Il Prc alle elezioni amministrative di primavera
Di Michele Terra
Le
alleanze elettorali tra Rifondazione Comunista ed il centrosinistra ormai non
sono più una novità, anzi, ormai sono diventate la regola, mentre eccezione è
diventata la presentazione autonoma dei comunisti.
Il
quadro generale della politica di Bertinotti è ormai chiaro da tempo, in altre
parole la costruzione di un’intesa di governo con il centrosinistra per il
2006, e le elezioni amministrative altro non sono che un passaggio obbligato di
realizzazione dell’intesa nazionale.
La
tornata amministrativa di primavera assume, accorpata o meno alle elezioni
europee, una sua importanza rilevate nei processi politici interni al PRC ed al
centrosinistra. Innanzitutto le elezioni dei consigli provinciali, di cui si
rinnova la maggior parte, sono sempre state un terreno favorevole alla sinistra
rispetto alle politiche, ma soprattutto in primavera voteranno le grandi città
e le zone tradizionalmente rosse come Bologna e Firenze e quasi tutti le
province di Toscana ed Emilia, dove la vittoria dei candidati del centrosinistra
sostenuti anche dal PRC è praticamente scontata.
Il
successo nei comuni e nelle province dove il PRC ed il centrosinistra sono uniti
non lasceranno indenne il nostro partito: Rifondazione Comunista sarà coinvolta
direttamente nelle giunte di moltissime amministrazioni grandi e piccole, con la
conseguente creazione di un vero e proprio esercito di assessori a tempo pieno
che "faranno" letteralmente la politica del partito al di sopra degli
organismi dirigenti, come già abbiamo potuto verificare in decine di altri
casi. Non solo, tutti questi nuovi assessori avranno nel loro legame con il
centrosinistra il baricentro della loro condizione economica, sociale e
personale, che si concretizza nelle cospicue indennità loro corrisposte, dai
permessi retribuiti dal luogo di lavoro qualora mantenessero in parte il loro
vecchi impiego, e la possibilità di amministrare cospicui fondi pubblici. Il
rischio assai concreto è quello di vedere il nascere di una nuova burocrazia
politica di partito ancorata indissolubilmente al proprio ruolo istituzionale e
all’alleanza politica che glielo garantisce. Da notare l’episodio di
Piacenza che ha visto il sindaco Reggi ribadire l’accordo con Rifondazione ma
sfiduciare l'assessore del PRC Gelmini, chiedendo al partito di sostituirlo, così
mentre la federazione sta cercando il sostituto l’assessore trombato, senza il
consenso del partito, ha avviato un ricorso al TAR per mantenere la carica.
Intanto
nelle federazioni che si apprestano alla tornata elettorale poco importano le
discussioni sui programmi, più di tutto contano le decisioni sugli assessorati
e sui chi va ad occuparli, tanto da poter parlare in alcuni casi della
costituzione di "club degli aspiranti assessori".
Ben
diverso da ciò che normalmente avviene dovrebbe essere l’approccio dei
rivoluzionari rispetto le elezioni amministrative ed i governi locali.
Andrebbe
ribadito che per i comunisti le elezioni, siano esse nazionali o locali, devono
essere un momento importante di propaganda dei propri programmi ed orientare il
massimo possibile di elettori verso le proprie idee e le proprie lotte. Da ciò
ne conseguirebbe la necessità della presentazione autonoma dei comunisti alle
elezioni, per evitare ogni possibile confusione tra il programma dei comunisti e
quello di altri, fosse anche quello della borghesia cosiddetta progressista (che
in Italia è comunque filo padronale confindustriale). Peraltro è bene notare
che tutte le volte che il PRC si è imbarcato in accordi di compromesso, come
nel caso del governo Prodi, mai è riuscito a spostare l’azione di governo su
politiche favorevoli alle classi subalterne, anzi il risultato è stato il
continuo trattare sul programma del nemico di classe con risultati disastrosi
come ci ricordano ogni giorno gli effetti del "pacchetto Treu" in
fatto di lavoro.
Va,
inoltre, smascherata la favoletta che raccontano spesso i dirigenti della
maggioranza del PRC secondo la quale gli accordi locali si possono fare perché
non sono in gioco le grandi scelte politiche nazionali come la guerra, le grandi
scelte finanziarie, ecc. Nella realtà i partiti e i governi locali non sono
cosa separata dall’ambito nazionale: i partiti del centrosinistra con cui si
governa o si andrà a governare molte amministrazioni sono gli stessi, ad
esempio, che hanno sostenuto i bombardamenti della Nato sulla Jugoslavia, mentre
in fatto di politiche di economiche e del welfare non si conosce un sindaco
dell’Ulivo che si sia comportato diversamente dalla linea tenuta dal
centrosinistra al governo nazionale.
A
volte risulta paradossale che il PRC sostenga in maniera entusiasta candidati
impresentabili come ex democristiani o che si sono contrapposti frontalmente al
recente referendum sull’art.18 come Sergio Cofferati.
Certo,
per i rivoluzionari, rimane il problema di dialettizzarsi con il livello di
coscienza di classe e quindi a volte può essere valutabile un sostegno critico
ai candidati "riformisti" al secondo turno, tenendo ben presente che
ciò non può mai significare l’ingresso in maggioranze o peggio addirittura
negli esecutivi.