Trovate di seguito l'ultimo numero di "Lotta di classe", foglio prodotto dai giovani compagni dell'AMR Progetto Comunista di Genova.
Fabiana Stefanoni
lotta
di classe
Giornale dei Giovani Comunisti genovesi aderenti all’Ass. Marxista Rivoluzionaria “Progetto Comunista”- sinistra di Rifondazione Comunista
La nuova svolta del PRC verso un accordo di governo con l’Ulivo è in clamorosa contraddizione sia con l’esperienza di due anni di movimenti, sia con la stessa nostra battaglia referendaria. Il valore prezioso della battaglia referendaria è stato quello di fare da spartiacque delle classi e delle loro rappresentanze politiche: da un lato le forze, certo diverse, che tengono una rappresentanza nel mondo del lavoro e dei movimenti di massa; dall’altro le forze, certo tra loro conflittuali, che lottano per la rappresentanza di governo del capitalismo italiano. Dovremmo investire a fondo in questa contraddizione di
classe per
approfondirla. A) Assumendo undici milioni di sostenitori dell’estensione
dei diritti come base di costruzione di un polo di classe anticapitalistico,
autonomo dal centro dell’Ulivo, che si proponga di cacciare Berlusconi dal
proprio versante di classe; B) sfidando all’unità d’azione su questo
terreno tutte le forze del fronte referendario e così coniugando l’unità
dei lavoratori e delle loro organizzazioni con la piena autonomia dalle forze
borghesi liberali; C) Avanzando, qui ed ora, all’insieme di queste forze una
proposta di mobilitazione unificante, radicale e di svolta, contro le misure
antipopolari del governo
sino alla sconfitta di Berlusconi. Viceversa la segreteria del PRC persegue una strada esattamente opposta: avanza una proposta negoziale di governo con quel centro liberale dell’Ulivo che si è schierato contro il referendum a fianco di Berlusconi e Confindustria. Non potrebbe esservi contraddizione più profonda tra battaglia di massa e linea politica.
Non ho
sentito un solo argomento credibile per sostenere questa svolta. Si dice che
“l’Ulivo è cambiato” grazie ai movimenti: ma il centro liberaledell’Ulivo
si è contrapposto a tutte le ragioni dei movimenti, sostiene le missioni
coloniali in Iraq e Afghanistan, chiede l’esercito europeo e l’espansione
del bilancio militare, sostiene il piano Morchio sulla Fiat in
contrapposizione ai lavoratori e alla Fiom. Dov’è il cambiamento? Si dice
che nell’Ulivo “vi sono le contraddizioni”. E’ vero. Ma invece di
entrarvi da un’angolazione di classe in nome della rottura col centro
liberale , proponiamo un negoziato di governo col liberalismo borghese (da
Rutelli a D’Alema): con una nomenclatura politica che è espressione di quei
poteri forti (in particolare grandi banche, capitale finanziario, settori di
grande impresa) che vogliono si rimpiazzare Berlusconi ma dal versante dei
propri interessi contro i lavoratori e i movimenti. Portare i movimenti
all’incontro di governo con quelle forze, significa aiutare quelle forze a
subordinare e sconfiggere i movimenti. E infatti oggi tutto il centro liberale
offre futuri ministri al PRC per usarlo come ammortizzatore del conflitto per
tutta la prossima legislatura. La verità è che la dissoluzione del PRC come
forza d’opposizione sarebbe un fatto enorme che distruggerebbe le stesse
ragioni sociali e politiche del nostro Partito e proverebbe i movimenti di un
riferimento essenziale. Per questo è necessario un congresso straordinariodel
PRC, libero e sovrano, che dia la parola a tutti i militanti del Partito. Che
hanno il diritto di discutere e decidere del futuro politico del PRC.
Intervento di M.Ferrando portavoce dell’AMR “Progetto Comunista” al
CPN del 28-29- giugno ‘03
Sommario:
-pag.1
“Per un polo di classe anticapitalistico”
intervento di Marco
Ferrando al CPN del 28-29 giugno ‘03
-pag.3
- Movimento dei movimenti verso le giornate di luglio –
“La
pratica della disobbedienza: tattica rivoluzionaria o illusione riformista”
di
Alessandro Leni
-pag.5
Giovani comunisti di Progetto Comunista dell’Emilia Romagna
“No
alla nuova legge regionale sulla scuola varata dal centro sinistra”
-pag.7
“Dal 23 marzo 2002 al referendum art.18… all’alleanza con il
centro
borghese dell’Ulivo: ecco come “uccidere” le lotte”
di Alessandro Borghi
-pag.8
“Contratto Metalmeccanici: quali prospettive si aprono nella vertenza
con il precontratto”
di Andrea Bono
“Lotta di Classe”
giornale dei Giovani Comunisti genovesi aderenti all’Ass.marxista
rivoluzionaria “Progetto Comunista”
per
contattarci scrivi all’indirizzo “Lotta
di classe” – circolo PRC “E.Rovatti” via Vado 49r. 16100 Genova o ai
numeri 3492554388 oppure 3392267700
movimento
dei movimenti verso le giornate di luglio
La
pratica della disobbedienza:
tattica
rivoluzionaria o illusione riformista?
di
Alessandro Leni
Con l’attuale situazione internazionale, con l’ennesimo riproporsi della guerra imperialista, (che ancora imperversa in Iraq), è tempo di fare un bilancio sulla tanto citata pratica della disobbedienza, che ha fatto ormai breccia, almeno così pare, nelle nuove generazioni movimentiste e ,appunto, disobbedienti.
Un bilancio
soprattutto in vista delle giornate di luglio 2003 che vedranno il movimento
ad un nuovo appuntamento dopo Evian e Salonicco.
Premetto
subito che chi scrive non è un disobbediente (perlomeno nel senso al quale è
attribuito questo termine dal parlare comune). Sono però per la maggior parte
disobbedienti i Giovani Comunisti, dei quali faccio parte, sia a livello
nazionale che a livello locale. Anzi a voler essere maliziosi se non maligni,
i Giovani Comunisti non esistono più ufficialmente, si sono “sciolti” nel
movimento e specificatamente nella sua organizzazione giovanile: i
disobbedienti appunto. Scrivo questo perché sono stato testimone , alcuni
mesi fa , di una curiosa scena svoltasi nella federazione genovese del PRC:
due compagni dei GC stavano discutendo come firmare un volantino, se come disobbedienti o come Giovani Comunisti;
non sapendo come fare alla fine sono arrivati al compromesso di firmare il
foglio “Giovani Comunisti disobbedienti”. Al di là di questo episodio,
(che farebbe sorridere se non fosse emblematico dello stato di cose
raggiunto), dobbiamo cercare di capire in che cosa consiste la disobbedienza e
quali risultati ottiene, (o si prefigge di ottenere). La disobbedienza è
quella pratica che ha portato, tanto per citare i casi più noti e più
recenti, al tentativo di bloccare alcune attività commerciali, (come quella
di Benetton o dell’Armatore Messina a Genova), a vere e proprie azioni di
boicottaggio, (il blocco delle pompe di benzina della Esso sempre a Genova, il
taglio delle suddette a Napoli, al blocco delle obliteratrici sui bus dell’AMT),
ad azioni simboliche, (il “colorare” di rosso sangue
il comando ligure delle Forze Armate o le sedi delle banche accusate di
finanziare la guerra in medio oriente), ecc. ecc.
Questa è,
ovviamente per titoli, l’azione, la messa in pratica della disobbedienza. A
quali risultati essa ha portato? Indubbiamente l’impatto mediatico e
simbolico è stato forte, intenso, ma al di là di questo cosa è rimasto? La
gente comune, quella che magari non sciopera o non partecipa ai cortei perché
deve mandare avanti la famiglia, quella che fa fatica ad arrivare alla fine
del mese con la sua modesta pensione, quella che non sa quasi di che vivere,
cosa ha recepito da queste azioni? Ha capito
il perché, il fine di ciò (sempre che si prefigga un fine)?
Probabilmente no!
Se ha
capito qualcosa è che spesso ha ricevuto del servizi monchi; e se invece ha
compreso il motivo delle azioni, (lo avrà anche percepito positivamente), sarà
quasi sicuramente ritornata a pensare alle proprie preoccupazioni di tutti i
giorni. Detto questo ritengo che non ci si possa sbagliare nel
definire
le azioni di disobbedienza un contributo poco più che simbolico e nulla più.
Certo, sentendosi chiamare in causa, i disobbedienti potrebbero obiettare a
questo resoconto dei
fatti che
io, non avendo mai fatto azioni di disobbedienza, non ho un’alternativa da
porre sul piatto della bilancia e
quindi mi limito ad abbaiare, ma non mordere. Prevenendo
questa
tutto sommato legittima obiezione, rispondo che, ovviamente da marxista
rivoluzionario porto avanti quella che dovrebbe essere la vera forma di
“disobbedienza” a questa società, a questo stato di cose. La
“disobbedienza” vera è quella che và contro i grandi interessi politici
ed economici degli stati capitalistici ed imperialisti –appurato che essi si
preoccupano tantissimo quando vedono in
pericolo i propri guadagni-, che bisogna sviluppare a livello internazionale. L’internazionalismo deve essere un aspetto fondamentale per impostare la lotta contro il modello sociale capitalista. Mai nessuna azione simbolica porterà alla capitolazione questo sistema, né la vernice contro i palazzi del potere né fantomatiche campagne di
boicottaggio di prodotti di multinazionali, ne forze di interposizione di pace.
Bisogna sostenere oggi come ieri tutti i popoli che in tutto il mondo lottano contro l’imperialismo a cominciare dalla lotta dei palestinesi contro lo stato sionista di Israele o sostenere il Patito Obrero di Argentina, aderendo alla campagna di aiuti economici, che ha creato una rete di assistenza a favore del popolo argentino colpito dalla crisi economica e che lotta da anni contro il corrotto sistema politico, portando avanti una battaglia di avanguardia e di classe.
No
alla nuova legge regionale sulla scuola varata dal centrosinistra
Il 27
luglio 2003 è stata approvata dal Consiglio regionale dell’Emilia Romagna
(col voto favorevole del PRC, che fa parte della coalizione di governo) una
legge regionale sulla scuola che si pone in continuità con le logiche classiste
delle leggi nazionali di Parità e Autonomia scolastica volute dai
ministri ulivisti Berlinguer e De Mauro e che, soprattutto, non si discosta
nella sostanza dai punti salienti della “riforma” Moratti.
Ponendosi
in continuità con la legge precedente (già votata dal PRC, nonostante
prevedesse finanziamenti diretti e indiretti alle scuole private), la nuova
legge riconferma in toto il principio del sistema integrato pubblico e privato,
che ha inaugurato quei processi di privatizzazione dell’istruzione pubblica
oggi portati a compimento dal centrodestra. Appare evidente,infatti, che la
“riforma“ Moratti non è che l’accentuazione di processi di mercificazione
e aziendalizzazione. Così la nuova legge regionale (“Legge Bastico”, dal
nome dell’Assessore che l’ha proposta), proprio come le “riforme”
Berlinguer e Moratti avalla l’idea che il sistema dell’istruzione pubblica
comprenda anche istituti privati e che questi debbano ricevere finanziamenti
diretti e indiretti dalla Regione e dagli enti locali.
Inoltre,
la legge si vanta di potenziare il “sistema integrato istruzione- formazione
professionale”, con tanto di finanziamenti agli istituti adibiti a tale tipo
di formazione (per più del 90% istituti privati).
Altri
gravi aspetti delle recenti destrutturazioni filopadronali del sistema della
scuola pubblica vengono riprodotte senza mezzi termini: l’autonomia didattica
e organizzativa delle istituzioni scolastiche , con la connessa ingerenza di
aziende private nella definizione dei contenuti impartiti a lezione e nella
valutazione dei percorsi formativi; la cosiddetta formazione continua,
trasposizione sul piano formativo della precarizzazione del lavoro sancita dal
famigerato pacchetto Treu; l’alternanza scuola-lavoro, intesa come offerta al
padronato di manodopera a costo zero.
Evidentemente,
la legge regionale delineata da centrosinistra si fonda sulle medesime
coordinate classiste e antiproletarie della “riforma” Moratti. Non solo: lo
spirito che informa la legge è lo stesso che sta alla base della devastante
politica dei buoni scuola portata avanti dalle regioni governate dal
centrodestra, nelle quali si arriva addirittura a finanziamenti rivolti quasi
esclusivamente alle private.
Riteniamo
estremamente grave che il PRC si stia rendendo complice di questo attacco
padronale al diritto allo studio. A nostro avviso, è la dimostrazione del fatto
che ogni alleanza di governo, anche locale, con le forze borghesi dell’Ulivo
ci rende complici di devastanti politiche antiproletarie e priva il nostro
partito della possibilità di porsi come referente anticapitalistico per le
mobilitazioni studentesche. Considerazioni tanto più valide oggi, nel momento
in cui il PRC ha annunciato (e sancito all’ultimo Comitato Politico
nazionale), l’intenzione di una alleanza di governo con i liberali
dell’Ulivo per la prossima legislatura. A nostro avviso, occorre che i Giovani
Comunisti si oppongano alla sciagurata ipotesi di governo liberale sostenuto da
ministri del PRC (questo è l’obiettivo esplicitato nel CPN dal gruppo
dirigente), anche sottoscrivendo l’appello per un congresso straordinario dal
Partito.
L’abbandono
di ogni prospettiva di avvicinamento tra PRC e Ulivo è la condizione necessaria
per opporsi alla mercificazione dei saperi, alla smantellamento della scuola
pubblica, all’ingerenza dei privati nell’ambito formativo. Solo la
costruzione di un fronte di classe che ponga nell’opposizione netta ai partiti
della borghesia la propria discriminante, che valorizzi i momenti di
autorganizzazione studentesca (luogo centrale della costruzione del conflitto),
che contrasti in tutti i luoghi di studio gli attacchi padronali, può liberare
scuola e Università dalle logiche del profitto.
Fabiana Stefanoni (Coordinamento nazionale GC; coordinamento provinciale GC
di Bologna), Lerech Liverani (Coordinatore provinciale GC Forlì); Roberto
Civinelli (Coordinatore provinciale GC Cesena); Anna Grazia Scarnato
(Coordinamento provinciale GC Parma)
il
partito
Dal 23 marzo 2002 al referendum
sull’art.18… all’alleanza con il centrosinistra: ecco come uccidere le
lotte.
All’ultimo Comitato politico nazionale, del 28-29 giugno, abbiamo potuto constatare la
validità delle nostre teorie (come Progetto Comunista), a riguardo l’alleanza
organica del partito della Rifondazione Comunista con l’Ulivo.
Adesso, certo non abbiamo l’intenzione di darci ragione da
soli circa i nostri dubbi, peraltro espressi già all’epoca dell’ultimo
congresso, ma di ragionare e riflettere sul percorso politico che il PRC ha
intrapreso per arrivare a questo punto: ovvero il sancire l’accordo
programmatico con il centro liberale dell’Ulivo.
Per fare questa analisi, dobbiamo almeno partire analizzando
quale comportamento ha tenuto Rifondazione Comunista almeno dalle grandi
mobilitazioni della CGIL, specificatamente dal 23 marzo 2002: tre milioni di
lavoratori, pensionati, immigrati e movimento partecipano alla manifestazione
indetta dal più grande sindacato italiano in difesa dell’art.18 attaccato
dalle leggi delega del governo Berlusconi.
Quella manifestazione vedeva allora leader della CGIL S.
Cofferati alla testa delle mobilitazioni, lodato
da tutti e preso da esempio come paladino dei diritti, (Liberazione in testa,
titolava nei giorni successivi -“L’Uomo della possibile vittoria”-).
Già da lì si vedeva l’incapacità, voluta o no, di
Rifondazione di candidarsi come direzione alternativa di quel grosso movimento
andando a rimorchio, non vedendo quale disegno politico stava dietro alla scesa
in campo della CGIL e di riflesso del suo leader.
Certo, per chi come me, vive la fabbrica da operaio, a quelle
sirene di popolo sul buon Sergio paladino dei diritti, sorgeva qualche dubbio a
riguardo. Certo prendevamo atto della scelta che la CGIL coscientemente aveva
effettuato, ma su chi si metteva al timone delle lotte avevamo qualche dubbio.
Come mai l’uomo della concertazione degli accordi del 23 luglio sale sulle
barricate? Questi erano i dubbi nostri di operai nelle realtà lavorative. Quale
disegno politico vi era, ed oggi è alla luce del sole, (candidato sindaco di
Bologna), spingeva “il cinese” a quella battaglia intransigente contro il
governo?
Bene mentre qualcuno utilizzava le lotte della CGIL per
ridisegnare in futuro una nuova coalizione borghese dell’Ulivo, il PRC
stentava a dare una lettura critica dei perché di quella lotta, dei perché
S.Cofferati dal mattino alla sera diventava il più grande rappresentante della
lotta di classe in Italia, cancellando completamente il passato.
Il tempo passava e il fenomeno del “cofferatismo” toccava
sempre di più l’apice, le lotte per difendere i diritti ristagnavano
(scioperi ogni tre mesi), fino al giorno in cui la Corte Costituzionale dava il
via libera al referendum sull’estensione dell’art. 18, promosso tra le altre
dalla FIOM e da Rifondazione.
I referendum cadeva in un periodo, e appariva chiaro a tutti,
diventava la reale continuazione delle lotte intraprese l’anno precedente.
Da notare in questo frangente i primi incontri tra il nostro
segretario e Rutelli, in uno scenario quasi di competizione con Cofferati. Ci si
iniziava a incontrare con il centrosinistra, per chi meglio riusciva a
restaurarlo, visto che il nostro segretario non più tardi del 4 maggio 2003
dalle pagine di Liberazione affermava in un’intervista che:” l’Ulivo è
un’esperienza finita”.
Certo il referendum arrivava come un salvagente per il PRC
soffocato dal fenomeno del “cofferetismo”, e se da un lato molti serbavamo
critiche al metodo referendario come strumento per affrontare l’estensione dei
diritti dei lavoratori, dall’altra diventava un’importante cartina di
tornasole.
Infatti questo ci permetteva, su un quesito di classe, di
vedere chi stava con i lavoratori e chi contro. E qua le sorprese non mancano.
Per il SI: Rifondazione, CGIL, ARCI, PdCI, Verdi; per l’astensione Polo delle
libertà, il resto del centrosinistra…. e S. Cofferati.
Si il paladino dei diritti, preso alle strette in
un’affollata assemblea a Mirafiori, ci veniva a dire che il referendum era
sbagliato, che bisognava astenersi… insomma stare con i padroni.
Noi del Coordinamento operaio delle fabbriche del ponente
genovese, da tempo avevamo invitato a stare in guarda da questo repentino cambio
di marcia dell’ex leader della CGIL, non tanto per darci ragione, ma in quanto
non ci convinceva la posizione di chi ha fatto si che i disastri dell’Italia
degli anni ’80 venissero in primo luogo socializzati dai lavoratori con la
concertazione basata in sulla moderazione salariale.
In questo scenario a maggior ragione, il PRC, dopo essere
riuscito in maniera indiretta, ad effettuare un’effettiva divisione di classe
nello schieramento politico italiano, invece di incarnare quegli undici milioni
di elettori e dargli una prospettiva politica autonoma, vede bene di dare una
fallace lettura del dato elettorale arrivando a ratificare l’apertura ad
un’ipotesi di governo con l’Ulivo.
Ora, io vorrei sapere innanzitutto quale alleanza si voglia
fare, con chi già nella nefasta esperienza del Governo Prodi, con il nostro
avvallo, ha inserito la flessibilità in entrata nei luoghi di lavoro (pacchetto
Treu), che sui diritti e sull’est. dell’art.18 si schiera con la destra e i
padroni….. in nome di un non ben definito cambiamento del centrosinistra sotto
l’influsso dei movimenti.
Io credo che le astrattezze addotte per giustificare un
alleanza di governo siano realmente infondate, piuttosto ci chiediamo quale sia
l’orizzonte vero del PRC, rappresentare gli interessi di classe o collaborare
con la borghesia, snaturando il partito comunista in quanto forza rivoluzionaria
e farlo diventare un partito riformista?
Noi crediamo sia giunto il momento di dare espressione
proprio a quegli undici milioni di voti, con una vera sinistra di alternativa:
un polo di classe anticapitalistico.
Ed è per questo motivo che come Progetto Comunista intanto
chiediamo una verifica della linea, visto che il V° congresso si era chiuso
all’insegna della “svolta a sinistra”
e della morte dell’Ulivo, e per fare questo chiediamo un congresso
straordinario libero e sovrano.
Intendiamo soprattutto dare, realmente rappresentanza a chi
il 15 e 16 giugno a votato si, a maggior ragione perché sono voti, al di fuori
di Rifondazione, in dissenso con l’indicazione che i partiti hanno dato e per
dare continuità alle lotte non per decretarne la morte.
Alessandro Borghi
Foglio
dell’Ass.Marxista Rivoluzionaria Progetto Comunista
Sinistra
di Rifondazione Comunista
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rivoluzionaria
dalla
fabbrica
Metalmeccanici
in lotta.
Eliminare ogni diritto, distruggere i contratti nazionali di
lavoro, azzerare i tassi di sindacalizzazione, che costituirebbero un tappo allo
sviluppo delle imprese.
Questa la sintesi di una recente intervista rilasciata al
SOLE24ORE, dal presidente di Confindustria D’Amato qualche mese fa. Un
obbiettivo molto chiaro, che la borghesia persegue con determinazione; il guaio
poi è, che ora ci si mettono anche le organizzazioni sindacali, nella
fattispecie Cisl e Uil.
Vanno infatti ricordati,alcuni aspetti particolarmente
significativi che riguardano la vicenda del contratto dei metalmeccanici.
Già nel 2001, La Fim e la Uilm si resero protagoniste di una
situazione palesemente scandalosa: firmarono un contratto per i metalmeccanici,
che non dava alcuna possibilità a questi ultimi di recuperare rispetto
all’inflazione reale, e quindi di fatto, peggiorava le condizioni di vita di
milioni di lavoratori di quel settore, già pesantemente colpiti dalla lunga
stagione delle ristrutturazioni industriali. La Fiom non accettò di firmare
quel contratto e rivendicò giustamente il proprio ruolo di sindacato
maggiormente rappresentativo.
Cominciò così una fase di mobilitazione dei lavoratori
metalmeccanici, che si opposero all’arbitrio di Federmeccanica coadiuvata dai
due sindacati gialli (al servizio delle imprese anziché dei lavoratori) ovvero
Fim e Uilm.
Questa stagione di lotte culminò con una grande
manifestazione che si tenne a Roma, il 16 novembre 2001,
nella quale circa 300.000 operai
invasero le strade della capitale per chiedere un vero contratto di lavoro. Chi
come me c’era, capì che quei lavoratori erano determinati a proseguire la
lotta, era quella un’ epoca feconda, da poco c’erano stati i fatti del G8 a
Genova, qualche mese più tardi 3 milioni di lavoratori, studenti, pensionati e
immigrati avrebbero realizzato un’altra grande manifestazione a Roma in difesa
dei diritti. Il 16 novembre del 2001 ci fu il segnale del risveglio del
movimento operaio. Purtroppo, nè il corpo dirigente della FIOM né tanto meno
quello della CGIL seppero interpretare e
cogliere le potenzialità offerte da quel contesto. Dopo il 16 novembre 2001
appunto, la FIOM non decretò più alcuna mobilitazione e questo determinò la
sconfitta dei metalmeccanici, che così dovettero subire un contratto imposto in
modo dittatoriale.
Due anni dopo, in questi mesi sta accadendo qualcosa di
esattamente analogo, ma con delle varianti che rendono il quadro ancor più
pessimistico. Fim e Uilm hanno ancora una volta firmato un accordo separato che
conferisce un aumento salariale irrisorio, 60 euro lordi al 5 livello, in una
situazione nella quale, oggi nelle fabbriche la maggior parte dei lavoratori è
inquadrata col 2 e il 3 livello; risulta così evidente che i 60 euro lordi,
nella stragrande maggioranza dei casi sono ancora meno.
Oltre a questo, va aggiunto che le nuove normative presenti
nel contratto recepiscono integralmente tutti i passi della sciagurata Legge 30,
varata da poco dal governo di centro-destra, inserendo nuova precarietà
all’interno delle fabbriche. Lavoro a progetto, staff leasing,job on call,
lavoro in affitto, due lavoratori che si dividono il salario di uno solo,
reperibilità del lavoratore al di fuori del normale orario di lavoro(in cambio
di pochi spiccioli) e ancora flessibilità sia nelle mansioni che nell’orario
di lavoro, che si allunga sempre più. In parole semplici, ma perfettamente
corrispondenti alla realtà, tutti questi termini si possono facilmente
tradurre: sfruttamento, sopraffazione, caporalato, costante pericolo per la
sicurezza dei lavoratori e ulteriore impoverimento di questi ultimi rispetto ad
un costo della vita e dei servizi (sanità,
istruzione, trasporti, elettricità ecc.), in costante aumento.
La FIOM-CGIL, anche questa volta non ha firmato il contratto,
e ha iniziato un percorso,in verità molto farraginoso, fatto di scioperi e
mobilitazioni di vario genere, una di queste, le casse di resistenza.
Disgraziatamente, il 2003 non è il 2001. Oggi quel segnale di risveglio della
classe operaia si è fatto più flebile, le ore di sciopero fatte senza un
risultato concreto, gli sciopericchi centellinati ogni 6 mesi e la confusione
regnante tra i gruppi dirigenti del sindacato, incapaci di organizzare una
resistenza risoluta in quanto impegnati in rese dei conti interne (guerre di
poltrone) , hanno generato un clima di sfiducia diffusa tra i
lavoratori, che rischiano di determinare una nuova e questa volta ancor più
pesante sconfitta.
I delegati di fabbrica, cercano di portare avanti le lotte
come possono, tentando di infondere coraggio ai lavoratori, in maggioranza ormai
giovanissimi, poco sindacalizzati e poco abituati a lottare, quindi facilmente
preda del nemico. L’adesione agli scioperi comincia a scemare, anche perché
in fabbrica sono già molti i lavoratori precari che subiscono pressioni e
minacce se scioperano. In questa condizione i delegati si trovano tra
“l’incudine e il martello”: da una parte i lavoratori, che ancora nutrono
tutto sommato delle aspettative e chiedono
soluzioni per uscire da questa impasse, dall’altra i gruppi dirigenti del
sindacato che continuano a permanere nel loro stato di letargia, che non
capiscono assolutamente ciò che succede nei luoghi di lavoro, che continuano a
confliggere tra loro a causa di contrasti politici interni, che la maggior parte
dei lavoratori non conosce. Intanto la lotta degli operai più coscienti
prosegue, anche contro corrente per impedire la disfatta totale. Gli operai
comunisti non si arrendono e continuano a portare avanti la battaglia dei
lavoratori metalmeccanici.
Andrea Bono R.S.U. Fincantieri Sestri
Agli
iscritti del PRC
Firma l’appello di
Progetto Comunista
per
la convocazione di un Congresso straordinario contro la svolta della
segreteria nazionale di aprire un confronto con il centrosinistra per un
accordo programmatico di governo con il centrosinistra
per
firmare contatta i compagni di Progetto Comunista di Genova del tuo circolo o
contattaci al numero 3492554388
Campagna
Internazionalista
Continua
la campagna internazionalista a sostegno del Partito Obrero di Argentina.
Chiediamo a tutti di rendere vivo il sostegno internazionalista con una
sottoscrizione: o contattando direttamente i compagni che diffondono il giornale
“Lotta di classe” oppure versando il contributo su conto corrente postale n°41392200
(specificando causale “solidarietà Argentina Piquetera”)
www.progettocomunista.it/mr
marxismo
rivoluzionario
dell’amr progetto
comunista
sinistra del prc
giugno 2003 – anno1 –
numero1
3,00 euro
GUERRA
ALL’IRAQ E IMPERIALISMO
Guerra
per il profitto
I
limiti della superpotenza americana
Movimento
per la pace: e adesso?
L’Ulivo
fra Blair e Chirac
ARTICOLO
18 Un si per i diritti e per tornare a vincere
AMMINISTRATIVE
Prc con Ulivo: primo test per il 2006
ARGENTINA
Presidenziali: un voto di “restaurazione”?
FABBRICHE
OCCUPATE La resistenza operaia continua
LEV
TROTSKY Perché Stalin ha sconfitto l’Opposizione
ARGOMENTI
Marx e Lenin sul partito
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