Progetto Comunista alla Fincantieri di Genova

Un 25 aprile diverso

 

di Andrea Bono e Alessandro Borghi

 

Un avvenimento da considerarsi indubbiamente significativo. Il 25 aprile del 2003, abbiamo appurato con soddisfazione che in quella realtà lavorativa, godiamo di un buon livello di attenzione rispetto ai contenuti che portiamo avanti. Il nostro intervento, in quella manifestazione che come vuole una ormai consolidata tradizione, si svolge all’interno degli stabilimenti, è stato particolarmente apprezzato.

Dal punto di vista commemorativo, abbiamo assistito all’intervento dal palco di un militante dell’AMR, il compagno Guido Misi, che ha parlato a nome dell’RSU di quella fabbrica; il suo discorso è stato incentrato prevalentemente su una critica feroce quanto equilibrata, contro tutte le forme di revisionismo storico che ormai da diversi anni, da più parti, stanno offendendo la memoria dei partigiani, specialmente i partigiani comunisti, accusati dai rappresentanti politici reazionari, di essere stati addirittura dei terroristi.

Sul versante più strettamente riguardante l’attualità, Misi si è soffermato sui pericoli derivanti dall’indifferenza nei confronti della memoria storica, una minaccia che rischia, in questa fase, di trovare diffusione tra i lavoratori della nuova generazione, sempre più risucchiati nel turbine del consumismo e della corsa al possesso di beni superflui. Il compagno ha puntato decisamente il dito contro il modello capitalistico che vuole sempre più i giovani docili e solerti produttori e avidi consumatori (il corsivo è del compagno Misi).

Il saper tessere un filo di relazioni efficace, con le nuove generazioni che si affacciano al mondo del lavoro, assume, per gli operai comunisti, un’importanza evidentemente strategica, quindi noi dobbiamo ovviamente impegnarci sotto questo profilo con estrema energia. Ed è quello che cerchiamo di fare.

L’intervento del compagno Marco Ferrando, in questo senso, è stato per noi prezioso.

Molto importante e fertile è stata infatti la discussione che si è snodata, al termine delle celebrazioni, nei locali del Consiglio di fabbrica tra Ferrando e un gruppo di compagni iscritti a Rifondazione (ma non solo) simpatizzanti dell’AMR Progetto comunista. E tutti giovani, è bene menzionarlo.

Una discussione che ha prodotto elementi di riflessione senza dubbio positivi, a partire dal ricordo di che cosa ha significato La Resistenza per la storia del Movimento Operaio; i partigiani più valenti erano operai,come testimonia la lapide presente all’interno dello stabilimento, con l’elenco dei caduti, i quali, durante la guerra alternavano la loro attività di lotta contro il nazifascismo al lavoro in fabbrica.

L’intervento di Ferrando, ha poi stimolato i lavoratori ad allargare l’orizzonte tematico all’analisi politica della Resistenza, confrontata con le questioni più attuali. I giovani operai hanno ragionato con noi, circa l’opportunità di non racchiudere le prospettive di lotta ai soli problemi sindacali, ma viceversa hanno argomentato sulla necessità di alzare l’attenzione sulle problematiche politiche e, soprattutto, sull'importanza di sviluppare sul terreno politico, l’assoluta autonomia del movimento operaio dalle forze borghesi, siano anche del centrosinistra. In questo senso è stata proficua, allo scopo di sgomberare il campo da dubbi residui, l’analisi storica del dopoguerra.

Si è rammentato infatti, come le forze politiche filo-borghesi abbiano sempre, storicamente, dai tempi della Resistenza fino ai giorni nostri, lavorato al costante tentativo di circoscrivere le potenzialità del Movimento Operaio.

Significativo è stato poi, l’aver fatto la disamina del tradimento di cui furono vittime i partigiani che avevano combattuto il fascismo. Dopo il '45, il governo di unità nazionale egemonizzato dalla Dc. La riorganizzazione e la ricostruzione dell’Italia sul modello capitalistico, basata sullo sfruttamento dei lavoratori, con l’avallo del PCI controllato dagli stalinisti, quindi la riconsegna del paese nelle mani di quelle stesse frazioni borghesi reazionarie che avevano favorito l’ascesa al potere di Benito Mussolini.

Quali le analogie riscontrabili con lo sviluppo di successivi movimenti di lotta, quali il '68 e perché no, la recente parabola ascendente dei movimenti in difesa dell’articolo 18 e contro la guerra?

Un unico comune denominatore dal punto di vista della politica conservatrice: il costante tentativo di vanificare le lotte dei lavoratori, fossilizzandole in un quadro di compatibilità istituzionale-borghese, con l’intento evidente di decretarne ancora una volta la sconfitta nel nome degli interessi del grande capitale. I recenti richiami al rispetto, sempre e comunque della legalità e della democrazia borghese, provenienti da gran parte della sinistra, sono emblematici. Purtroppo queste contaminazioni di carattere reazionario, si sono fatte strada, ci duole doverlo ammettere, anche all’interno di larga parte del gruppo dirigente del Prc. Questo, è un fatto gravissimo.

Ciò che dispiace molto, è anche la mancata considerazione, ad esempio, da parte del gruppo dirigente del Prc genovese di maggioranza, dell’ottimo risultato conseguito dai compagni sostenitori e militanti dell’Associazione, rispetto alle elezioni per il rinnovo dell’RSU della Fincantieri.

Quelle elezioni, ci permettono di misurare quale sia il grado di radicamento di Progetto Comunista (quindi anche del Prc) in quella fabbrica.

Nel mese di marzo quelle elezioni hanno dato un responso ottimo per noi: ben 164 voti totalizzati da quattro compagni sostenitori e militanti dell’AMR, che hanno così potuto assumere il controllo del Consiglio di Fabbrica (con maggioranza assoluta Fiom).

Ciò testimonia inoltre un’altra cosa: la chiarezza della nostra proposta politica, la volontà di dimostrare concretamente che siamo schierati senza tentennamenti dalla parte dei lavoratori, e particolarmente, fa tabula rasa delle accuse di settarismo che ci venivano mosse da alcuni “compagni”. Oggi, proprio il risultato ottenuto nelle elezioni RSU, indica in maniera più che mai limpida come noi portiamo avanti una prospettiva di sbocco reale, in grado di far vivere le lotte operaie, l’unica strada: quella della rivoluzione socialista. Chi ci accusa di settarismo, lo fa in evidente malafede, poiché confonde gli obiettivi del movimento operaio, con una politica basata sulla ricerca esaustiva di ricomposizione col centro liberale. Progetto Comunista, a differenza di questi negoziatori al ribasso, ha capito da che parte bisogna stare, come bisogna starci e, i lavoratori, riconoscono la chiarezza e la serietà delle nostre posizioni.