L'ESITO DELLE ELEZIONI E LA PROSPETTIVA DEL PRC
Avremo modo di approfondire nei prossimi giorni un giudizio sull'esito delle elezioni amministrative. L'elemento su cui vogliamo richiamare qui l'attenzione è il commento corale della stampa di sinistra secondo cui queste elezioni imporrebbero -sul piano nazionale- il "modello Roma", cioè l'alleanza tra centrosinistra e Prc per battere Berlusconi.
di CLAUDIA TERRACINA
ROMA— «Il no alla guerra e l’attenzione al lavoro e ai
bisogni della gente. E’ questa la formula magica che ha fatto volare il
centrosinistra allargato a Rifondazione». Fausto Bertinotti commenta a caldo i
primi dati delle amministrative e sorride perchè, ancora una volta, ha
funzionato quello che lui chiama «il laboratorio Roma». Con un di più
rispetto alle passate elezioni politiche. «Questa volta abbiamo fatto una
campagna elettorale forte in cui sono entrati prepotentemente i temi della
difesa della pace e profonde connotazioni riformiste. A Roma Enrico Gasbarra è
stato un candidato ideale».
Eppure, onorevole Bertinotti, Gasbarra è un ex
democristiano. Niente di più lontano da Rifondazione..
«Non è vero. Il nuovo presidente della Provincia di Roma è stato molto
attento ad allargare la coalizione di centrosinistra e non l’ha fatto
strumentalmente, ma assumendo come sue le nostre battaglie, a partire da quella
sulla pace, per la quale ha subito associato il suo nome alla bandiera
arcobaleno».
Operazione che è stata però criticata dai movimenti.
«E sbagliavano perchè saltava agli occhi l’adesione reale, sincera, a questi
temi. Essere uniti è fondamentale per vincere, ma non basta».
Non è quindi sufficiente allargare l’Ulivo?
«Serve ovviamente, ma occorre anche una svolta nei programmi che vanno
condivisi».
I risultati di Roma e della Sicilia hanno premiato il
suo partito, e anche i Ds, i Verdi e i Comunisti italiani, ma hanno penalizzato
la Margherita. Sembra che la coalizione ulivista stia pendendo decisamente a
sinistra. Cosa che le farà piacere, Bertinotti.
«E invece no. Intendiamoci. Sono felice del nostro risultato e faccio notare
che l’Ulivo perde smalto laddove ha creduto di essere autosufficiente, come a
Brescia. Ma sarebbe sbagliato leggere in modo univoco il risultato della
Margherita, la cui presenza è fondamentale nella coalizione. Del resto,
Gasbarra è della Margherita. Proprio ora non dobbiamo essere manichei».
L’entusiasmo per questa vittoria la sta tirando verso
il centro, Bertinotti?
«Ma no. Dico solo che occorre prestare attenzione a tutte le componenti
dell’opposizione che, in questi mesi, hanno dato il loro contributo decisivo
alla vittoria. Per esempio, non dobbiamo trascurare il ruolo che hanno avuto i
cattolici nella battaglia per la pace».
Sta facendo un invito all’Ulivo che verrà,
Bertinotti?
«La mia è una pura e semplice constatazione. Vorrei ricordare che anche alle
elezioni provinciali di cinque anni fa eravamo uniti, eppure abbiamo perso. Ora
invece qualcosa si muove anche in Sicilia».
Che cosa vi occorre, dunque, per tornare a vincere?
«Bisogna dare un segno di svolta e di rinnovamento. Intanto, ricomporre la
coalizione è già un segnale di cambiamento. Ma non basterebbe se non si fosse
data un’anima a questa alleanza, che si è riconosciuta nella forte
mobilitazione contro la guerra e nella promozione dei diritti dei più deboli,
ponendosi come vera alternativa alla destra. Infine, in questo voto c’è anche
una avversione crescente a questo governo. In Italia sta spirando lo stesso
vento che soffia in Europa, a partire dalla Spagna, dove è in crisi la destra
di Aznar, pure più presentabile della nostra».
Lei parla di programmi condivisi e festeggia insieme ai
partiti dell’Ulivo. Ma questa unità finirà già il 15 giugno al referendum
sull’articolo 18.
«Direi che questo risultato può essere il primo passo verso un percorso
diverso. Approfittiamone per spostare i rapporti politici del Pese, partendo
dalla grande questione dei diritti dei lavoratori. Questa per il centrosinistra
è l’occasione per ripensare la sua posizione anche di fronte al disvelamento
di Berlusconi che ha individuato il referendum come il principale avversario».