La
crisi dell'imperialismo e le rivolte popolari
Nuove
sfide per i rivoluzionari
Riproduciamo
qui di seguito la dichiarazione approvata dal Comitato di Coordinamento del
Movimento per la Rifondazione della IV Internazionale nella sua ultima riunione
svoltasi a Roma alla fine di novembre del 2003. Il testo fa riferimento al
Congresso Internazionale per la Rifondazione della IV internazionale (che non ha
come ipotesi immediata di proclamare la rifondazione, ma di rafforzare
qualitativamente la battaglia per arrivarvi) convocato dal Mrqi per il prossimo
mese di aprile a Buenos Aires. L'appello di convocazione del congresso è stato
pubblicato su Progetto comunista (n.
3, ottobre 2003). Questo testo, nell'attesa del documento politico-programmatico
per il congresso, in fase finale di stesura mentre scriviamo, vuole costituire
un ulteriore strumento di discussione, indicando sinteticamente le valutazioni
del Mrqi sulla situazione internazionale alla fine del 2003. Naturalmente tutti
i futuri sviluppi (congresso, documenti, prospettive del Mrqi) troveranno spazio
sui prossimi numeri di Progetto Comunista.
Il
Comitato di Coordinamento del Movimento per la Rifondazione della Quarta
Internazionale, riunitosi a Roma, in Italia, dal 23 al 25 novembre 2003, fa
appello a tutte le organizzazioni rivoluzionarie e ai militanti d'avanguardia
della classe operaia e delle masse popolari oppresse internazionali, a
condividere la nostra comune battaglia nel Congresso Internazionale per la
Rifondazione per la Quarta Internazionale, che si terrà a Buenos Aires, in
Argentina, dal 20 al 22 aprile 2004.
Tutti
gli sviluppi nella situazione mondiale degli ultimi sei mesi successivi al
nostro primo Appello, dimostrano l'obiettiva necessità di questo Congresso per
il raggruppamento delle forze dell'avanguardia rivoluzionaria internazionale.
L'imperialismo Usa e la coalizione dei suoi complici volontari sono risucchiati
nel pantano dell'Iraq che resiste all'occupazione. La stessa sorte fronteggia la
strategia Usa di una "guerra infinita al terrore" il cui obiettivo
era, con l'invasione e l'occupazione dell'Iraq, quello di ristrutturare la mappa
politica del Medio Oriente e di riorganizzare le relazioni internazionali tra
gli Stati e le classi nel mondo del dopo Guerra Fredda in conformità con gli
interessi capitalistici Usa e le necessità dettate dalla crisi del sistema
capitalista.
La
continua e crescente resistenza popolare del popolo irakeno contro le forze di
occupazione trasforma l'Iraq da base della riorganizzazione imperialista del
Medio Oriente, nel maggior fattore di disorganizzazione e destabilizzazione
tanto della regione quanto a livello internazionale; dall'Indonesia alle
Filippine, dall'Arabia Saudita alla Turchia.
Nella
Palestina occupata la "Road Map" di Bush, cercando di mettere fine
all'Intifada e di imporre il dominio dell'imperialismo sionista sulle masse
palestinesi, direttamente connessa sin dal primo momento con la guerra contro
l'Iraq, è fallita assieme al governo collaborazionista di Abu Mazen. L'infame
muro della vergogna che il regime sionista di apartheid di Sharon sta costruendo
e l'enorme crisi economica, con i suoi effetti devastanti sulle condizioni di
vita degli stessi ebrei israeliani, sono manifestazioni della putrefazione del
progetto sionista. Il cosiddetto "Piano di Pace di Ginevra" abbozzato
da settori laburisti del sionista e dai leader borghesi palestinesi è un
tentativo reazionario non solo di riesumare gli Accordi di Oslo nelle condizioni
più sfavorevoli alle aspirazioni nazionali dei palestinesi, ma soprattutto di
aiutare gli imperialisti, Usa e il suo alleato sionista, nell'empasse mortale a
cui si trovano innanzi in Iraq e nel Medio Oriente nel suo complesso.
La
destabilizzazione prodotta dalla guerra ha alimentato la crisi irrisolta nella
Russia post-sovietica e nell'intera regione ex-sovietico. L'offensiva del regime
di Putin contro un settore dell'oligarchia, la caduta del centrosinistra in
Croazia e il collasso del regime di Shevardnadze in Georgia manifestano nuovi
sconvolgimenti nel processo di restaurazione capitalista che diventa, di
converso, un fattore della crisi mondiale.
La
minaccia di un "nuovo Vietnam" per gli Stati Uniti approfondisce la
crisi politica all'interno delle metropoli americane e dei suoi accoliti, il
governo Blair in Inghilterra divide le classi dominanti, acuisce il conflitto
tra Europa e America, e da impeto al movimento di massa contro la guerra, che
continua dopo la storica mobilitazione universale del 15 febbraio 2003, come
dimostra l'enorme manifestazione di 200 mila persone a Londra contro la visita
di Bush.
La
"guerra infinita al terrore" dell'imperialismo non ha aperto una via
d’uscita dalla crisi sistemica, né ha terrorizzato la gran parte degli
oppressi, ma piuttosto ha reso la crisi ancora più irrisolvibile e ha
accelerato internazionalmente la tendenza verso rivolte rivoluzionarie.
A
seguito di una serie continua di rivolte in America Latina -il cortile
dell'imperialismo Usa- contro il Fmi, il supersfruttamento della finanza globale
e la globalizzazione della miseria, in Ecuador nel 2000, in Perù, in Venezuela
contro il golpe orchestrato dall'imperialismo Usa e l'oligarchia locale, in
Bolivia nel 2000 e dopo, soprattutto in Argentina nel dicembre 2001, gli eventi
che hanno sconvolto la Bolivia nell'ottobre 2003, rappresentano un salto
qualitativo: la necessità e la possibilità di prendere il potere da parte di
una rivoluzione proletaria appoggiata dai contadini poveri e dalle popolazioni
indigene sono state poste nel modo più evidente.
Ma
la rivoluzione boliviana ha mostrato nella maniera più evidente il ruolo
controrivoluzionario giocato nelle condizioni attuali dai governi di
centrosinistra, e dei suoi alleati movimentisti di sinistra, per assicurare la
continuità dell'ordine capitalista borghese democratico-costituzionale.
Astrazioni come, ad esempio, la democrazia borghese, "l'autogestione",
e anche i diritti indigeni sono contrapposti all'"autoritarismo" della
rivoluzione e alla necessità di rompere la macchina statale, soprattutto tutti
i corpi armati delle classi dominanti, per mezzo della dittatura del
proletariato.
Il
governo Lula in Brasile, appoggiato dal governo Kirchner in Argentina, ha
mediato con Evo Morales, leader del Mas in Bolivia, per la "soluzione
costituzionale" che ha insediato Mesa come Presidente e impedito ai
lavoratori e ai contadini insorti di prendere il potere.
E'
lo stesso governo Lula, così idolatrato dai guru "altermondialisti"
del Forum Sociale Mondiale, che conduce, proprio in Brasile, i più violenti
attacchi neoliberali ai diritti previdenziali, all’istruzione pubblica, e al
Movimento dei Sem Terra che rivendica una riforma agraria. Nei primi nove mesi
del governo Lula quarantaquattro contadini sono stati uccisi, e leader del Mst
come Josè Rainha sono stati imprigionati e processati. In quel governo la
posizione del ministro che si occupa precisamente della questione agraria è
occupata da Miguel Rossetto, uno dei leader di "Democrazia
Socialista", la sezione brasiliana del cosiddetto "Segretariato
Unificato della Quarta Internazionale".
Il
Segretariato Unificato, che ancora usurpa il nome dell'Internazionale
rivoluzionaria fondata da Leon Trotsky e dai suoi compagni nel 1938, non espelle
i collaborazionisti di classe e li copre, senza opporsi alla loro presenza
all’interno del governo capitalista neoliberale e pro Fmi, trovando
"aspetti positivi" nella politica del governo Lula, particolarmente
nella sua.....politica internazionale e nel suo atteggiamento.... sulla
questione agraria!
La
politica "brasiliana" del Segretariato Unificato è una continuazione
della sua "politica interna" in Europa e in particolare in Francia,
dove la sua sezione, la Lega Comunista Rivoluzionaria, nel suo recente Congresso
Nazionale, ha cambiato il suo Statuto abbandonando anche formalmente il
riferimento all'obiettivo strategico della dittatura del proletariato….
…in
una capitolazione strategica alle classi dominanti
[formulazione appoggiata da Jorge Altamira e Michael Savas Matsas]
…nel
nome di un'utopica e de facto a-classista "democrazia rivoluzionaria" [formulazione appoggiata da Peter Johnson e Franco Grisolia]1
Questo
cambiamento è assolutamente coerente con la politica sia in Francia, dove nel
nome della difesa della democrazia hanno fatto appello a votare per Chirac nel
secondo turno delle elezioni Presidenziali del 2002, così come a livello
internazionale.
Nell'ultimo
Congresso Mondiale del Suqi (così come nel Congresso della Lcr), è stato
dichiarato che "il ciclo storico apertosi con la Rivoluzione d'Ottobre si
è chiuso" e che una nuova Internazionale emergerà, attraverso
raggruppamenti nel quadro del "movimento dei movimenti" "no-global"
o "altermondialista", come sua "espressione politica", senza
essere in continuità con la tradizione storica
della classe operaia, attraverso la Prima, Seconda, Terza e Quarta
Internazionale e senza avere la forma di un Partito Mondiale della Rivoluzione
Socialista. Il metodo e il programma di rivendicazioni transitorie sono respinti
e rimpiazzati da un programma riformista, da nessun programma del tutto,
o infine dalla "Carta di Porto Alegre" del Fsm (l'"Appello ai
Movimenti Sociali").
La
realtà di un "altro mondo possibile" avanzata dai leader dei
movimenti del Forum Sociale Mondiale e dal Forum Sociale Europeo si è
dimostrata chiaramente come illusoria e nei fatti subalterna alla dominazione
del capitale internazionale. Questo vale, anche, in particolare, per la
cosiddetta sinistra "alternativa" o "anticapitalista", che
ha presentato il Partito della Rifondazione Comunista, guidato da Fausto
Bertinotti, come il centro di un nuovo raggruppamento delle forze politiche di
sinistra, per lo meno sul terreno europeo. La rapida svolta di Bertinotti nei
mesi recenti verso l'unità con il centrosinistra liberale italiano (la
coalizione dell'Ulivo) in una prospettiva di ricambio borghese di governo mostra
che la prospettiva della "Sinistra Anticapitalista Europea" - portata
avanti sia dal Suqi (Lcr) che dalla Tendenza Socialista Internazionale (Swp in
Inghilterra) - rappresenta nient'altro che una copertura di sinistra alla
politica di attacchi alla classe operaia portata avanti dalla totalità della
socialdemocrazia e dai vari centrosinistra.
La
questione non è semplicemente quella di dare una espressione politica ai
movimenti sociali o di risolvere la "crisi di rappresentanza" della
classe operaia con l'estrema sinistra che occupa il vuoto lasciato dalla
bancarotta delle burocrazie tradizionali di sinistra, socialdemocrazia e
stalinismo. La classe operaia internazionale stessa, sotto l'impatto della
corrente mondiale di crisi del capitalismo deve diventare una classe per se,
lottando per la sua dittatura rivoluzionaria per aprire la strada a una società
senza classi. La lotta per la rivoluzione socialista, per la dittatura del
proletariato e la transizione al comunismo mondiale, e per la costruzione di una
Internazionale rivoluzionaria sono compiti indissolubilmente legati della classe
operaia, della sua avanguardia, e di tutti gli oppressi.
La
storica divergenza con la nostra battaglia per rifondare la Quarta
Internazionale sulla base dei quattro principi della nostra Dichiarazione di
Genova del 1997 non può essere più
netta:
1.
Noi sottolineiamo l'attualità della rivoluzione socialista e della
dittatura del proletariato.
2.
Noi denunciamo qualsiasi forma di collaborazione di classe e di
"fronte popolare".
3.
Noi sottolineiamo la necessità del Programma di rivendicazioni
transitorie, basato sul metodo del Programma di Transizione della Quarta
Internazionale delle origini, che leghi le lotte immediate con la mobilitazione
sistematica delle masse per la rivoluzione socialista.
4.
Noi sottolineiamo che la rivoluzione socialista mondiale che ha aperto il
suo ciclo nell'Ottobre del 1917 in Russia non è terminata; la nostra epoca è
l’epoca del declino imperialista del capitalismo e della transizione al
comunismo mondiale, un'epoca di guerre e rivoluzioni, come l'Iraq e la Bolivia
ci ricordano. Una Internazionale rivoluzionaria del proletariato e degli
oppressi è necessaria ora più che mai; e questa Internazionale non può che
essere basata su un programma rivoluzionario e su tutte le esperienze di lotta
per l'emancipazione, non sull'amnesia storica né sulla mancanza di programma,
che sempre facilita la collaborazione di classe e che conduce inevitabilmente al
tradimento e alla sconfitta. Per queste ragioni, proponiamo a tutte le forze
rivoluzionarie d’avanguardia, provenienti dal movimento trotskysta e non, che
la nuova internazionale dovrebbe essere la Quarta Internazionale rifondata.
La
velocità degli sviluppi mondiali rende necessario accelerare la nostra
battaglia. Il Congresso Internazionale del prossimo Aprile a Buenos Aires
dovrebbe essere al centro dei preparativi coscienti di tutti i rivoluzionari,
sia dentro che fuori il quadro del Mrqi. Il programma e i prossimi passi verso
l'Internazionale sono i compiti più urgenti di questa fase storica in ogni
paese e in ogni continente.
Il
Comitato di Coordinamento del Movimento per la Rifondazione della Quarta
Internazionale
Roma,
25 novembre 2003