia DS,
la sua esposizione anti-operaia nei governi di centrosinistra, ha fornito al
Prc uno spazio storico enorme per una battaglia di egemonia alternativa
nella classe operaia, nelle sue organizzazioni di massa, nei movimenti di
lotta: una battaglia decisiva per le sorti dei movimenti stessi.
Invece
la concezione stessa, leninista e gramsciana, dell’egemonia è stata
culturalmente respinta e politicamente capovolta in direzione di una
politica di salvaguardia del proprio spazio negoziale verso il
centrosinistra.
La
ricomposizione negoziale di uno schieramento di governo ha costituito la
stella polare della poltica dirigente del Prc. Prima con l’ingresso nel
polo progressista e l’esplicita candidatura al governo ('94). Poi con la
partecipazione alla maggioranza del governo Prodi ('96-'98) e la gravissima
corresponsabilizzazione diretta nella peggiore politica anti-operaia del
centrosinistra (tagli sociali, privatizzazioni, "pacchetto Treu",
campi di detenzione per gli immigrati). Infine, dopo un ritorno
all’opposizione imposto dal logoramento subito, con la stipula di
quattordici accordi di governo col centrosinistra nelle regioni: nella
speranza di una ricomposizione nazionale che solo il crollo del
centrosinistra ha scoraggiato e impedito..
In
definitiva, quella ”maledizione del governo” che lo stalinismo
introdusse nel movimento operaio dalla metà degli anni Trenta è stata
riproposta per dieci anni nel nome della rifondazione. E proprio quella
politica ha richiesto la rinuncia all’egemonia sul terreno di massa: la
teoria e la pratica della "non belligeranza" verso gli apparati
della CGIL nel più grande movimento di classe degli anni Novanta -il
movimento anti-Berluisconi del '94- fu il risvolto dell’alleanza
progressista e la premessa del futuro blocco di centrosinistra. Un disastro
per i lavoratori e per il partito.
Oggi,
proprio la grande ripresa dei movimenti di massa e della lotta di classe
diventa la cartina di tornasole di un bilancio. Il fatto che dopo dieci anni
di tradimenti burocratici, Sergio Cofferati appaia come il riferimento
principe della ripresa di lotta mentre il Prc conosce un obiettivo
ridimensionamento nella stessa CGIL; il fatto che la crisi profonda
dell’Ulivo e dei DS trovi espressione in grandi manifestazioni popolari
(vedi 14 settembre) che inneggiano a Nanni Moretti e vedono il Prc del tutto
marginalizzato, non è solo misura dell’imprevedibile fantasia delle
dinamiche di massa: è anche il bilancio di una mancata battaglia di
egemonia alternativa nel corso di un decennio e dei suoi frutti amari.
LA
COSTANZA DELL’INDIRIZZO STRATEGICO RIFORMISTA
Certo,
grandi sarebbero e sono gli spazi di rimonta con una svolta politica di
linea. E grande è la necessità di questa svolta per il futuro stesso della
nuova generazione che oggi si affaccia alla lotta.
Ma
la maggioranza dirigente del Prc riconferma invece, in tutta la sua integrità,
il corso politico del decennio.
Sul
terreno di massa permane l’adattamento alle direzioni maggioritarie dei
movimenti. Oggi, nella più grande mobilitazione operaia e popolare degli
ultimi vent'anni manca una proposta di massa del Prc. Si respinge la
proposta di una piattaforma alternativa di vertenza generale unificante. Si
respinge la stessa tematica dello sciopero generale prolungato. Si respinge
la parola d’ordine elementare della cacciata di Berlusconi. La stessa
iniziativa referendaria sull’articolo 18 non è collegata ad una proposta
di azione alternativa. Persino la rivendicazione della nazionalizzazione
della FIAT, ripresa da Progetto comunista, viene piegata e tradotta in una
proposta borghese di partecipazione statale azionaria entro una logica di
pressione sul governo Berlusconi e fuori da ogni indicazione alternativa di
lotta sul terreno della resistenza operaia. Su ogni terreno e da ogni
versante la rinuncia teorizzata all’egemonia alternativa ripropone, di
fatto, l’accettazione dell’attuale egemonia burocratica sui movimenti di
massa.
E
ancora una volta questa rinuncia all’egemonia si lega alla riconferma,
come se nulla fosse accaduto, della vecchia prospettiva politica del Prc: la
ricomposizione negoziale di uno schieramento di governo di centrosinistra.
Invece che intervenire nella crisi profonda dell’Ulivo e dei DS con una
proposta chiara di rottura irreversibile con ogni forma di centro liberale,
e quindi con una proposta di indipendenza di classe dalla borghesia, prima
si rivendica una convenzione Prc-Ulivo “senza pregiudiziali”; poi si
teorizza un blocco politico con la sinistra riformista di Cofferati per
“negoziare insieme col centro liberale”, quindi con la rappresentanza
delle grandi imprese. Nei fatti mentre si celebra la "morte
dell’Ulivo", si rivendica una rifondazione negoziata del
centrosinistra. Mentre il centro liberale evidenzia il proprio carattere
borghese e anti-operaio su ogni questione (sciopero generale, guerra,
vicenda FIAT, Europa), da un lato lo si critica, dall’altro lo si
legittima come tassello, seppur “moderato”, di uno schieramento futuro
di alternanza. E’ l’eterna coazione a ripetere che minaccia il futuro
stesso del partito:
Ciò
che dunque emerge dal bilancio di un decennio non è solo l’organicità e
la costanza di un indirizzo strategico riformista: ma anche la sua
insensibilità ad ogni lezione dell’esperienza e ad ogni svolta della
lotta di classe.
PER
UNA RIFONDAZIONE COMUNISTA RIVOLUZIONARIA
Dentro
la storia del Prc, Progetto comunista ha lavorato e lavora a un’altra
storia. Dentro una rifondazione mancata, ha lavorato e lavora per una
rifondazione comunista rivoluzionaria.
Questa
battaglia non è mai stata e non è una battaglia di pressione sul gruppo
dirigente del Prc nell’illusione di un suo ripensamento strategico. Né la
pura occupazione di uno spazio a sinistra nei gruppi dirigenti e nel partito
alla ricerca di una rendita di posizione. All’opposto, è stata ed è una
battaglia politica finalizzata a una prospettiva politica reale: la
rifondazione di un partito comunista rivoluzionario in Italia entro la
rifondazione di un'internazionale comunista rivoluzionaria nel mondo. E’
un’impresa difficile e tuttavia indispensabile per chi voglia davvero
misurarsi con le necessità poste dal nuove scenario storico. Per chi voglia
evitare un destino di testimonianza, fosse pure”rivoluzionaria”,
all’ombra di una rovinosa politica riformista. Questa è l’impresa che
ha distinto Progetto comunista da ogni altra area o sensibilità del Prc.
Questa è l’impresa che oggi motiva lo sviluppo di Progetto comunista in
un’Associazione marxista rivoluzionaria che si pone nel campo della
Rifondazione della
La
costruzione del partito rivoluzionario non è una petizione astratta ma un
processo complesso che richiederà la confluenza di fattori diversi da
diversi versanti: l’evoluzione rivoluzionaria delle forze migliori, che il
Prc ha raccolto; la maturazione radicale di un significativo settore
dell’avanguardia sociale della classe operaia e dei movimenti di massa sul
terreno della lotta di classe; la collisione tra i settori d’avanguardia e
le direzioni riformiste del movimento operaio. Modi e tempi di questa
confluenza di fattori non sono ovviamente prevedibili e non dipendono solo
dalla nostra volontà. Ma ciò che è decisivo è la costruzione del lato
soggettivo del processo: un programma rivoluzionario e, attorno ad esso, un
organizzazione di militanti e di quadri. E questo dipende anche, in primo
luogo, dalla volontà, dall’azione, dalla tenacia dei marxisti
rivoluzionari.
Col
V congresso del Prc Progetto comunista ha portato a compimento, dopo un
lungo confronto politico, una proposta programmatica generale (“un
progetto comunista per la nuova fase storica”) che connette apertamente la
Rifondazione comunista in Italia alla Rifondazione comunista internazionale.
E che per questo articola la propria proposta politica e strategica per
l’azione di massa nel movimento operaio italiano attorno agli stessi assi
programmatici e di principio su cui ricomporre l’avanguardia proletaria
mondiale: l’indipendenza di classe da ogni forza e governo borghese;
l’impostazione transitoria del programma; la prospettiva del potere
proletario come potere dei consigli e autorganizzazione di massa. E in
questo quadro, in particolare, indica in un piano operaio anticapitalistico
l'unica reale soluzione della crisi italiana, l'unica reale risposta alle
esigenze di fondo delle grandi masse capace di affrontare e risolvere la
questione cruciale del Mezzogiorno. E’ una proposta programmatica per il
Prc, rivolta pubblicamente al partito. Ed è al contempo, e innanzitutto, la
proposta di un fondamento programmatico per la costruzione del partito
comunista rivoluzionario.
Su
questa base vogliamo ora realizzare una più salda organizzazione militante
che unifichi, nel Prc e attorno a Progetto comunista, tutti i comunisti
rivoluzionari, indipendentemente dalla loro diversa provenienza politica.
Una comune cornice strategica e programmatica fonda una comune militanza: e
del resto, per sua stessa natura la rifondazione comunista rivoluzionaria
non può essere solo propagandata sul terreno delle idee, ma deve essere
costruita. Dev’essere sostenuta dallo sforzo organizzato e attivo di un
raggruppamento coeso; deve dotarsi di un sistema reale di autofinanziamento
basato sulla regolare contribuzione individuale; deve sviluppare un sistema
razionalizzato di mezzi di stampa; deve darsi strumenti di informazione e
dibattito interni capaci di coinvolgere l’insieme dei militanti; deve
promuovere e ordinare nelle forme possibili una proiezione pubblica delle
proprie proposte entro il dibattito dell’avanguardia di classe, nei
movimenti di lotta e settori di intervento; deve collegarsi al confronto e
all’iniziativa del marxismo rivoluzionario internazionale.
L’Associazione marxista rivoluzionaria Progetto comunista vuole realizzare
un netto salto in avanti nell’affrontare l’insieme di queste esigenze e
funzioni.
CONTRO
OGNI RICOMPOSIZIONE TRA PRC E CENTROSINISTRA
Questo
sviluppo dell’organizzazione militante sulla base di un programma
rivoluzionario non è solo lo sviluppo coerente di Progetto comunista e
della sua storia politica. E’ un fatto che guarda alle prospettive
generali e future del movimento operaio italiano e dello stesso Prc.
Incognite
serie si stagliano sull’orizzonte politico del Prc. Il calendario politico
dei prossimi anni rischia di configurarsi come un itinerario negoziale,
seppur non lineare, di nuova ricomposizione col centrosinistra, e, quindi,
di una possibile ricollocazione di governo del Prc. Certo, il quadro
politico italiano è imprevedibile. Dalla crisi profonda del centrosinistra
e dei DS possono scaturire scenari politici diversi, scomposizioni e
ricomposizioni degli schieramenti politici e delle rappresentanze sociali.
Ma resta il fatto che, al di là della mobilità dello scenario, la linea
scelta dalla maggioranza dirigente del Prc è purtroppo inequivoca:
sfruttare ogni fattore di crisi del centrosinistra e dei DS non per
sviluppare un’egemonia alternativa di massa nel segno della rottura col
centro, ma per rafforzare il proprio spazio negoziale nei loro confronti. Le
stesse elezioni locali nel 2003 e nel 2004 si configurano come una nuova
occasione di estensione delle alleanze di governo tra Prc e liberali. E
soprattutto sul piano nazionale la possibile crisi del berlusconismo, in
assenza di un ‘esplosione sociale dirompente e di un progetto di
alternativa anticapitalistica, da un lato sospinge la ricomposizione di uno
schieramento di alternanza e dall’altro favorisce la possibilità della
sua affermazione.
L’associazione
marxista rivoluzionaria Progetto comunista si batte e si batterà con tutte
le proprie forze contro ogni ricomposizione dell’alleanza politica tra Prc
e centrosinistra: sia sul piano locale, sia sul piano nazionale.
Rivendichiamo
apertamente la cacciata di Berlusconi: ma sull’onda della lotta di massa e
per un’alternativa dei lavoratori; non sotto l’egemonia dei liberali e
per un’alternanza liberale. Ogni subordinazione del Prc, diretta o
indiretta, ad uno schieramento e prospettiva di alternanza sarebbe in
contraddizione con tutte le ragioni di classe e con gli interessi più
elementari dei lavoratori. In particolare ogni ricollocazione del Prc al
governo o nella maggioranza di governo, ogni rimozione della funzione e
ruolo di opposizione rappresenterebbe, al di là di ogni illusione, un
fattore distruttivo per il Prc. Ricollocherebbe il Prc in alleanza con la
borghesia italiana, a rimorchio dei suoi programmi e delle sue politiche di
classe. Porrebbe il Prc in contraddizione obiettiva con la dinamica di
ripresa dei movimenti di massa e con le domande della giovane generazione.
Favorirebbe un ritorno alla pace sociale a tutto vantaggio degli apparati di
controllo delle masse. Disperderebbe alla lunga le migliori energie
militanti dello stesso partito condannandole alla demoralizzazione o
all’abbandono.
PER
LA SALVAGUARDIA IN OGNI CASO DI UNA OPPOSIZIONE COMUNISTA
L’associazione
Progetto comunista svilupperà la campagna più vasta per l’autonomia di
classe del Prc contro la sua distruzione politica quale forza di
opposizione.
Sosteniamo
l’unità nell’azione di massa dei lavoratori e di tutte le forze che su
di esse si basano, per imporre una soluzione anticapitalistica della crisi
italiana. Contrastiamo l’unità coi liberali contro i lavoratori entro una
soluzione di ricambio per la borghesia. E’ la posizione che portiamo e
porteremo in ogni movimento di massa in aperta sfida alle direzioni attuali
dei movimenti. A maggior ragione è la posizione che sosteniamo e sosterremo
nel Prc per la sua stessa salvezza politica.
Per
questo ci rivolgiamo, da ora, al più ampio arco di forze militanti di
questo partito, ben al di là degli steccati congressuali, per scongiurare
insieme ogni ritorno all’esperienza Prodi, ogni scissione del Prc con la
sua classe di riferimento. E ciò sulla base di una valutazione e di un
impegno che chiederemo a tutte le forze più vive del partito: la necessità
in ogni caso di una forza comunista di opposizione contro i governi della
borghesia, siano essi di centrodestra o di centrosinistra. E’ un impegno
cui non si può derogare, indipendentemente dalle scelte della maggioranza
dirigente del Prc. Ed è un impegno che richiede, qui e ora, la costruzione
di un’organizzazione rivoluzionaria di militanti e di quadri, con un più
alto livello di radicamento e formazione, che possa lavorare, nel Prc e
nell’avanguardia di massa per raccogliere e orientare, in prospettiva, il
più vasto campo di forze di una rifondazione comunista rivoluzionaria.
PER
COSTRUIRE INSIEME IL PARTITO DELLA RIVOLUZIONE IN ITALIA E NEL MONDO
L’Associazione
marxista rivoluzionaria Progetto comunista per la rifondazione della Quarta
Internazionale fa appello a tutte le compagne e i compagni del Prc che hanno
sostenuto al V congresso le posizioni di Progetto; a tutte le compagne e i
compagni del Prc che oggi convergono sugli indirizzi di fondo di Progetto
comunista; a tutti i militanti di avanguardia del movimento operaio e dei
movimenti di massa, anche ad oggi esterni al partito, che condividono la
nostra proposta e prospettiva; ai giovani che cercano un orizzonte di
rivoluzione, fuori da ogni logica elettoralistico-istituzionale come da ogni
movimentismo neo-riformistico: per realizzare insieme, nel Prc e attorno a
Progetto comunista, l’accumulazione delle forze della rifondazione
rivoluzionaria. Per costruire insieme, su base militante, la prospettiva del
partito rivoluzionario. Per lavorare insieme alla rifondazione della Quarta
Internazionale, al fianco dei marxisti rivoluzionari di ogni Paese.