Federazione
di Salerno del Prc
Le
vere ragioni di un commissariamento
di
Valerio Torre
Sul
finire dello scorso mese di novembre, le attuali politiche nazionali decise dal
gruppo dirigente di maggioranza di Rifondazione comunista hanno gravitato
intorno alla federazione di Salerno in due occasioni che hanno costituito due
tappe dello stesso processo.
Il
giorno 24, organizzato dai partiti dell’opposizione al governo Berlusconi, si
è tenuto il primo di una serie di seminari nazionali, sul tema "Politiche
dell’occupazione, mercato del lavoro e diritti".
Si
è trattato, in buona sostanza, di una noiosa sessione di studio, in cui quattro
docenti universitari hanno relazionato ad un uditorio, perlopiù distratto,
circa gli effetti della cosiddetta legge Biagi; ma è stata soprattutto
l’occasione per i partiti del centrosinistra e per il Prc di incantare gli
allocchi, facendo loro credere che, attraverso questi incontri, cui dovrebbero
partecipare "le parti sociali ed i cittadini", le opposizioni stanno
“scrivendo”, con l’apporto in
progress di questi, il programma per affrontare le elezioni del 2006 e
battere, con il prodotto di questo simulacro di democrazia partecipativa, le
destre oggi al potere.
Ed
infatti, erano presenti i responsabili nazionali dei dipartimenti lavoro di
tutti i partiti dell’Ulivo, dell’Italia dei valori e di Rifondazione
comunista: fianco a fianco, Tiziano Treu e Paolo Ferrero, vale a dire
l’inventore del lavoro interinale, il propugnatore della flessibilità dei
lavoratori, seduto accanto a chi quei lavoratori dovrebbe difenderli, ed anzi
avrebbe dovuto già farlo durante il governo Prodi, evitando di condividere ed
approvare l’omonimo “Pacchetto”. Insomma, un’immagine dal forte impatto
emotivo, quasi un simbolo, una prefigurazione dell’accordo che verrà.
Solo
tre giorni più tardi, il 27 novembre, la Direzione nazionale del Prc, acquisito
il parere, espresso senza alcuna istruttoria, della maggioranza del Collegio
nazionale di garanzia (in cui l’unico voto contrario è stato quello del
compagno Francesco Ricci, di Progetto Comunista), dopo una brevissima
discussione su di un ordine del giorno aggiuntivo presentato al termine della
riunione, decideva -con il solo voto contrario dei compagni di Progetto
Comunista e quello, espresso a titolo personale, del compagno Crippa, oltre a
qualche astensione tra cui quella dei compagni di Erre (ex Bandiera Rossa)-
di commissariare la federazione di Salerno.
La
motivazione ufficiale di tale grave provvedimento, che costituisce il primo a
partire dal V Congresso, starebbe nel fatto che la discussione all’interno
della federazione era da tempo “bloccata”, con un organismo dirigente diviso
ed incapace di sviluppare l’azione politica del partito sul territorio.
La
vicenda, al di là e contro le intenzioni della maggioranza del Prc, ha assunto
un rilievo nazionale ed ha ricevuto una vasta eco anche sulla stampa, tanto che
persino il Manifesto ne ha dato conto
in cronaca politica, ricevendone una risposta piccata di Liberazione, costretta a prendere precipitosamente posizione sul
caso con un goffo ed imbarazzato tentativo di difesa del provvedimento della
Direzione.
In
realtà, le cose non stavano come la maggioranza ha fatto intendere. La
discussione all’interno del Comitato politico federale verteva da tempo sui
rapporti con l’amministrazione, in cui Rifondazione esprime l’assessore al
lavoro e tre consiglieri comunali. La breve cronaca di Liberazione limita i motivi di dissenso alle vicende del piano
regolatore generale, ma il terreno di scontro era molto più ampio e riguardava
il ruolo marginale e subalterno del Prc all’interno di una coalizione di
governo rispetto alla quale era stato all’opposizione nella precedente
consiliatura.
Già
la scelta di entrarvi, assunta nel maggio 2001 con una risicatissima maggioranza
del Cpf, fu sciagurata perché non fondata su un proprio programma elettorale,
bensì inevitabilmente sull’integrale condivisione di quello del
centrosinistra; ma lo sviluppo dei successivi due anni e mezzo ha ulteriormente
messo in luce la deriva subalterna del partito rispetto ai programmi della
borghesia cittadina e dei ceti politici democristiani e diessini.
Rifondazione
non ha battuto ciglio quando le municipalizzate hanno assunto lavoratori
interinali (bel risultato per un assessore al lavoro!), o quando il Consiglio
comunale ha approvato le delibere per avviare il percorso dell’esternalizzazione
e della privatizzazione dei servizi; oppure quando la Giunta ha elargito
finanziamenti a pioggia alle imprese sedicenti artigiane assistendo impotente
alla deindustrializzazione del territorio ed alla dismissione della manodopera;
o ha vanificato la decisione già assunta in tema di compostaggio dei rifiuti; o
ancora quando il Sindaco ha dapprima negato l’autorizzazione
all’installazione di un banchetto informativo sul registro delle unioni civili
(di cui il Consiglio comunale stava discutendo) e quindi inviato la polizia
municipale a identificare l’assessore all’ambiente (dei Verdi) ed alcuni
militanti di Rifondazione intenti a distribuire materiale divulgativo,
successivamente “dimissionando” lo stesso assessore.
Le
decisioni in tema di urbanistica, poi, hanno, se possibile, ulteriormente
aggravato il quadro: dopo dieci anni di elaborazione da parte di un noto
urbanista, finalmente il piano regolatore generale è giunto in Consiglio ed è
stato approvato col voto favorevole dei consiglieri del Prc, nonostante lo
strumento sia in contrasto con le stesse linee nazionali del partito in
argomento. Quindi, la maggioranza ne ha secretato gli atti e, prima della sua
formale adozione (che a tutt’oggi non è avvenuta), la Giunta ha portato in
Consiglio e fatto approvare una serie impressionante di varianti urbanistiche
per interventi sul territorio ad opera di privati: in pratica, prima che
scattino le norme di salvaguardia, sono stati favoriti gli interessi delle lobby
dei costruttori e della grande proprietà fondiaria.
In
questo disastroso quadro, i compagni di Progetto comunista in Cpf hanno
continuamente sollecitato, con appositi ordini del giorno, la discussione sul
tema della presenza del Prc in maggioranza; finché, l’organismo ha deciso a
maggioranza di avviare un percorso di “verifica” politica il cui primo punto
era costituito dalla sospensione della discussione sulle varianti e l’adozione
formale immediata del piano regolatore.
La
nostra astensione su questa decisione, oltre che motivata dalla presentazione di
un odg che sanciva invece l’immediata ricollocazione del partito
all’opposizione, è stata determinata dalla convinzione che quella verifica
non sarebbe mai stata accettata dalla coalizione ed avrebbe condotto
irrimediabilmente alla rottura: scelta, questa, che l’organismo aveva ormai
maturato.
Il
deliberato del Cpf prevedeva, per rafforzare la richiesta di incontro con il
Sindaco, la sospensione dell’assessore dalla Giunta e dei consiglieri dalle
commissioni: tuttavia, l’assessore e due dei tre consiglieri, in spregio alla
decisione assunta dall’organismo, vi hanno contravvenuto, addirittura
rivendicando sulla stampa locale la propria ribellione rispetto ad una decisione
democraticamente assunta e facendosi promotori della richiesta di
commissariamento della federazione. Cosa che, poi, è puntualmente avvenuta. Ed
ora che il commissario s’è insediato, gli stessi si sentono liberi, col suo
appoggio, di votare -come stanno facendo- tutte le peggiori varianti
urbanistiche, iscrivendo così oggettivamente Rifondazione al partito dei
palazzinari e dei cementificatori.
In
realtà, tutti hanno percepito chiaramente -e per questo la vicenda di Salerno
è diventata un caso nazionale- che, dietro il puro e semplice atto burocratico,
si nasconde la vera volontà del gruppo dirigente di maggioranza di arrivare
all’accordo nazionale con l’Ulivo senza i traumi della messa in discussione
degli accordi locali; il Prc non può cioè permettersi passi falsi agli occhi
dei suoi alleati di centrosinistra: la rottura certa della coalizione a Salerno
e la ricollocazione del partito all'opposizione di una maggioranza borghese e
liberale avrebbero scatenato una serie di reazioni a catena (rottura del tavolo
interpartitico per le prossime provinciali; crisi in Regione Campania che è già
latente) tali da mettere in crisi questo disegno.
Insomma,
mentre da un lato fa un vessillo del finto confronto programmatico nazionale col
centrosinistra (come, appunto, quello che Ferrero proprio a Salerno è venuto a
tenere), la maggioranza di Rifondazione impedisce dall’altro, con questo
commissariamento, un vero "confronto programmatico" che la locale
federazione voleva attuare, così dimostrando come, sull’altare dell’accordo
con Prodi, si sacrifichi ogni cosa, persino il partito stesso.
La
strada, però, non sarà così agevole: a Salerno e in tutta Italia moltissimi
compagni hanno compreso le vere intenzioni del gruppo dirigente e si oppongono
alla liquidazione del Prc quale forza d’opposizione e rappresentanza
dell’autonomia e dell’indipendenza delle lavoratrici e dei lavoratori contro
le classi dominanti.
In
questa battaglia, Progetto comunista è e sarà sempre in prima linea.
(12
gennaio 2004)
Una
precisazione pubblicata sul Manifesto
del 4 dicembre
L'articolo
"Prc, un commissario a Salerno" (pubblicato su Il
Manifesto di martedì 2 dicembre) contiene una grave inesattezza laddove
afferma che il commissariamento sarebbe stato "votato trasversalmente sia
dalla maggioranza che dalla minoranza congressuale".
In
realtà Progetto Comunista, sinistra del PRC, ha votato contro il
commissariamento della federazione di Salerno: sia nel Collegio Nazionale di
Garanzia - non ravvisando nemmeno gli estremi formali del provvedimento; sia in
Direzione Nazionale, rilevando viceversa un preoccupante segno politico nella
decisione.
Dal
V Congresso quello di Salerno è il primo commissariamento di una federazione
del PRC - nonostante situazioni di scontro fra gruppi dirigenti siano presenti,
con livelli ben più gravi, in altre situazioni. E viene deciso nel momento in
cui la maggioranza del gruppo dirigente locale decide di avviare un percorso di
"verifica" - e probabilmente di rottura - con la giunta di
centrosinistra. E' forse il segnale che, sulla strada di un accordo nazionale di
governo con l'Ulivo, le alleanze di governo locali diventano un obbligo?
Marco
Ferrando (Direzione Nazionale PRC)