"Grande è la nostra simpatia e solidarietà verso autoferrotranvieri e dipendenti Parmalat"
La nostra lotta è la lotta di tutti i lavoratori!

 


Intervista ad Andrea Spadoni, lavoratore Alitalia



- Raccontaci, in estrema sintesi, la situazione dei lavoratori di Fiumicino.

- In realtà parlare di Fiumicino è improprio perché, se i media comunque identificano l'Alitalia con lo scalo romano nonché il trasporto aereo con l'Alitalia, la realtà è molto più complessa e articolata. Attorno ad una trentina di compagnie e a svariate decine di scali ruota in Italia un microcosmo di aziende, molte delle quali ancora tutte o in parte pubbliche, con relativo indotto e varie migliaia di lavoratori; ci sono poi i vari enti di controllo (Enac, Enav) e le diverse funzioni ministeriali. Un mondo dove il precariato la fa da padrone, dove i sindacati confederali e le varie corporazioni di piloti (Anpac e Up) e assistenti di volo (Anpav e Sulta) sono assenti o consenzienti, dove liberismo e privatiz-zazioni conoscono i loro momenti più bui, anche in virtù della sconsiderata apertura a operatori, società e finanziatori multina-zionali. Del resto, in questa specifica fase storica, dove è l'Alitalia ad essere al centro della scena, è doveroso ricordare che la nostra azienda ha la sua base amministrativa e gestionale alla Magliana e che proprio dal Ced (Centro elaborazione dati) prima e dal Centro Direzionale poi sono partite le prime e più significative mobilitazioni. Da sempre Fiumicino, con i suoi hangar di manutenzione e le attività in aerostazione e in pista, ha rappresentato quella realtà operaia (le "tute verdi") tradizionalmente in prima fila nelle lotte, tanto è vero
che gli eventi più clamorosi sono avvenuti proprio lì: i blocchi dell'autostrada e dell'aerostazione che tutti hanno visto in televisione e
sulle prime pagine. Ma la mobilitazione più profonda, più sentita, più radicata è partita dalla Magliana, dove dal 9 al 23 dicembre una tenda ed un camper, presidiati 24 ore al giorno, hanno mostrato a tutti, azienda e sindacati, opinione pubblica e rappresentanti istituzionali, la volontà e la determinazione dei lavoratori nel respingere quel piano di ristrutturazione di cui tanto si parla e poco si sa. Un piano che prevede lo smembramento del vettore nazionale (ancora al 63% di proprietà dei cittadini...) in una miriade di società, con varia partecipazione dell'Alitalia, spesso senza controllo, preparando così l'espulsione progressiva dal mondo del lavoro di una decina di migliaia di lavoratori; un piano che, prevedendo la cessione di fatto dell'azienda all'Air France, porterà alla dispersione senza rimedio di una professionalità e di una competenza, uniche in Italia e tra le migliori del mondo, unitamente alla totale perdita di controllo dello Stato
sul sistema del trasporto aereo nazionale e verso l'estero. Per non parlare dei tagli salariali, dell'aumento di produttività e del peggioramento normativo che da una decina d'anni hanno nettamente peggiorato le condizioni dei lavoratori: solo nel biennio 2002-2003 la perdita media pro capite è stata di 4.000€!


- Come è nata in voi la decisione di esercitare un'azione di forza nei confronti dell'azienda: semplice esasperazione o anche ragionamento politico? Ha influito la lezione di Scanzano?

- La situazione dei lavoratori dell'Alitalia e di tutto il trasporto aereo è davvero esasperante: precariato, instabilità aziendale e perdita salariale hanno raggiunto livelli inim-maginabili in altre categorie, anche grazie a quello che molti ormai definiscono un vero e proprio "tradimento sindacale". Basti rilevare come la stragrande maggioranza delle compagnie aeree può permettersi il lusso di non applicare il contratto di riferimento per comprendere quanto in avanti si sia spinto il riformismo sindacale in questo settore. Non si deve però pensare che le grandi mobilitazioni di questi ultimi mesi siano il frutto casuale di una banale esasperazione; in realtà alla base di tutto questo c'è il lavoro svolto da noi del Settore Aereo della Cub Trasporti, una organizzazione nata dalla fallita esperienza del Sulta, ridotto a semplice produttore di slogan, schiacciato com'è dalla rincorsa dei diritti sindacali da un lato e dall'essere ormai il mero rappresentante degli interessi corporativi degli assistenti di volo dall'altro: un vero paladino del riformismo borghese, insomma! Già da un paio d'anni gli attivisti e i quadri della Cub, attraverso una capillare controinformazione ed un costante dialogo diretto con i lavoratori, sono riusciti ad infrangere lo schermo di silenzio e di mistificazione che aziende e sindacati avevano costruito in anni di concertazione. Come a tutti noto, in assenza di un gruppo preparato e determinato, l'esasperazione e il malcontento producono violente ma effimere fiammate; così come senza un programma politico e strategico ben costruito non è possibile fare fronte all'azione combinata del padrone, dei sindacati e dei partiti borghesi e riformisti. I lavoratori che oggi occupano le strade, bloccano l'aero-stazione e sostengono 24 ore al giorno il presidio di Magliana, la ormai famosa "Alitalia in tenda", sono ben consapevoli della partita politica e finanziaria che si gioca sulle loro teste. Non credo perciò che Scanzano sia un paragone accettabile, così come non penso che un governo più solido e meno bisognoso di consenso "da audience" si sarebbe fatto sconfiggere con tanta facilità. No, la nostra esperienza è molto più consapevole e molto meno movimentista...

- Come percepite il rapporto tra la vostra lotta e quella degli autoferrotramvieri? E come è stato vissuto, dall'esterno, l'accordo scandaloso firmato da Cgil-Cisl-Uil-Sulta-Ugl-Anpac-Up-Anpav?

- Grande è la solidarietà e la simpatia nei confronti degli autoferrotramvieri, di cui comprendiamo in pieno il disagio e tra cui siamo presenti con i compagni della Fltu Cub e della RdB. Non solo sul piano economico ma anche su quello delle libertà sindacali e della dignità di lavoratori e cittadini: non dobbiamo dimenticare che loro, come noi, sono ingabbiati in quella legge capestro che è la 146/90 che dovrebbe regolare ma di fatto impedisce lo sciopero nei servizi pubblici essenziali; che loro,come noi, sono rappresentati dai sindacati tra i peggiori d'Italia; che loro, come noi, vivono la lacerante contraddizione tra l'orgoglio di servire la cittadinanza e l'umiliazione di operare in un settore in pieno caos, dove le aziende vengono depauperate e smantellate per facilitarne il passaggio allo sfruttamento da parte della finanza privata. In merito all'accordo di palazzo Chigi del 29 scorso penso che scandaloso sia la definizione giusta. Altrettanto la pensano i lavoratori: sapevamo, lo abbiamo detto chiaro nei nostri comunicati, che la minaccia di non onorare il contratto era un pretesto per far digerire il piano: "cari lavoratori, il contratto è salvo... ma l'azienda non c'è più!". Questo, anche grazie alle denunce della Cub, i lavoratori lo hanno capito subito: immediate si sono levate le richieste di rilanciare le agitazioni e la mobilitazione. Molti lavoratori non riescono a staccarsi dai confederali (del Sulta ho già parlato) ma la loro fiducia precipita a vista d'occhio e le pressioni dal basso diventano sempre più ingestibili. In realtà molte delle agitazioni e degli scioperi più recenti sono scaturite da iniziative della Cub e dei lavoratori mentre gli altri sindacati sono stati costretti a rincorrerci per non rimanere tagliati fuori.

- Alla vostra ultima assemblea hanno partecipato esponenti politici da Veltroni a Storace. I tuoi colleghi come perce-piscono il rapporto con la politica?

- Certo, tanti pezzi grossi che promettono miracoli fanno un bell'effetto. Il fatto è che la nostra categoria è intorpidita da anni di blandizie e, diciamolo pure, dal fatto di essere stata da sempre al sicuro dai fulmini del mercato all'interno di un business prestigioso, d'èlite... ma anche questo non c'è più. Inoltre questo governo è riuscito laddove i precedenti avevano fallito, nonostante le pesantissime controriforme da essi avviate, ossia a richiamare l'attenzione dei cittadini per la politica partecipata, dopo l'ubriacatura di qualunquismo degli anni '80. I giovani precari di oggi sono cresciuti alla desolante scuola del cosiddetto "edonismo reaganiano"! Siamo perciò ancora in una fase direi transitoria, vecchie croste stanno cadendo, una nuova consapevolezza si sta svegliando, ma c'è ancora molto lavoro da fare e noi della Cub, in piena coscienza, lo stiamo facendo, coglien-done nel contempo significativi frutti.

- Come pensate di andare avanti e quali obiettivi vi ponete. I lavoratori Alitalia hanno una loro proposta per risolvere la crisi aziendale?


- La ricetta, in termini molto generali, c'è e non può essere che questa: da un lato siamo convinti che solo un sistema pubblico di trasporto, aereo e non solo, rispondente a logiche di eccellenza e non di profitto, possa garantire ai cittadini fruibilità, affidabilità e sicurezza e possa mettere i lavoratori al riparo dai capricci della finanza e dalle multinazionali del profitto; dall'altro, in virtù della quotidiana esperienza ma anche grazie alle analisi e alle denunce della Cub, possiamo testimoniare come in realtà in Alitalia i soldi entrino... è che non si sa (difficile documentarlo, in realtà) dove vadano a finire. Certo è che andrebbero eliminate le croniche disfunzioni orga-nizzative e strutturali, riviste le consulenze, gli appalti e le forniture, che a noi risultano svantaggiose se non immotivate, rivisti una serie di privilegi formali, strutturali ed economici di cui godono dirigenti, sindacalisti e comandanti. Insomma, 20.000 lavoratori altamente qualificati producono qualcosa che poche centinaia di sciacalli provvedono a sperperare: risanare tutto ciò in un quadro di azienda pubblica, ecco la proposta dei lavoratori, ecco la sfida che ci sentiamo di lanciare noi della Cub.

- Quale tipo di aiuto pensate che possa giungervi dall'esterno, intendo dire da organizzazioni politiche o altri lavoratori?

- Innanzi tutto, molta attenzione e solidarietà ma anche molta partecipazione e rispetto. Penso infatti che quella che stiamo conducendo
oggi sia una lotta d'avanguardia e che i pericoli della finanza che la fa da padrona in un industria liberale e liberalizzata, fuori da ogni controllo, comincino ad essere scontati da tutti: due esempi di versi per tutti: la Parmalat, un'azienda viva, produttiva, animata da migliaia di lavoratori preparati, orgogliosi e consapevoli, sull'orlo della distruzione per la follia o per la criminosità di un solo individuo, il padrone, un disastro per i cittadini, per i piccoli allevatori, per i lavoratori (attenti a giocarvi in borsa il Tfr!); il disastro di Sharm el Sheik e la
FlashAirlines, una compagnia aerea fantasma (dentro sembra ci siano anche capitali italiani...) indifferente a qualsiasi norma contrattuale,
operativa, di impiego equipaggi e aeromobili, di sicurezza. È evidente quindi che la nostra lotta è la lotta di tutta la classe lavoratrice ed è
nostra intenzione cercare di coinvolgere nelle nostre iniziative tutte quelle associazioni, politiche, territoriali e sociali che riusciremo a
contattare, sia per ottenere supporto sia per ampliare il fronte di lotta. Perché ritengo che solo con una mobilitazione duratura e permanente, fino alla caduta di questo governo e contro la formazione di governi ad esso affini, dove sia comunque il centro borghese a fare da ago della bilancia, non riusciremo a mettere al sicuro i lavoratori e le aziende dallo sfruttamento del capitale internazionale.