Dichiarazione di voto finale di Marco Ferrando per Progetto Comunista al Congresso di Venezia

 


La relazione e replica del segretario confermano e aggravano le ragioni di dissenso che come progetto comunista - terza mozione - abbiamo sostenuto in congresso: sia in riferimento alla linea politica sia in riferimento alla ristrutturazione del partito e alle relazioni interne.

La linea politica di governo è stata non solo riproposta ma razionalizzata sotto forma di “compromesso sociale” con la cosiddetta “borghesia produttiva”: così nel nome del “nuovo”, si ritorna alle vecchie illusioni riformiste del centrosinistra degli anni ‘60, per di più nel momento storico in cui la credibilità del riformismo è azzerata dalla crisi capitalistica e dal rilancio della competizione globale. Non a caso Romano Prodi ha così definito, testualmente, la relazione del segretario: “La proposta di un partito socialista pienamente riformista, compatibile con le responsabilità di governo”. Un giudizio purtroppo fondato e, dunque, l’esatta misura della gravità dell’attuale svolta politica.

Quanto al fatto che Bertinotti ci assicuri che “sarà sempre con gli operai ma che non vuole regalare per sempre il governo ai padroni”, vorrei osservare che la migliore retorica non può cancellare la realtà: se vai al governo con i padroni, ti schieri inevitabilmente contro gli operai. Non conta dove sta la tua anima o la tua intenzione. Conta la tua collocazione materiale, politica e sociale. Come tutte le coalizioni di governo con i liberali hanno comprovato nella storia.

La ristrutturazione che è stata operata degli organismi del partito è direttamente legata a questa prospettiva di governo. Quando si vuole guidare la nave del partito verso il porto di Romano Prodi è logico si pretenda il monopolio del timone, tanto più sapendo che il mare è burrascoso e che la ciurma non è convinta della rotta. Così si spiega l’apparente assurdità di una segreteria omogenea senza minoranze, di una direzione nazionale senza la presenza al suo interno della segreteria, di un comitato operativo senza la presenza al suo interno della direzione.

La ristrutturazione imposta a colpi di maggioranza semplice, il cui significato è uno solo: tutto il potere si concentra nelle mani del segretario, la direzione nazionale è ridotta a un parlatoio ininfluente, alle minoranze resta solo il “diritto di tribuna”. Il fatto che questo avvenga in presenza di minoranze attestate oltre il 40% rende il tutto ancora più abnorme.

Questa linea di rottura totale con l’altra metà del partito che Bertinotti ha voluto imporre apre una fase nuova nel Prc. Le ipotesi di “condizionamento critico” della linea del segretario che altre mozioni avevano sinora perseguito sono politicamente fallite ed hanno esaurito ogni spazio. L'attuale ricollocazione all’opposizione da parte dei compagni del secondo e del quarto documento è la registrazione di questo fatto.

Ora il 40% del partito ha una grande responsabilità. Quella di costruire insieme, finalmente, una prospettiva politica coerentemente alternativa alla deriva governista, puntando alla conquista della maggioranza del partito e ad un altro gruppo dirigente. Sulla base di un impegno di fondo: salvare l'esistenza, irrinunciabile, di un'opposizione comunista e di classe in Italia.

In ogni caso, Progetto comunista si batterà sino in fondo nel Prc per affermare questo impegno.