CONTRO LA NUOVA CROCIATA IMPERIALISTA

UN PIANO D’AZIONE NEI BALCANI E IN EUROPA  

  Appello dalla Terza conferenza internazionale del Centro socialista dei Balcani Christian Rakovsky

 

1 - Con il pretesto dell’11 settembre, l’imperialismo degli Stati Uniti, insieme ai propri alleati, hanno lanciato una crociata mondiale, la cosiddetta guerra al terrorismo. In nome dei valori occidentali, l’Afghanistan, già devastato, è stata ricacciato di nuovo nell’età della pietra; in nome della democrazia occidentale, minacciata dai Bin Laden di questo mondo, la popolazione civile di Jenin, in Palestina, è stata seppellita viva dai carri armati di Sharon. Tutta l’ipocrisia, dall’11 settembre in poi, si manifesta nella barbara guerra per lo sterminio dei palestinesi intrapresa da Sharon con il supporto di Bush e la complicità dell’Unione Europea. La tragica situazione odierna della Palestina non può essere separata dal contesto e dalla natura della “guerra al terrorismo” come dottrina ufficiale e strategia mondiale portata avanti dall’imperialismo degli Stati Uniti per il suo predominio politico.

 

2 - La “guerra al terrorismo” non è altro che una controrivoluzione imperialista lanciata contro gli oppressi in tutto il mondo, dall’Asia centrale, Medio Oriente e Filippine fino all’America latina e all’Africa. Ma è mirata anche contro i diritti sociali e democratici dei lavoratori europei e americani. Ciò è dimostrato dalle nuove leggi repressive e antipopolari varate negli Stati Uniti (Patriot Act) e nell’Unione Europea. A tutto questo bisogna aggiungere la formazione di “squadre speciali”, annunciata dall’Fbi, che opereranno a livello internazionale, la follia della nuova dottrina militare “dell’uso tattico di armi nucleari” (portata avanti dal Pentagono) e la paranoia di Bush nel suo discorso sul cosiddetto “asse del male”.

 

3 - La Cia ha inserito la Russia ai primi posti nella lista dei paesi che possiedono “armi di distruzione di massa”, nonostante il regime di Putin sia, in questo momento, il miglior alleato di Bush nella cosiddetta “guerra al terrorismo”. Nella nuova guerra afghana, i successi più importanti dell’imperialismo statunitense non sono stati riportati sul piano delle operazioni militari bensì nella costruzione di basi militari nelle repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale e del Caucaso, area al secondo posto per la più vasta estensione di riserve petrolifere al mondo. Ovviamente, la presenza dell’imperialismo ha a che fare con il petrolio ma anche con il controllo del processo di restaurazione in tutte le sue insolubili contraddizioni, in particolar modo in Russia e in Cina.

 

4 - Gli unici a beneficiare del fallimento del vertice dei paesi del Mar Caspio (Azerbaijan, Kazakhstan, Turkmenistan, Russia and Iran tenutosi il 24 e 25 aprile 2002) sono stati gli Stati Uniti e il loro progetto dell’oleodotto di Baku-Ceyhan. Ma questo sviluppo avrebbe potuto aggravare il conflitto tra l’Europa e l’America nella regione, come si vede dai progetti per l’oleodotto Tabriz-Ankara-Komotini, che collega i giacimenti petroliferi dell’Iran all’Italia e all’Europa occidentale, promossi dalla Grecia e dalla Turchia sotto la supervisione dell’Unione Europea.

 

5 - C’è un collegamento oggettivo tra la crisi dell’Asia centrale, del Medio Oriente, del Caucaso, dell’ex Unione Sovietica e l’attuale devastazione dei Balcani. In seguito all’ultima guerra della Nato contro la Jugoslavia e la destituzione del regime di Milosevic, è stato accelerato il processo di disintegrazione di ciò che rimane della Jugoslavia ed è culminato nella costituzione di un’entità artefatta chiamata “Serbia e Montenegro”, nuovo protettorato dell’Unione Europea e della Nato dopo Bosnia, Kosovo e Macedonia. Quest’ultimo piccolo stato, che era apparso, in passato, come l’unica soluzione possibile per evitare il tragico destino delle repubbliche jugoslave, alla fine le ha unite. Apparentemente i violenti conflitti tra gli slavi e gli albanesi non ci sono più ma è sempre presente la minaccia di una nuova ondata di violenza. In Bulgaria e Romania lo smantellamento dello stato sociale ed economico raggiunge dimensioni catastrofiche. La classe dirigente, con le sue illusioni reazionarie, è convinta che l’ingresso nell’Unione Europea porterà ad un miglioramento della loro condizione. L’unico interesse degli Stati Uniti è l’integrazione dei paesi dell’Europa dell’Est nella Nato per trasformarli in Stati-guarnigione scaricando i costi finanziari sull’Unione Europea. L’Unione Europea, dal canto sua, cerca di evitare ulteriori oneri. Nell’attuale struttura controllata dal capitalismo, i Paesi dell’Est e i Balcani si trovano davanti ad un grosso dilemma: entrare a far parte dell’Unione Europea accettando, in questo modo, uno stato semi-coloniale o essere emarginati nella periferia del capitalismo dell’est. La ripresa dei conflitti è all’ordine del giorno considerando la crisi imminente in Europa e il suo conflitto con l’America. La Terza conferenza internazionale del Centro socialista dei Balcani Christian Rakovsky ha deciso di organizzare, in un futuro immediato, una conferenza sull’Europa occidentale e orientale, inclusa la Russia, che si terrà in Europa centrale. Si discuteranno i problemi comuni e si cercherà una comune via d’uscita socialista che, a nostro parere, deve basarsi sulla rottura con il capitalismo europeo e l’unificazione socialista dell’Europa con l’Unione socialista degli Stati europei.

 

6 - La crisi mondiale comincia molto prima dell’11 settembre: è cominciata, infatti, con il crollo degli equilibri internazionali del dopoguerra e con la trasformazione dell’espansione capitalistica in una crisi di sovraccumulazione del capitale senza precedenti. Il tentativo di trovare una via d’uscita attraverso la globalizzazione finanziaria non solo ha fallito ma ha aggravato tutte le contraddizioni del capitale a livello globale. La recessione economica non è stata rovesciata dall’aumento di liquidità fatto dalla Federal Reserve dopo gli avvenimenti dell’11 settembre. Al contrario, un’attenta lettura del Rapporto di Alan Greenspan, con i suoi continui richiami alla prudenza, mostra che la stabilità non può durare mentre “la crisi da investimenti” continua. L’ultima guerra commerciale, che vede contrapposte l’Unione Europea e gli Stati Uniti (dazi sull’acciaio e sussidi all’agricoltura) è la dimostrazione lampante della crisi che è in atto. Il Giappone, dopo più di un decennio di recessione, è sull’orlo del collasso. L’Argentina è lo specchio in cui il capitalismo mondiale vede riflesso il suo destino, e i lavoratori e le masse popolari vi riconoscono il loro futuro.

 

7 - La “guerra al terrorismo” assume il carattere di un colpo preventivo. Il mondo intero si trova davanti ad un ultimatum:o si è integrati nel cosiddetto processo democratico o si è bollati come terroristi, dal Kurdistan alla Turchia, dalla Francia fino, persino, agli Stati Uniti. Ci rifiutiamo di accettare, in nome del “male minore” o della “democrazia” Chirac o altri politici borghesi per contrastare estremisti ultrareazionari come Le Pen, Haider, Fini, Bossi. Per combattere il fascismo c’è bisogno dell’unità e dell’indipendenza, dell’organizzazione e della consapevolezza della classe operaia, non della collaborazione di classe con la borghesia in crisi. L’appello della Lcr francese a votare Chirac al secondo turno dell’elezioni presidenziali in Francia è stata una resa vergognosa a questo tipo di terrorismo “repubblicano-democratico” e la negazione del potenziale delle masse che si erano affidate alla sinistra rivoluzionaria. L’unità d’azione della classe operaia, le masse popolari e i giovani devono combattere e battere, in maniera risoluta, attraverso un fronte unito delle loro organizzazioni, il terrorismo di stato e il terrorismo “democratico” del dissenso. Chiamiamo alla mobilitazione tutti i lavoratori e le organizzazioni popolari europee e balcaniche per combattere e difendere le vittime di chi marchia come “terroristi” i movimenti di liberazione nazionali e le organizzazioni dei popoli oppressi. Ci opponiamo, in maniera risoluta, a tutti i tentativi dei capitalisti europei di costruire la “Fortezza Europa”, la quale implicherebbe una muraglia cinese da erigere contro le masse povere provenienti dall’Europa dell’Est, dai Balcani, dall’ex Unione Sovietica, dall’Asia e dall’Africa, con il conseguente sfruttamento della loro manodopera a buon mercato. Giù le mani dagli immigrati! Per l’unità del movimento operaio europeo insieme con i fratelli di classe dell’Est e del Sud! Abbasso l’Unione Europea imperialista! Per gli Stati uniti socialisti d’Europa!

 

8 - Soprattutto nei Balcani, regione che è al centro di tutti i conflitti internazionali, stretta tra due pietre miliari, la crisi dell’Unione Europea e il vulcano del Medio Oriente, dobbiamo lottare con forza contro gli interventi imperialistici, contro le classi dirigenti locali, contro la restaurazione di cricche burocratiche, contro la trappola del cosiddetto Patto di stabilità e contro una seppur incerta integrazione nell’Unione Europea e nella Nato, per l’unità internazionalista del popolo balcanico e la Federazione socialista dei Balcani. Il Centro Christian Rakovsky, fondato su questa prospettiva, deve estendere il suo lavoro a tutti i partecipanti, in tutte le nazioni nel prossimo periodo ?????, attraverso un programma di attività comuni. Va data particolare attenzione ai paesi in cui abbiamo siamo già presenti o con i quali abbiamo contatti come la Grecia, la Turchia, il Kurdistan, la ex Jugoslavia e altri paesi della penisola balcanica e del Medio Oriente. La Palestina è al centro delle nostre preoccupazioni: dobbiamo organizzare un’ampia e costante campagna di solidarietà per il popolo palestinese, per i suoi eroici combattenti rivoluzionari e per il movimento di liberazione. Va dato un aiuto ed un’attenzione particolare all’avanguardia che combatte per unire i lavoratori ebrei e i poveri ???? alle masse arabo-palestinesi nella lotta per l’autodeterminazione del popolo palestinese, per il ritorno di tutti i rifugiati palestinesi, per la costruzione di una Palestina laica e socialista, all’interno di una federazione socialista del Medio Oriente.

 

9 - La Terza conferenza internazionale condanna tutti i preparativi imperialistici di una nuova aggressione militare all’Iraq. Dichiara il suo sostegno incondizionato all’Iraq e tutta la sua solidarietà al popolo iracheno, stremato dalle barbare conseguenze di dieci anni di embargo.

 

10 - Difendiamo e sosteniamo pienamente la libertà e l’autodeterminazione del popolo kurdo. Ci opponiamo ad ogni controllo imperialistico e coloniale delle terre kurde – incluso Kurdistan del Sud, che difendiamo da tutti gli attacchi imperialistici del regime iracheno e di altre potenze regionali e dell’Est. Il popolo kurdo può e sarà emancipato in un Kurdistan libero, unito e socialista!

 

11 - I lavoratori europei non potranno emanciparsi senza unire la loro lotta alla lotta per l’emancipazione nazionale delle masse oppresse in Medio Oriente e in Africa. Questo è il compito specifico del movimento internazionale contro la globalizzazione capitalistica dispiegatosi da Seattle a Genova, a Barcellona e oltre. Questo movimento dovrà svilupparsi come una potente forza politica internazionale capace di rompere le barriere che le forze burocratiche e capitalistiche cercano d’imporre, ingannando le masse con l’utopia reazionaria di un capitalismo globale umanizzato, riformato, regolato, secondo lo spirito di Attac, delle organizzazioni non governative e gli organizzatori del Social Forum di Porto Alegre. E’ assolutamente necessario costruire e rafforzare un polo marxista di forze rivoluzionarie all’interno di questo movimento.

 

12 - Solo una lotta per il rovesciamento del sistema capitalistico a livello internazionale, una lotta per il potere della classe operaia, sostenuta dalle masse oppresse, può dare una risposta alla sfida lanciata dalla nuova crociata imperialistica: capitolare sotto la pressione della “guerra al terrorismo” imperialistica o lottare per l’Internazionale rivoluzionaria del proletariato e degli oppressi, che per molti di noi coincide con la lotta per la rifondazione della Quarta Internazionale.