Marxismo rivoluzionario n. 1 – documento

 

GLI OBIETTIVI DELLA GESTIONE OPERAIA

 Dal programma della terza assemblea nazionale dei lavoratori

 

 

1. Assistiamo alla bancarotta di un sistema di produzione. I padroni fuggono dalle fabbriche dimostrando ora più che mai l’incapacità della classe capitalista di farsi carico della produzione. La loro funzione sociale e economica è esaurita. Ciò pone all’ordine del giorno la necessità di una trasformazione sociale nella quale i lavoratori sono chiamati a giocare un ruolo da protagonisti. Il principale ostacolo alla produzione è proprio il capitale. I costi del lavoro sono ridotti al minimo, mentre lo sfruttamento è stato innalzato al massimo. La politica di flessibilità del lavoro, tuttavia, non è servita a far sì che le imprese restassero a galla. Il problema non è, pertanto, il costo del lavoro, quanto il costo dell’impresa. Grissinopoli, Chilavert, Ghelco, Brukman, Zanon, così come le decine di altri impianti nelle stesse condizioni, sono “vitali”. Ciò che li rende “non vitali” è la voracità e il parassitismo padronali. La migliore dimostrazione di ciò è data dai numerosi esempi di produzione sotto controllo operaio.

2. Chiamiamo a sviluppare la gestione operaia delle fabbriche mediante l’esproprio dei macchinari, degli edifici, del capitale delle imprese e la loro consegna ai lavoratori.  Non si tratta di fabbriche autogestite, in cui l’operaio recita la parte del padrone, mette alla prova la fortuna e finisce distrutto dalla concorrenza capitalistica. Non propugnamo neppure la statalizzazione capitalistica. La mera statalizzazione non solo è una misura economica di riscatto del capitale privato, ma è anche un intervento politico dello Stato capitalistico in difesa del sistema di sfruttamento dei lavoratori.

3. Denunciamo e combattiamo tutti gli ostacoli che si frappongono allo sviluppo di una gestione operaia. Il primo consiste nella pre­te­sa che noi operai ci facciamo carico dei debiti dell’impresa – trasformati in un’ipoteca inestinguibile – e che per di più aggiungiamo nostro denaro, rinunciando ai nostri indennizzi o ai crediti salariali che il padronato ci addebita come arretrati e differenze salariali.

Un secondo ostacolo è rappresentato dal fatto che come lavoratori possiamo contare a malapena su un “uso provvisorio” degli impianti, per i quali dobbiamo pagare l’affitto. Siamo sottoposti così all’arbitrio del padrone o del giudice che possono decidere in qualunque momento lo sgombero dello stabilimento. Gli espropri approvati fino ad ora dalle assemblee legislative [a livello provinciale, ndr] non sono altro che “dichiarazioni” senza valore legale: il potere esecutivo può bloccare l’esproprio entro la scadenza autorizzata in modo tale che gli operai siano costretti ad assumersi l’onere di acquistare gli attivi se vogliono evitare la chiusura.

In terzo luogo la mancanza di capitale di lavoro (per le materie prime, i servizi, i salari) riduce i lavoratori ad ostaggi del proprio padrone o di un altro gruppo economico, il quale anticipa i fondi per il pagamento di tutto il necessario.

Di fronte alla situazione esposta, occorre predisporre una serie di misure indispensabili per garantire il futuro alla gestione operaia:

• esproprio degli attivi e loro trasferimento gratuito ai lavoratori, entro un massimo di 30 giorni;

• assunzione dei debiti da parte dei padroni, che devono farvi fronte con i loro beni e il loro patrimonio personale;

• concessione di un sussidio non reintegrabile (a fondo perduto) che permetta ai lavoratori di contare sul capitale di lavoro necessario per riattivare il processo produttivo;

• trasformazione di tutte le fabbriche in mano ai lavoratori in fornitori privilegiati dello Stato, in modo che i loro prodotti servano a soddisfare le necessità di ospedali, scuole, assistenza sociale, abitazioni e altri settori pubblici.

4. Chiamiamo ad occupare ogni fabbrica che licenzi o che sospenda o che sia in fase di “svuotamento” e a metterla nuovamente in produzione. Dobbiamo anticipare gli avvenimenti. Quando viene dichiarato il fallimento o viene chiesto l’intervento dei creditori, la distruzione dell’impresa è già iniziata o si è già totalmente compiuta. Dobbiamo intervenire al primo sintomo per impedire che tale processo di svuotamento avanzi. Esigiamo l’apertura dei libri, dei conti e degli inventari di tutte le imprese e la loro supervisione da parte dei lavoratori. Ogni ritardo nel pagamento dei salari o degli oneri sociali è causa sufficiente per estendere questa super­visione operaia al movimento giornaliero dei fondi dell’impresa. La supervisione operaia ha come scopo principale quello di garantire che le entrate siano utilizzate in primo luogo per il pagamento dei salari operai. Quando il ritardo nel pagamento di stipendi, pensioni o opera sociale supera i due mesi o sia discontinuo per due volte in un anno, si sospenda o licenzi, o vi siano manovre irregolari che facciano sospettare uno svuotamento (trasferimento di macchinari, mancanza di approvvigionamento di materie prime, ecc.), questi fatti devono essere letti come indicatori dell’incapacità dell’imprenditore di portare avanti l’impresa. Il padrone dev’essere sostituito nelle sue funzioni e la gestione dell’impresa assunta dai lavoratori, come punto di partenza e di passaggio nella lotta per l’esproprio.

5. La lotta per la riapertura delle fabbriche deve estendersi fino ad includere gli impianti chiusi. L’incontro invita a preparare un elenco degli stabilimenti inattivi e a chiedere l’intervento dello Stato per metterli di nuovo in funzione, ciò che (insieme ad un piano di opere pubbliche) permetterà di assorbire la mano d’opera disoccupata. Questa richiesta permette di unificare lavoratori occupati e disoccupati in un movimento comune di lotta per la difesa e il recupero di posti reali di lavoro.

6. Invitiamo a rafforzare i fondi di sciopero delle fabbriche in lotta. Non si tratta solamente di uno strumento tradizionale per garantire la sussistenza ai lavoratori in lotta. La raccolta di risorse è fonda­men­tale per sostenere l’avvio dell’impresa operaia e per impedire che lo strangolamento economico finisca per soffocare la nuova esperienza avviata dai lavoratori.

7. La recente approvazione, da parte della commissione per lo sviluppo economico della assemblea legislativa di Buenos Aires dei progetti di Chilavert e Ghelco è un passo avanti per il rafforzamento della lotta per la loro approvazione definitiva, insieme con i progetti di Brukman e Grissinopoli, i quali “impostano” l’esproprio facendo carico del fallimento agli azionisti e non ai lavoratori e ponendo l’impresa sotto controllo operaio. Le sei ore di lavoro per i dipendenti della metropolitana, approvate dalla stessa assemblea legislativa nel corso di una grande mobilitazione degli operai della Metrovias sono una conquista per tutta la classe operaia in quanto ciò crea possibilità di successo per la lotta per veri posti di lavoro.

8. Va messo in evidenza il ruolo delle assemblee popolari che sono chiamate a formare una rete sociale di appoggio alle fabbriche in lotta. Un ruolo che diverse assemblee già stanno giocando come si dimostra nei casi Brukman, Chilavert e Grissinopoli. Le assem­blee contribuiscono alla sussistenza dei lavoratori chiedendo forniture di cibo alla Stato, tessendo reti di solidarietà e, più importante di tutto, dando corpo e guidando le mobilitazioni di quartiere contro i tentativi di sgombero. Lo stesso ruolo è stato giocato congiuntamente dal movimento classista, piquetero, studentesco e popolare a Neuquen intorno alla Zanon, e in modo particolare dalle organizzazioni piquetere più combattive in tutto il paese, come la mobilitazione massiccia del Bloque piquetero nacional nei casi di Brukman e el Grafico.

9. La commercializzazione dei prodotti delle imprese sotto controllo operaio è un altro terreno di lotta per le fabbriche occupate, per le assemblee popolari, per i sindacati e le organizzazioni piquetere, volto ad affrontare la concorrenza capitalistica e a fare del compra control obrero una grande causa politica di tutti gli sfruttati e del popolo.

10. Facciamo appello alla creazione di una centrale unica delle imprese occupate o sotto gestione operaia. Intendiamo adoperarci perché le fabbriche in mano ai lavoratori si federino, si uniscano al movimento piquetero e ai sindacati di classe ed elaborino un piano di lotta comune per promuovere l’occupazione di ogni fabbrica in fase di svuotamento, che non paghi i salari o che sospenda l’attività o che licenzi, per creare in tal modo un polo centralizzato dell’azione dei lavoratori contro il capitale e contro lo Stato capitalistico. Una federazione delle fabbriche occupate e in lotta permetterà di portare su una altro piano la lotta contro la pressione capitalista e di dare una dimensione nazionale alla lotta per il sostegno economico dello Stato alle fabbriche sotto gestione operaia. Questa è la premessa per la nazionalizzazione delle banche e la creazione di una banca statale unica, capace di facilitare l’accesso al credito per le fabbriche autogestite, nel cui gruppo dirigente devono entrare i rappresentanti di tali fabbriche, eleggibili e revocabili in ogni momento dal collettivo dei lavoratori.

11. Di fronte all’abbandono e alla fuga dei capitalisti, la classe operaia appare nella pratica come la classe in grado di farsi carico della riorganizzazione del paese su nuove basi sociali. Il controllo delle fabbriche è la premessa del controllo del paese. La questione del potere è posta all’ordine del giorno. La crisi che è ormai giunta a uno stadio terminale, esige la rimozione della classe capitalista: Che se ne vadano tutti e che governino i lavoratori!