Dibattito
nel Prc
La
religione è ancora “l’oppio dei popoli”
di
Ruggero Mantovani
Se
la non violenza ha il compito di combattere la regressione di civiltà indotta
dalla globalizzazione capitalistica e la conquista del potere da parte della
classe operaia, rappresenta un male da estirpare alle radici, per il compagno
Fausto Bertinotti neppure la religione rappresenta più “l’oppio dei
popoli”.
Una
posizione quella del segretario non certamente personale, ma che trova la sua
giustificazione in un lungo e profondo processo di revisione del marxismo, che
ha attraversato il movimento comunista nel Novecento, e che tanto più oggi
rischia di sbiadire persino quella tenue percezione simbolica che il Prc
riflette su ampi settori di massa.
E
così per la Rifondazione comunista di Bertinotti, se la religione non è più
“l’oppio dei popoli”, è necessario un “riavvicinamento con i grandi
temi della spiritualità”, con la chiesa del Concilio Vaticano II e persino
con Karol Woityla, che è passato alla storia per aver condotto la santa
crociata contro il comunismo.
Un
dettaglio evidentemente ininfluente, un fatto ormai relegato negli angoli
immutabili della storia, poiché la chiesa di Woityla avrebbe dimostrato, sempre
a detta dei nuovi esegeti del cattolicesimo in salsa bertinottiana, attenzione
ai problemi del terzo mondo, al tema della pace e alla critica del capitalismo.
L’esaltazione
della spiritualità esercitata in particolar modo dalle religioni monoteiste, si
contrapporrebbe all’aridità del mercato e alla regressione di una
“modernizzazione versus modernità”[i]
che caratterizzerebbe l’era della globalizzazione capitalistica.
Per
quest’impostazione, dunque, la religione non costituisce più
un’alienazione, una forma di nevrosi, l’aureola di una società dilaniata
dai conflitti di classe, una sovrastruttura sociale (giusto per rimanere al
vecchio Marx), ma uno strumento di critica al nuovo ordine imperiale.
Ma
di là degli aspetti interpretativi e della percezione di alcune tendenze che le
religioni oggi esprimono, questo tema, così come la teologia bertinottiana
sulla non-violenza, travalica il livello teorico ed irrompe prepotentemente nel
mondo profano del manovrismo politico: l’accordo programmatico con l’Ulivo
per le elezioni politiche del 2006.
E
così la patina di suggestive dissertazioni sulla spiritualità, mostra il suo
autentico profilo: accreditarsi quale forza responsabile nei salotti della
borghesia italiana, e agli occhi di quel potere ecclesiastico che di quegli
interessi materiali ne è il suo “aroma spirituale”.
Ma
quest’impostazione non è legata alla contingenza di una svolta politica del
Prc, ma ha caratterizzato un lungo corso storico impiantando la sua pratica
nella collaborazione di classe e affondando le sue radici nelle visioni
apologetiche staliniane e neoriformiste, che hanno segnato gran parte dei
fallimenti della storia del movimento operaio.
Questa
prospettiva fa emerge la necessità di una legittimazione teorica, la
costruzione di una sovrastruttura che sia in grado di trovare improbabili punti
di convergenza con la religione e con le sue strutture ecclesiastiche, che
rappresentano oggi come ieri il principale baluardo della conservazione
dell’ordine esistente.
Riteniamo
quest’impostazione un errore pericoloso per il nostro partito!
L’esaltazione
di un fantomatico “anticapitalismo” e “pacifismo” del papato, riflesso
con massicce campagne mass-mediologiche propinate su Liberazione
e concepito in una logica di comune ricerca, non tiene conto della funzione
materiale del Vaticano nell’ordine capitalistico.
Una
funzione che emerge dall’intreccio tra le gerarchie ecclesiastiche e la
proprietà capitalista nel settore finanziario, immobiliare e terriero e che
costituisce la base materiale del potere temporale del Vaticano.
Certamente
gli interessi reali del potere ecclesiastico hanno bisogno di conquistare il
consenso tra le masse oppresse, di precostituire strumenti simbolici ed
immaginari che irrompono nella coscienza arretrata di milioni di sfruttati nel
mondo.
Da
questa prospettiva le aperture della chiesa alle istanze sociali o
antiglobalizzazione e la critica all’assolutismo del mercato, non possono
essere ricercate nell’anticapitalismo (come pretenderebbe Bertinotti), ma in
un anti-materialismo ideologico, che se da lato si pone in aperta concorrenza e
lotta al marxismo sul terreno della conquista delle masse oppresse; dall’altro
si esprime nelle posizioni reazionarie del papato sul terreno dei diritti
civili, dell’autodeterminazione della donna, dell’istruzione e dei diritti
degli omosessuali e delle lesbiche.
La
ricerca di punti di saldatura tra la dottrina sociale della chiesa e il marxismo
e l’enfatizzato dialogo con la chiesa del Concilio Vaticano II, in definitiva
è il risultato di un’impressionistica ricostruzione della vicenda storica e
materiale della chiesa cattolica.
Certamente,
i fermenti post-conciliari produssero aperture progressiste della chiesa,
arrivando come nel caso della “teologia della liberazione” a radicalizzare
posizioni apparentemente contigue al marxismo.
Ma
è bene ricordare che nei primi anni sessanta queste inedite aperture del mondo
ecclesiastico, se da un lato servirono a costruire la legittimazione della nuova
fase dei governi di centrosinistra, necessari alla borghesia italiana per
governare l’accumulazione capitalistica post-bellica; dall’altro furono
utilizzate, in diretta concorrenza alle forze marxiste, per anestetizzare una
nuova generazione del mondo cattolico contagiata dalla crisi rivoluzionaria del
1968-'69.
D'altronde,
se papa Giovanni XXIII, passato alla storia (ahi noi!) come il “papa
rivoluzionario”, nel 1961 con l’enciclica Mater
et Magista dichiarava una “opposizione radicale tra il comunismo e
cristianesimo”, e in piena continuità
con i papi reazionari riconosceva
la proprietà privata come diritto
naturale, i settori più radicali che si svilupparono dal tanto osannato
fermento post-conciliare, in particolare nell’America meridionale, nonostante
un conflitto reale con la chiesa cattolica, scelsero sì di combattere contro le
dittature militari, in nome dei poveri e in qualche caso si unirono ai processi
rivoluzionari, ma rifiutando costantemente sia l’alternativa socialista e sia
la dittatura del proletariato.
Certamente,
non si tratta di banalizzare fenomeni che sul terreno della pratica hanno fatto
emergere gravi contraddizioni all’interno della chiesa e delle sue gerarchie,
né tanto meno essere ingenerosi con chi ha reso pubblico il suo dissenso
schierandosi con gli strati più poveri della popolazione: dai sacerdoti di San
Luis in Argentina, che nel 1968 scrissero una lettera aperta sulla grave
situazione sociale della popolazione; alla dichiarazione della chiesa boliviana
che sempre nello stesso anno puntò il dito contro il potere ecclesiastico;
dalle dichiarazioni di Don Fragoso in Brasile che chiedeva la generalizzazione
della proprietà privata; al coraggio del prete Camillo Torres, che in Colombia
lasciò la chiesa per combattere con i partigiani dell’Eln, fino
all’innegabile apporto dei movimenti cristiani alla rivoluzione progressista
in Nicaragua.
Un
dissenso di un settore radicale del cattolicesimo che ancora oggi fa sentire le
sue critiche persino contro il governo Lula in Brasile, preso enfaticamente a
modello dal gruppo dirigente maggioritario del Prc.
Un
contrasto profondo che in particolare è stato espresso dalla conferenza
episcopale brasiliana[ii]
contro il Ministro per lo sviluppo agricolo Rossetto[iii],
responsabile di aver “usato la mannaia”
contro le occupazioni dei Senza-Terra.
Una
serie d’esperienze che negli ultimi trent’anni hanno contribuito ad
elaborazioni di una nuova teologia (della lotta, della liberazione), che ha
tentato di far riemergere le impostazioni dei primi cristiani, che lo stesso
Engels riteneva “all’origine un movimento di oppressi… e
come il socialismo europeo predicava un imminente riscatto dalla schiavitù
e dalla miseria”[iv]
Un
riscatto, però, che il cristianesimo ricerca in cielo, in un altro mondo
(possibile! direbbe Bertinotti), che estranea l’uomo dalle sue qualità e pone
al centro un dio che sottrae ai produttori la storia e in definitiva il suo
riscatto su questa terra: “il socialismo (asseriva Engels) lo pone in questo
mondo, nella trasformazione della società ”[v]
Riteniamo
che questo sia il punto!
Non
si tratta, come fa Bertinotti, tra l’altro maldestramente e con finalità poco
nobili, di impostare una critica sulla prassi della chiesa, secondo cui
“un conto è dialogare con la chiesa del concilio e un conto con quella del
sillabo”.[vi]
Per
i marxisti l’essenza della religione sta nell’affrontare il rapporto di
dipendenza tra l’uomo e dio, nel lottare contro l’alienazione delle libertà
umane, che si traduce nell’ordine capitalistico nella sottrazione della
ricchezza alla forza lavoro e nel conflitto tra lavoro e capitale.
Insomma
direbbe Marx (che pare sia divenuto per Bertinotti non un punto di partenza ma
di arrivo): “spieghiamo la soggezione religiosa dei liberi cittadini con la
loro soggezione terrena. Affermiamo che essi sopprimeranno la loro limitatezza
religiosa non appena avranno soppresso i loro limiti terreni”[vii].
In
definitiva, per Marx “ la questione del rapporto tra l’emancipazione
politica e la religione diviene la questione del rapporto tra l’emancipazione
politica e l’emancipazione umana”.[viii]
L’emancipazione politica dello Stato laico e democratico, che si è modellato
storicamente sulle costituzioni nordamericane e sul riconoscimento dei
cosiddetti diritti dell’uomo, i droits
de l’homme, (il diritto alla proprietà privata, innanzi tutto), ha
liberato l’uomo dal pregiudizio religioso in “ modo astratto e limitato ”,
poiché è avvenuto per messo della mediazione, “seppur necessaria”, dello
Stato, che si è reso garante degli egoismi di classe che dilaniano la società
capitalista.
Per
Marx ,“la religione è appunto il riconoscersi dell’uomo per via indiretta.
Attraverso un mediatore. Lo Stato è il mediatore tra l’uomo e la libertà
dell'uomo. Come Cristo è il mediatore che l’uomo carica di tutta la sua
divinità, di tutto il suo pregiudizio religioso, così lo Stato è il mediatore
nel quale egli trasferisce tutta la sua mondanità, tutta la sua
spregiudicatezza umana ”[ix].
Di
conseguenza per il marxismo “ la critica della religione è il presupposto di
ogni critica”, poiché “ la religione è la teoria generale di questo mondo,
la sua logica in forma popolare (..). La religione è il sospiro della creatura
oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore… Essa è l’oppio del popolo
”.[x]
.
Per
Marx, l’uomo non si libera del pregiudizio religioso neppure se lo Stato si
dichiarasse ateo, poiché se la religione sottrae all’individuo le sue qualità,
lo Stato democratico e laico erge la proprietà privata a diritto naturale,
alienando (sottraendo) alla forza lavoro la ricchezza prodotta.
E’
questo fenomeno di aspettazione e alienazione che sostiene il carattere
reazionario in particolare del cattolicesimo, che come riteneva Marx “ha
giustificato la schiavitù antica, glorificando il servaggio medioevale,
approvato l’oppressione, magari con aria non poco contrita. I principi sociali
del cristianesimo dichiarano che tutte le infamie commesse dagli oppressori
contro gli oppressi sono il giusto castigo imposto da Dio alle anime
salvate”.
Il
cristianesimo da “concezione infantile dell’umanità”[xi]
e forma di superstizione, è
divenuta nella storia culto collettivo, predisponendo strumenti simbolici ed
immaginari su cui sostenere il proprio potere temporale.
Non
si tratta certamente di rivendicare un partito ideologico, poiché lo stesso
marxismo deve essere concepito come programma di trasformazione, guida per
l’azione e non come un culto civile.
E
difatti, non è un caso che nei primi anni dopo la rivoluzione bolscevica è
Trotsky a ricordare che “per liberare le masse popolari dai riti e dalla
sottomissione alla Chiesa acquisiti dall’abitudine, la propaganda
antireligiosa non sarebbe bastata (…)"[xii],
ma il pregiudizio religioso poteva essere superato con la costruzione di nuove
forme di vita sociali, necessarie per la piena realizzazione del socialismo.
E
allora, tanto più oggi, a quella giovane generazione ben presente nel movimento
antiglobalizzazione e pacifista, e alla stessa classe operaia, va spiegato che i
comunisti non lottano genericamente per i poveri del mondo, ma per tutti i
proletari contro ogni sfruttamento, sia quello che si manifesta in forme brutali
nei paesi dipendenti e sia quello, sempre meno travestito, delle democrazie
borghesi.
Di
conseguenza un'autentica opposizione comunista non può attestarsi alla ricerca
di un presunto anticapitalismo della chiesa in una logica di ricerca comune,
rinunciando ad una battaglia anticlericale e ritenendo persino “dannoso un
laicismo che pretenderebbe di togliere il crocefisso dalle scuole”.[xiii]
Un’opposizione
comunista, ha il compito di recuperare una coerente proposta programmatica sullo
stesso terreno delle lotte democratiche, con l’apertura ad esempio di una
campagna di massa per l’abolizione del concordato tra Stato e chiesa, per
smascherare il potere del papato e delle gerarchie ecclesiastiche.
Un’opposizione comunista deve assumere come finalità la conquista di settori
di massa del mondo cattolico e far emergere il generico anticapitalismo alla
prospettiva socialista, disvelando le enormi contraddizioni tra le esigenze
progressiste e la natura reazionaria della chiesa.
Un’autentica
rifondazione comunista ha il dovere di costruire un “fronte unico” con i
settori avanzati e radicali del mondo cattolico, ma sul terreno delle
rivendicazioni democratiche, per costruire le forme e il potere di un blocco
sociale alternativo, che si ponga l’obiettivo transitorio di privare il
fenomeno religioso dei suoi legami con la chiesa e il suo potere temporale, e
far regredire il culto collettivo
ad un’opzione personale.
Il
marxismo non è una fede che abolisce la religione, ma assume il compito di
superarla a partire dai settori più coscienti del mondo religioso, per
costruire quel nuovo ordine sociale che non dovrà più ricorrere all’oppio
della superstizione.
Una
forma di civiltà superiore a qualsiasi società mai esistita fin d’ora.
Una
società che orgogliosamente chiamiamo comunismo.
[i] F.Bertinotti Per una pace infinita Ed Ponte alle grazie.
[ii] Di cui il più significativo organismo è la Commissione Pastorale della terra, nata a Goiania nel 1975 sull’onda della Teologia della Liberazione e del Concilio Vaticano II.
[iii] Dirigente del segretariato unificato la cui la sezione italiana è rappresentata nel PRC dai compagni di bandiera rossa.
[iv] Engels “Sulle origini del cristianesimo (scritti 1883 –1895) Ed. Riuniti)
[v] Engels “Sulle origini del cristianesimo (scritti 1883 –1895) Ed. Riuniti)
[vi] Liberazione novembre 2003
[vii] Marx - La questione ebraica.
[viii] K.Marx La questione ebraica, pag. 13, Ed.Riuniti
[ix] K.Marx La questione ebraica, pag. 13, Ed.Riuniti
[x] K.Marx Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, pag. 49 Ed.Riuniti
[xi] Heinrich Heine – poeta.
[xii] L.Trotsky rivoluzione e vita quotidiana, pag. 65 Ed. Savelli
[xiii] Intervista di Bertinotti su Liberazione novembre 2003