L'
INTERVENTO
DI FRANCESCO RICCI
AL VI CONGRESSO NAZIONALE
Cari
compagni, care compagne, la conclusione dei congressi di circolo ci consegna un
fatto certo: il 40% dei partecipanti al congresso (e almeno la metà dei
militanti), pur da posizioni diverse, non condivide la svolta governista. Ma se
le scelte che il partito si appresta a compiere incontrano un così vasto
dissenso al nostro interno, tutta la grande stampa borghese plaude invece alla
marcia di Rifondazione verso un possibile Prodi bis. Cosa apprezzano? E'
semplice: l'idea della rimozione in Italia di una forza di opposizione di
classe.
La
prima mozione ha una maggioranza numerica incontestabile. Ma le percentuali
(quel 59%) non sono in grado di mutare la realtà. Ogni giorno che passa
accumula nuove contraddizioni di classe tra i comunisti e il centrosinistra.
Pensioni. Politiche del lavoro. Privatizzazioni. Come non vedere che quando
Fassino riabilita il Craxi dell'attacco alla scala mobile parla avendo alle
spalle quei giganti del capitalismo italiano che dominano la società? Quel
blocco sociale che attende con ansia di liberarsi di Berlusconi per sostituirlo
con un governo ancora più soggetto alla propria influenza?
Il
compagno Bertinotti ha detto che nella nave di Prodi il timone può stare in più
mani. La borghesia illuminata che aspetta con soddisfazione le conclusioni di
questo nostro congresso la pensa diversamente. Sicuramente ci vogliono su quella
nave ma per noi pare abbiano in mente il ruolo del mozzo non quello del
timoniere. Si sbagliano? Sottovalutano la nostra astuzia? Un dirigente ha detto:
"stiamo per andare al governo con i liberali: ma lo facciamo per mettere il
bastone tra le ruote delle classi dominanti". Se questo è il proponimento,
è apprezzabile. Ma è credibile? Ministri e sottosegretari di Rifondazione
siederanno in un governo di una potenza imperialista; tra Tiziano Treu, Massimo
D'Alema, Rutelli, Clemente Mastella; un governo che si ispira ai testi di
Giuliano Amato. E in questo governo noi entreremmo per mettere "i bastoni
tra le ruote alle classi dominanti"? Scusate ma come diceva quel tale:
questa proprio non ce la beviamo.
Anche
la litania della "cacciata di Berlusconi" -che ci ha inseguito per
tutto il congresso- appare sempre meno credibile. Cacciare Berlusconi è un
obiettivo di tutti noi. Ma l'ingresso nella Gad ha avvicinato questa meta o l'ha
allontanata? Dopo tre anni di mobilitazioni della classe operaia; dopo una crisi
del blocco sociale e politico che ha sostenuto il governo; Berlusconi è ancora
lì e in questo quadro è destinato a rimanere al governo fino al 2006. Proprio
perché la prospettiva dei liberali dell'Ulivo non è cacciare Berlusconi con le
lotte ma sostituirlo nella logica dell'alternanza. Una logica che prevede di
annegare nella concertazione le lotte e che porterà -in assenza di una
opposizione comunista- a nuove e più gravi vittorie delle destre.
E
allora non si può dire: ci proviamo e vediamo come va a finire. Perché quel
cosiddetto tentativo ci fa pagare già oggi un prezzo altissimo: la rinuncia a
costruire nelle lotte la cacciata di Berlusconi. E domani il costo sarà ancora
più alto: il Prc sarà chiamato a sostenere politiche che porteranno
inevitabilmente il segno della classe avversaria.
Pensiamo
alla questione della guerra. Si vanta oggi come un grande risultato il voto
contrario al finanziamento alla missione in Irak. Ma possiamo non vedere e non
sentire che cosa dicono e fanno i futuri alleati di governo?
Mentre
votano contro le guerre di Berlusconi, rivendicano tutte le "guerre
umanitarie" che hanno fatto in passato (inclusi i bombardamenti su
Belgrado). Mentre rifiutano l'"unilaterlatismo" berlusconiano,
rivendicano un posto dignitoso per l'Europa al tavolo della spartizione
coloniale, al fianco di Bush. Mentre votano contro il finanziamento alla
missione in Irak (rifiutando però di chiedere il ritiro delle truppe) votano
una per una tutte le altre missioni coloniali dalla Bosnia all'Afghanistan.
E
lo fanno perché la loro filosofia è stata così riassunta: "pace e libertà
non sono date una volta per tutte. Può essere necessario difenderle in altri
Paesi con le armi". Sapete chi lo ha scritto? Romano Prodi. E cosa faranno
i ministri di Rifondazione quando Prodi manderà le truppe a difendere con le
armi vicino a qualche pozzo di petrolio quelle che lui chiama "pace e
libertà"?
Davvero
bisogna continuare con gli esempi? I protagonisti del futuro governo di
alternanza, che ha già il sostegno di Montezemolo e dei banchieri, sono stati
seduti qui in prima fila. Non vorrei sembrare lombrosiano ma mi viene da dire:
guardiamoli in faccia: che cosa c'entrano questi qui con il mondo nuovo che noi
vogliamo costruire?
Le
percentuali congressuali non hanno il potere di modificare i fatti. E i fatti
anche dei prossimi mesi, io credo, confermeranno le ragioni della mozione 3.
La
"prova del budino" che ogni tanto ci viene proposta è già stata
fatta centinaia di volte. E ogni volta ha dimostrato che il budino della
collaborazione di classe è avvelenato.
L'intera
esperienza storica ha confermato la verità elementare su cui è nato il
movimento comunista: gli interessi del capitalismo e quelli degli operai non
sono conciliabili e per questo i comunisti non possono andare al governo nel
capitalismo. Non perché lo ha scritto Karl Marx in qualche libro. Marx lo ha
scritto perché partiva dai fatti e aveva criticato decine di
"tentativi" falliti. Anche nei secoli successivi le sue considerazioni
sono state confermate. Nessun governo in nessuna epoca e in nessun Paese ha mai
saputo conciliare gli interessi degli sfruttati e quelli degli sfruttatori. Per
questo la strada per l'alternativa socialista non prevede tappe in governi
liberali. Al contrario: proprio perché l'alternativa vera non è solo una
"presa del palazzo" (anche se questa rimane, alla fine, un passaggio
indispensabile) essa richiede la partecipazione cosciente di milioni di
lavoratori sottratti a ogni illusione sui governi riformatori. Per questo
l'opposizione di classe è irrinunciabile: non per fedeltà a qualche dogma ma
perché se si rinuncia ad essa si rinuncia a costruire una prospettiva di
governo dei lavoratori per i lavoratori. Siamo comunisti perché pensiamo che il
capitalismo non è riformabile, non può essere governato meglio; e
bisogna costruire i rapporti di forza per distruggerlo. Non vuol dire questo
"socialismo o barbarie"?
I
riferimenti politico-culturali nel nostro partito sono tanti e diversi. Ho letto
che i dirigenti del quarto e del quinto documento, che sui giornali vengono
definiti trotskisti, hanno detto di non riconoscersi in questa definizione.
Personalmente invece mi ci trovo bene. Mi considero trotskista. E non per
qualche nostalgia o perché mi piaccia coltivare dei miti. Ammetto che nella mia
stanza non ho poster di Gandhi e non sono tra quei compagni che pensano si possa
coniugare il comunismo col gandhismo. Peraltro non lo credeva nemmeno Gandhi che
difatti si proponeva di convincere i "ricchi" a concedere qualcosa ai
"poveri" e rifiutava l'idea degli "atei bolscevichi" di
espropriare" i capitalisti.
Defininedomi
trotskista intendo dire che rivendico come un patrimonio indispensabile per i
rivoluzionari di oggi l'esperienza dei rivoluzionari di ieri che non considero
per niente morti politicamente. Tra questi grandi rivoluzionari mi piace, per
concludere, ricordarne uno.
Premetto
che non si tratta propriamente di un filosofo della non-violenza. Anzi, per via
del suo interesse per le questioni militari, per lo studio delle tattiche della
guerra civile e dell'insurrezione (che riteneva un passaggio ineludibile per
espropriare gli espropriatori) veniva definito "il Generale". Anche
lui pensava -come il compagno Bertinotti- che la parola "rivoluzione"
è importante. Anche se lui (stiamo parlando di Engels) la definiva, cito,
"l'atto per il quale una parte della popolazione impone la sua volontà
all'altra parte col mezzo di fucili, baionette e cannoni" definizione che
suppongo il Segretario non condivida.
Engels
si trovava un secolo e mezzo fa a confrontarsi con chi diceva di voler governare
"per spostare a sinistra l'asse di un governo liberale, insieme ai
movimenti". Engels attaccava questo esperimento governista di Luis Blanc e
mentre Marx definiva il socialista Blanc "ministro dei pii
desideri" Engels spiegava:
"I socialisti
francesi hanno commesso la colpa di accettare qualche seggio nel governo.
Minoranza in un governo dei liberali borghesi, essi hanno sostenuto le
responsabilità di tutte le infamie votate dalla maggioranza e mentre tutto ciò
succedeva, la classe operaia era paralizzata dalla presenza al governo di questi
ministri che pretendevano di rappresentarla".
E
allora a quei compagni, anche delle "mozioni critiche" che dicono a
noi di Progetto Comunista che siamo settari e fissati col fatto che non si può
andare al governo nel capitalismo; ai compagni che ci spiegano che con qualche
"se" e qualche "ma" la prospettiva di governo può anche
essere accettabile (magari con un sostegno esterno, o un appoggio critico): be',
a questi compagni vorrei dire: avete ragione, noi proprio non riusciamo a capire
le virtù della prospettiva di un governo borghese. Ma, come vedete, nel nostro
settarismo, siamo in ottima compagnia.
Noi
pensiamo testardamente che il vero compito della rifondazione comunista rimanga
costruire nell'opposizione, nelle lotte tra milioni di operai e di giovani, i
rapporti di forza per mettere fine alla barbarie del capitalismo. Trasformando i
lavoratori in classe dominante. E’ un’impresa che può sembrare impossibile
agli scettici che preferiscono un presunto realismo governista. Ma io credo che
solo una prospettiva di vera alternativa di sistema, solo una prospettiva
rivoluzionaria possa essere il fine della rifondazione comunista.