Trovate di seguito l'ultimo numero di "Lotta di classe", foglio prodotto dai giovani compagni dell'AMR Progetto Comunista di Genova.

 

 Fabiana Stefanoni


 

N°2                                                       Luglio-Agosto 2003

lotta di classe

Giornale dei Giovani Comunisti genovesi aderenti all’Ass. Marxista Rivoluzionaria “Progetto Comunista”- sinistra di Rifondazione Comunista

 

Per un polo di classe anticapitalistico

 

Contro le capriole della segreteria del PRC, contro l’accordo politico con il centro liberale dell’Ulivo


La nuova svolta del PRC verso un accordo di governo con l’Ulivo è in clamorosa contraddizione sia con l’esperienza di due anni di movimenti, sia con la stessa nostra battaglia referendaria. Il valore prezioso della battaglia referendaria è stato quello di fare da spartiacque delle classi e delle loro rappresentanze politiche: da un lato le forze, certo diverse, che tengono una rappresentanza nel mondo del lavoro e dei movimenti di massa; dall’altro le forze, certo tra loro conflittuali, che lottano per la rappresentanza di governo del capitalismo italiano. Dovremmo investire a fondo in questa contraddizione di

classe per approfondirla. A) Assumendo undici milioni di sostenitori dell’estensione dei diritti come base di costruzione di un polo di classe anticapitalistico, autonomo dal centro dell’Ulivo, che si proponga di cacciare Berlusconi dal proprio versante di classe; B) sfidando all’unità d’azione su questo terreno tutte le forze del fronte referendario e così coniugando l’unità dei lavoratori e delle loro organizzazioni con la piena autonomia dalle forze borghesi liberali; C) Avanzando, qui ed ora, all’insieme di queste forze una proposta di mobilitazione unificante, radicale e di svolta, contro le misure antipopolari del governo

sino alla sconfitta di Berlusconi. Viceversa la segreteria del PRC persegue una strada esattamente opposta: avanza una proposta negoziale di governo con quel centro liberale dell’Ulivo che si è schierato contro il referendum a fianco di Berlusconi e Confindustria. Non potrebbe esservi contraddizione più profonda tra battaglia di massa e linea politica.

Non ho sentito un solo argomento credibile per sostenere questa svolta. Si dice che “l’Ulivo è cambiato” grazie ai movimenti: ma il centro liberaledell’Ulivo si è contrapposto a tutte le ragioni dei movimenti, sostiene le missioni coloniali in Iraq e Afghanistan, chiede l’esercito europeo e l’espansione del bilancio militare, sostiene il piano Morchio sulla Fiat in contrapposizione ai lavoratori e alla Fiom. Dov’è il cambiamento? Si dice che nell’Ulivo “vi sono le contraddizioni”. E’ vero. Ma invece di entrarvi da un’angolazione di classe in nome della rottura col centro liberale , proponiamo un negoziato di governo col liberalismo borghese (da Rutelli a D’Alema): con una nomenclatura politica che è espressione di quei poteri forti (in particolare grandi banche, capitale finanziario, settori di grande impresa) che vogliono si rimpiazzare Berlusconi ma dal versante dei propri interessi contro i lavoratori e i movimenti. Portare i movimenti all’incontro di governo con quelle forze, significa aiutare quelle forze a subordinare e sconfiggere i movimenti. E infatti oggi tutto il centro liberale offre futuri ministri al PRC per usarlo come ammortizzatore del conflitto per tutta la prossima legislatura. La verità è che la dissoluzione del PRC come forza d’opposizione sarebbe un fatto enorme che distruggerebbe le stesse ragioni sociali e politiche del nostro Partito e proverebbe i movimenti di un riferimento essenziale. Per questo è necessario un congresso straordinariodel PRC, libero e sovrano, che dia la parola a tutti i militanti del Partito. Che hanno il diritto di discutere e decidere del futuro politico del PRC.

 

 

Intervento di M.Ferrando portavoce dell’AMR “Progetto Comunista” al CPN del 28-29- giugno ‘03

 


 


Sommario:

 


-pag.1                   “Per un polo di classe anticapitalistico”

                                 intervento di Marco Ferrando al CPN del 28-29 giugno ‘03

 

-pag.3                   - Movimento dei movimenti verso le giornate di luglio –

“La pratica della disobbedienza: tattica rivoluzionaria o illusione   riformista”  

di Alessandro Leni

 

-pag.5                   Giovani comunisti di Progetto Comunista dell’Emilia Romagna

“No alla nuova legge regionale sulla scuola varata dal centro sinistra”

 

-pag.7                   “Dal 23 marzo 2002 al referendum art.18… all’alleanza con il centro                

                               borghese dell’Ulivo: ecco come “uccidere” le lotte”

                               di Alessandro Borghi 

            

-pag.8                   “Contratto Metalmeccanici: quali prospettive si aprono nella vertenza con il precontratto”

                di Andrea Bono

 

 

“Lotta di Classe”

giornale dei Giovani Comunisti genovesi aderenti all’Ass.marxista rivoluzionaria “Progetto Comunista”

per contattarci scrivi all’indirizzo  “Lotta di classe” – circolo PRC “E.Rovatti” via Vado 49r. 16100 Genova o ai numeri 3492554388  oppure 3392267700


 

 

 

movimento dei movimenti verso le giornate di luglio

 

La pratica della disobbedienza:

tattica rivoluzionaria o illusione riformista?

di Alessandro Leni

 


Con l’attuale situazione internazionale, con l’ennesimo riproporsi della guerra imperialista, (che ancora imperversa in Iraq), è tempo di fare un bilancio sulla tanto citata pratica della disobbedienza, che ha fatto ormai breccia, almeno così pare, nelle nuove generazioni movimentiste e ,appunto, disobbedienti.

Un bilancio soprattutto in vista delle giornate di luglio 2003 che vedranno il movimento ad un nuovo appuntamento dopo Evian e Salonicco.

Premetto subito che chi scrive non è un disobbediente (perlomeno nel senso al quale è attribuito questo termine dal parlare comune). Sono però per la maggior parte disobbedienti i Giovani Comunisti, dei quali faccio parte, sia a livello nazionale che a livello locale. Anzi a voler essere maliziosi se non maligni, i Giovani Comunisti non esistono più ufficialmente, si sono “sciolti” nel movimento e specificatamente nella sua organizzazione giovanile: i disobbedienti appunto. Scrivo questo perché sono stato testimone , alcuni mesi fa , di una curiosa scena svoltasi nella federazione genovese del PRC: due compagni dei GC stavano discutendo come firmare un  volantino, se come disobbedienti o come Giovani Comunisti; non sapendo come fare alla fine sono arrivati al compromesso di firmare il foglio “Giovani Comunisti disobbedienti”. Al di là di questo episodio, (che farebbe sorridere se non fosse emblematico dello stato di cose raggiunto), dobbiamo cercare di capire in che cosa consiste la disobbedienza e quali risultati ottiene, (o si prefigge di ottenere). La disobbedienza è quella pratica che ha portato, tanto per citare i casi più noti e più recenti, al tentativo di bloccare alcune attività commerciali, (come quella di Benetton o dell’Armatore Messina a Genova), a vere e proprie azioni di boicottaggio, (il blocco delle pompe di benzina della Esso sempre a Genova, il taglio delle suddette a Napoli, al blocco delle obliteratrici sui bus dell’AMT), ad azioni simboliche, (il “colorare” di rosso sangue  il comando ligure delle Forze Armate o le sedi delle banche accusate di finanziare la guerra in medio oriente), ecc. ecc.

Questa è, ovviamente per titoli, l’azione, la messa in pratica della disobbedienza. A quali risultati essa ha portato? Indubbiamente l’impatto mediatico e simbolico è stato forte, intenso, ma al di là di questo cosa è rimasto? La gente comune, quella che magari non sciopera o non partecipa ai cortei perché deve mandare avanti la famiglia, quella che fa fatica ad arrivare alla fine del mese con la sua modesta pensione, quella che non sa quasi di che vivere, cosa ha recepito da queste azioni? Ha capito  il perché, il fine di ciò (sempre che si prefigga un fine)? Probabilmente no!

Se ha capito qualcosa è che spesso ha ricevuto del servizi monchi; e se invece ha compreso il motivo delle azioni, (lo avrà anche percepito positivamente), sarà quasi sicuramente ritornata a pensare alle proprie preoccupazioni di tutti i giorni. Detto questo ritengo che non ci si possa sbagliare nel

 definire le azioni di disobbedienza un contributo poco più che simbolico e nulla più. Certo, sentendosi chiamare in causa, i disobbedienti potrebbero obiettare a questo resoconto dei


fatti che io, non avendo mai fatto azioni di disobbedienza, non ho un’alternativa da porre  sul piatto della bilancia e quindi mi limito ad abbaiare, ma non mordere. Prevenendo

questa tutto sommato legittima obiezione, rispondo che, ovviamente da marxista rivoluzionario porto avanti quella che dovrebbe essere la vera forma di “disobbedienza” a questa società, a questo stato di cose. La “disobbedienza” vera è quella che và contro i grandi interessi politici ed economici degli stati capitalistici ed imperialisti –appurato che essi si preoccupano tantissimo quando vedono in


pericolo i propri guadagni-, che bisogna sviluppare a livello internazionale. L’internazionalismo deve essere un aspetto fondamentale per impostare la lotta contro il modello sociale capitalista. Mai nessuna azione simbolica porterà alla capitolazione questo sistema, né la vernice contro i palazzi del potere né fantomatiche campagne di

boicottaggio di prodotti di multinazionali, ne forze di interposizione di pace.

Bisogna sostenere oggi come ieri tutti i popoli che in tutto il mondo lottano contro l’imperialismo a cominciare dalla lotta dei palestinesi contro lo stato sionista di Israele o sostenere il Patito Obrero di Argentina, aderendo alla campagna di aiuti economici, che ha creato una rete di assistenza  a favore del popolo argentino colpito dalla crisi economica e che lotta da anni contro il corrotto sistema politico, portando avanti una battaglia di avanguardia e di classe.

So benissimo che questo ultimo punto è di difficile recepimento da parte del movimento (almeno di una parte) e dei disobbedienti: quando si tratta di tirare fuori qualche soldo e quindi fare delle rinunce ai “tanto odiati” beni superflui misteriosamente non ci sono più molti “disobbedienti” in giro; anzi molti di questi diventano “obbedienti”, al proprio salvadanaio. Mah! Forse ho esagerato come al solito. Forse mi sbaglio, devo fare autocritica. Probabilmente sono il solito comunista scongelato, il “rompiballe” della minoranza del PRC. Ma di una cosa sono sicuro, nessun gesto simbolico con vernice o di interposizione può essere perseguito da chi è rivoluzionario e comunista, Gesti e azioni di quel genere possono essere solo patrimonio di chi sogna un “altro mondo possibile” dentro la società capitalistica, cadendo inconsciamente nel riformismo. Sicuramente gli unici che si sono mossi sul terreno del sostegno internazionalista al popolo argentino sono i compagni del Movimento per la rifondazione della IV° Internazionale di cui l’AMR Progetto Comunista fa parte. Forse sarebbe bene che quando si parla di globalizzazione dei diritti, di guerra globale permanente ecc. ecc., ci si facesse un esame di coscienza e due conti in tasca per verificare se le due cose coincidono oppure sono un’antitesi l’una con l’altra.


Giovani  Comunisti Emilia Romagna

 

No alla nuova legge regionale sulla scuola varata dal centrosinistra

 

Il 27 luglio 2003 è stata approvata dal Consiglio regionale dell’Emilia Romagna (col voto favorevole del PRC, che fa parte della coalizione di governo) una legge regionale sulla scuola che si pone in continuità con le logiche classiste delle leggi nazionali di Parità e Autonomia scolastica volute dai ministri ulivisti Berlinguer e De Mauro e che, soprattutto, non si discosta nella sostanza dai punti salienti della “riforma” Moratti.

Ponendosi in continuità con la legge precedente (già votata dal PRC, nonostante prevedesse finanziamenti diretti e indiretti alle scuole private), la nuova legge riconferma in toto il principio del sistema integrato pubblico e privato, che ha inaugurato quei processi di privatizzazione dell’istruzione pubblica oggi portati a compimento dal centrodestra. Appare evidente,infatti, che la “riforma“ Moratti non è che l’accentuazione di processi di mercificazione e aziendalizzazione. Così la nuova legge regionale (“Legge Bastico”, dal nome dell’Assessore che l’ha proposta), proprio come le “riforme” Berlinguer e Moratti avalla l’idea che il sistema dell’istruzione pubblica comprenda anche istituti privati e che questi debbano ricevere finanziamenti diretti e indiretti dalla Regione e dagli enti locali.

Inoltre, la legge si vanta di potenziare il “sistema integrato istruzione- formazione professionale”, con tanto di finanziamenti agli istituti adibiti a tale tipo di formazione (per più del 90% istituti privati).

Altri gravi aspetti delle recenti destrutturazioni filopadronali del sistema della scuola pubblica vengono riprodotte senza mezzi termini: l’autonomia didattica e organizzativa delle istituzioni scolastiche , con la connessa ingerenza di aziende private nella definizione dei contenuti impartiti a lezione e nella valutazione dei percorsi formativi; la cosiddetta formazione continua, trasposizione sul piano formativo della precarizzazione del lavoro sancita dal famigerato pacchetto Treu; l’alternanza scuola-lavoro, intesa come offerta al padronato di manodopera a costo zero.

Evidentemente, la legge regionale delineata da centrosinistra si fonda sulle medesime coordinate classiste e antiproletarie della “riforma” Moratti. Non solo: lo spirito che informa la legge è lo stesso che sta alla base della devastante politica dei buoni scuola portata avanti dalle regioni governate dal centrodestra, nelle quali si arriva addirittura a finanziamenti rivolti quasi esclusivamente alle private.

Riteniamo estremamente grave che il PRC si stia rendendo complice di questo attacco padronale al diritto allo studio. A nostro avviso, è la dimostrazione del fatto che ogni alleanza di governo, anche locale, con le forze borghesi dell’Ulivo ci rende complici di devastanti politiche antiproletarie e priva il nostro partito della possibilità di porsi come referente anticapitalistico per le mobilitazioni studentesche. Considerazioni tanto più valide oggi, nel momento in cui il PRC ha annunciato (e sancito all’ultimo Comitato Politico nazionale), l’intenzione di una alleanza di governo con i liberali dell’Ulivo per la prossima legislatura. A nostro avviso, occorre che i Giovani Comunisti si oppongano alla sciagurata ipotesi di governo liberale sostenuto da ministri del PRC (questo è l’obiettivo esplicitato nel CPN dal gruppo dirigente), anche sottoscrivendo l’appello per un congresso straordinario dal Partito.

L’abbandono di ogni prospettiva di avvicinamento tra PRC e Ulivo è la condizione necessaria per opporsi alla mercificazione dei saperi, alla smantellamento della scuola pubblica, all’ingerenza dei privati nell’ambito formativo. Solo la costruzione di un fronte di classe che ponga nell’opposizione netta ai partiti della borghesia la propria discriminante, che valorizzi i momenti di autorganizzazione studentesca (luogo centrale della costruzione del conflitto), che contrasti in tutti i luoghi di studio gli attacchi padronali, può liberare scuola e Università dalle logiche del profitto.

Fabiana Stefanoni (Coordinamento nazionale GC; coordinamento provinciale GC di Bologna), Lerech Liverani (Coordinatore provinciale GC Forlì); Roberto Civinelli (Coordinatore provinciale GC Cesena); Anna Grazia Scarnato (Coordinamento provinciale GC Parma)

 

il partito

 

Dal 23 marzo 2002 al referendum sull’art.18… all’alleanza con il centrosinistra: ecco come uccidere le lotte.

 

 

 

All’ultimo Comitato politico  nazionale, del 28-29 giugno, abbiamo potuto constatare la validità delle nostre teorie (come Progetto Comunista), a riguardo l’alleanza organica del partito della Rifondazione Comunista con l’Ulivo.

Adesso, certo non abbiamo l’intenzione di darci ragione da soli circa i nostri dubbi, peraltro espressi già all’epoca dell’ultimo congresso, ma di ragionare e riflettere sul percorso politico che il PRC ha intrapreso per arrivare a questo punto: ovvero il sancire l’accordo programmatico con il centro liberale dell’Ulivo.

Per fare questa analisi, dobbiamo almeno partire analizzando quale comportamento ha tenuto Rifondazione Comunista almeno dalle grandi mobilitazioni della CGIL, specificatamente dal 23 marzo 2002: tre milioni di lavoratori, pensionati, immigrati e movimento partecipano alla manifestazione indetta dal più grande sindacato italiano in difesa dell’art.18 attaccato dalle leggi delega del governo Berlusconi.

Quella manifestazione vedeva allora leader della CGIL S. Cofferati alla testa delle mobilitazioni,  lodato da tutti e preso da esempio come paladino dei diritti, (Liberazione in testa, titolava nei giorni successivi -“L’Uomo della possibile vittoria”-).

Già da lì si vedeva l’incapacità, voluta o no, di Rifondazione di candidarsi come direzione alternativa di quel grosso movimento andando a rimorchio, non vedendo quale disegno politico stava dietro alla scesa in campo della CGIL e di riflesso del suo leader.

Certo, per chi come me, vive la fabbrica da operaio, a quelle sirene di popolo sul buon Sergio paladino dei diritti, sorgeva qualche dubbio a riguardo. Certo prendevamo atto della scelta che la CGIL coscientemente aveva effettuato, ma su chi si metteva al timone delle lotte avevamo qualche dubbio. Come mai l’uomo della concertazione degli accordi del 23 luglio sale sulle barricate? Questi erano i dubbi nostri di operai nelle realtà lavorative. Quale disegno politico vi era, ed oggi è alla luce del sole, (candidato sindaco di Bologna), spingeva “il cinese” a quella battaglia intransigente contro il governo?

Bene mentre qualcuno utilizzava le lotte della CGIL per ridisegnare in futuro una nuova coalizione borghese dell’Ulivo, il PRC stentava a dare una lettura critica dei perché di quella lotta, dei perché S.Cofferati dal mattino alla sera diventava il più grande rappresentante della lotta di classe in Italia, cancellando completamente il passato.

Il tempo passava e il fenomeno del “cofferatismo” toccava sempre di più l’apice, le lotte per difendere i diritti ristagnavano (scioperi ogni tre mesi), fino al giorno in cui la Corte Costituzionale dava il via libera al referendum sull’estensione dell’art. 18, promosso tra le altre dalla FIOM e da Rifondazione.

I referendum cadeva in un periodo, e appariva chiaro a tutti, diventava la reale continuazione delle lotte intraprese l’anno precedente.

Da notare in questo frangente i primi incontri tra il nostro segretario e Rutelli, in uno scenario quasi di competizione con Cofferati. Ci si iniziava a incontrare con il centrosinistra, per chi meglio riusciva a restaurarlo, visto che il nostro segretario non più tardi del 4 maggio 2003 dalle pagine di Liberazione affermava in un’intervista che:” l’Ulivo è un’esperienza finita”.

Certo il referendum arrivava come un salvagente per il PRC soffocato dal fenomeno del “cofferetismo”, e se da un lato molti serbavamo critiche al metodo referendario come strumento per affrontare l’estensione dei diritti dei lavoratori, dall’altra diventava un’importante cartina di tornasole.

Infatti questo ci permetteva, su un quesito di classe, di vedere chi stava con i lavoratori e chi contro. E qua le sorprese non mancano. Per il SI: Rifondazione, CGIL, ARCI, PdCI, Verdi; per l’astensione Polo delle libertà, il resto del centrosinistra…. e S. Cofferati.

Si il paladino dei diritti, preso alle strette in un’affollata assemblea a Mirafiori, ci veniva a dire che il referendum era sbagliato, che bisognava astenersi… insomma stare con i padroni.

Noi del Coordinamento operaio delle fabbriche del ponente genovese, da tempo avevamo invitato a stare in guarda da questo repentino cambio di marcia dell’ex leader della CGIL, non tanto per darci ragione, ma in quanto non ci convinceva la posizione di chi ha fatto si che i disastri dell’Italia degli anni ’80 venissero in primo luogo socializzati dai lavoratori con la concertazione basata in sulla moderazione salariale.

In questo scenario a maggior ragione, il PRC, dopo essere riuscito in maniera indiretta, ad effettuare un’effettiva divisione di classe nello schieramento politico italiano, invece di incarnare quegli undici milioni di elettori e dargli una prospettiva politica autonoma, vede bene di dare una fallace lettura del dato elettorale arrivando a ratificare l’apertura ad un’ipotesi di governo con l’Ulivo.

Ora, io vorrei sapere innanzitutto quale alleanza si voglia fare, con chi già nella nefasta esperienza del Governo Prodi, con il nostro avvallo, ha inserito la flessibilità in entrata nei luoghi di lavoro (pacchetto Treu), che sui diritti e sull’est. dell’art.18 si schiera con la destra e i padroni….. in nome di un non ben definito cambiamento del centrosinistra sotto l’influsso dei movimenti.

Io credo che le astrattezze addotte per giustificare un alleanza di governo siano realmente infondate, piuttosto ci chiediamo quale sia l’orizzonte vero del PRC, rappresentare gli interessi di classe o collaborare con la borghesia, snaturando il partito comunista in quanto forza rivoluzionaria e farlo diventare un partito riformista?

Noi crediamo sia giunto il momento di dare espressione proprio a quegli undici milioni di voti, con una vera sinistra di alternativa: un polo di classe anticapitalistico.

Ed è per questo motivo che come Progetto Comunista intanto chiediamo una verifica della linea, visto che il V° congresso si era chiuso all’insegna della “svolta a sinistra”  e della morte dell’Ulivo, e per fare questo chiediamo un congresso straordinario libero e sovrano.

Intendiamo soprattutto dare, realmente rappresentanza a chi il 15 e 16 giugno a votato si, a maggior ragione perché sono voti, al di fuori di Rifondazione, in dissenso con l’indicazione che i partiti hanno dato e per dare continuità alle lotte non per decretarne la morte.

 

Alessandro Borghi

 

Leggi e acquista dai diffusori militanti
PROGETTO COMUNISTA

Foglio dell’Ass.Marxista Rivoluzionaria Progetto Comunista

Sinistra di Rifondazione Comunista

Sostieni la stampa rivoluzionaria

 

dalla fabbrica

Metalmeccanici in lotta.

 

Eliminare ogni diritto, distruggere i contratti nazionali di lavoro, azzerare i tassi di sindacalizzazione, che costituirebbero un tappo allo sviluppo delle imprese.

Questa la sintesi di una recente intervista rilasciata al SOLE24ORE, dal presidente di Confindustria D’Amato qualche mese fa. Un obbiettivo molto chiaro, che la borghesia persegue con determinazione; il guaio poi è, che ora ci si mettono anche le organizzazioni sindacali, nella fattispecie Cisl e Uil.

Vanno infatti ricordati,alcuni aspetti particolarmente significativi che riguardano la vicenda del contratto dei metalmeccanici.

Già nel 2001, La Fim e la Uilm si resero protagoniste di una situazione palesemente scandalosa: firmarono un contratto per i metalmeccanici, che non dava alcuna possibilità a questi ultimi di recuperare rispetto all’inflazione reale, e quindi di fatto, peggiorava le condizioni di vita di milioni di lavoratori di quel settore, già pesantemente colpiti dalla lunga stagione delle ristrutturazioni industriali. La Fiom non accettò di firmare quel contratto e rivendicò giustamente il proprio ruolo di sindacato maggiormente rappresentativo.

Cominciò così una fase di mobilitazione dei lavoratori metalmeccanici, che si opposero all’arbitrio di Federmeccanica coadiuvata dai due sindacati gialli (al servizio delle imprese anziché dei lavoratori) ovvero Fim e Uilm.

Questa stagione di lotte culminò con una grande manifestazione che si tenne a Roma, il 16 novembre 2001,  nella quale circa 300.000  operai invasero le strade della capitale per chiedere un vero contratto di lavoro. Chi come me c’era, capì che quei lavoratori erano determinati a proseguire la lotta, era quella un’ epoca feconda, da poco c’erano stati i fatti del G8 a Genova, qualche mese più tardi 3 milioni di lavoratori, studenti, pensionati e immigrati avrebbero realizzato un’altra grande manifestazione a Roma in difesa dei diritti. Il 16 novembre del 2001 ci fu il segnale del risveglio del movimento operaio. Purtroppo, nè il corpo dirigente della FIOM né tanto meno quello della CGIL seppero interpretare  e cogliere le potenzialità offerte da quel contesto. Dopo il 16 novembre 2001 appunto, la FIOM non decretò più alcuna mobilitazione e questo determinò la sconfitta dei metalmeccanici, che così dovettero subire un contratto imposto in modo dittatoriale.

Due anni dopo, in questi mesi sta accadendo qualcosa di esattamente analogo, ma con delle varianti che rendono il quadro ancor più pessimistico. Fim e Uilm hanno ancora una volta firmato un accordo separato che conferisce un aumento salariale irrisorio, 60 euro lordi al 5 livello, in una situazione nella quale, oggi nelle fabbriche la maggior parte dei lavoratori è inquadrata col 2 e il 3 livello; risulta così evidente che i 60 euro lordi, nella stragrande maggioranza dei casi sono ancora meno.

Oltre a questo, va aggiunto che le nuove normative presenti nel contratto recepiscono integralmente tutti i passi della sciagurata Legge 30, varata da poco dal governo di centro-destra, inserendo nuova precarietà all’interno delle fabbriche. Lavoro a progetto, staff leasing,job on call, lavoro in affitto, due lavoratori che si dividono il salario di uno solo, reperibilità del lavoratore al di fuori del normale orario di lavoro(in cambio di pochi spiccioli) e ancora flessibilità sia nelle mansioni che nell’orario di lavoro, che si allunga sempre più. In parole semplici, ma perfettamente corrispondenti alla realtà, tutti questi termini si possono facilmente tradurre: sfruttamento, sopraffazione, caporalato, costante pericolo per la sicurezza dei lavoratori e ulteriore impoverimento di questi ultimi rispetto ad un costo della vita e dei servizi  (sanità, istruzione, trasporti, elettricità ecc.), in costante aumento.

La FIOM-CGIL, anche questa volta non ha firmato il contratto, e ha iniziato un percorso,in verità molto farraginoso, fatto di scioperi e mobilitazioni di vario genere, una di queste, le casse di resistenza. Disgraziatamente, il 2003 non è il 2001. Oggi quel segnale di risveglio della classe operaia si è fatto più flebile, le ore di sciopero fatte senza un risultato concreto, gli sciopericchi centellinati ogni 6 mesi e la confusione regnante tra i gruppi dirigenti del sindacato, incapaci di organizzare una resistenza risoluta in quanto impegnati in rese dei conti interne (guerre di

poltrone) , hanno generato un clima di sfiducia diffusa tra i lavoratori, che rischiano di determinare una nuova e questa volta ancor più pesante sconfitta.

I delegati di fabbrica, cercano di portare avanti le lotte come possono, tentando di infondere coraggio ai lavoratori, in maggioranza ormai giovanissimi, poco sindacalizzati e poco abituati a lottare, quindi facilmente preda del nemico. L’adesione agli scioperi comincia a scemare, anche perché in fabbrica sono già molti i lavoratori precari che subiscono pressioni e minacce se scioperano. In questa condizione i delegati si trovano tra “l’incudine e il martello”: da una parte i lavoratori, che ancora nutrono tutto sommato delle aspettative e  chiedono soluzioni per uscire da questa impasse, dall’altra i gruppi dirigenti del sindacato che continuano a permanere nel loro stato di letargia, che non capiscono assolutamente ciò che succede nei luoghi di lavoro, che continuano a confliggere tra loro a causa di contrasti politici interni, che la maggior parte dei lavoratori non conosce. Intanto la lotta degli operai più coscienti prosegue, anche contro corrente per impedire la disfatta totale. Gli operai comunisti non si arrendono e continuano a portare avanti la battaglia dei lavoratori metalmeccanici.

 

Andrea Bono R.S.U. Fincantieri Sestri

 

 

Agli iscritti del PRC

 

Firma l’appello di Progetto Comunista

per la convocazione di un Congresso straordinario contro la svolta della segreteria nazionale di aprire un confronto con il centrosinistra per un accordo programmatico di governo con il centrosinistra

 

per firmare contatta i compagni di Progetto Comunista di Genova del tuo circolo o contattaci al numero 3492554388

 

 

 

 

Campagna Internazionalista

 

Continua la campagna internazionalista a sostegno del Partito Obrero di Argentina. Chiediamo a tutti di rendere vivo il sostegno internazionalista con una sottoscrizione: o contattando direttamente i compagni che diffondono il giornale “Lotta di classe” oppure versando il contributo su conto corrente postale n°41392200 (specificando causale “solidarietà Argentina Piquetera”)

 

 

 

www.progettocomunista.it/mr

marxismo

rivoluzionario

rivista politico-teorica

dell’amr progetto comunista

sinistra del prc

 

 

giugno 2003 – anno1 – numero1                                              3,00 euro

 

 

GUERRA ALL’IRAQ E IMPERIALISMO

 

Guerra per il profitto

I limiti della superpotenza americana

Movimento per la pace: e adesso?

L’Ulivo fra Blair e Chirac

 

 

 

ARTICOLO 18  Un si per i diritti e per tornare a vincere

AMMINISTRATIVE  Prc con Ulivo: primo test per il 2006

ARGENTINA  Presidenziali: un voto di “restaurazione”?

FABBRICHE OCCUPATE  La resistenza operaia continua

LEV TROTSKY  Perché Stalin ha sconfitto l’Opposizione

ARGOMENTI  Marx e Lenin sul partito

 

“MR” Telefono 02 26116389  Fax 02 26119328

          E-mail mr@progettocomunista.it

          Posta Via M. Aurelio, 7 – 20127 Milano

Abbonamenti

Ordinario (6numeri) 15,00 € - Doppio (12numeri) 30,00 € - sostenitore da 30,00 € in su – Estero 20,00 € - per disoccupati 9 € - Versamenti sul ccp n.41392200 intestato ad Associazione Progetto, via M.Aurelio – 20127 Milano oppure spedire il tagliando che trovate sulla rivista.