Collaborazione
di classe e precariato a Pesaro
Per
una lotta anticapitalistica tra le giovani generazioni
di Enrica Franco e Davide Margiotta
Il prossimo anno si terranno a Pesaro
le elezioni comunali, dopo quattro anni di amministrazione ulivista con
Rifondazione Comunista. Il bilancio di tale periodo è stato presentato a più
riprese in maniera decisamente negativa dai dirigenti locali del Prc, così il
Direttivo Comunale ha deciso in questi mesi di procedere in maniera differente
dalle precedenti elezioni. Tre anni fa il nostro partito aveva stilato
direttamente il programma amministrativo con gli altri partiti, ottenendo
naturalmente ben poco. Quest’anno invece si è deciso di iniziare a lavorare
ad un programma autonomo da presentare alle altre forze della coalizione e,
sulla base di eventuali convergenze programmatiche, basare una futura alleanza.
Le nostre intenzioni sono ovviamente di opporci con decisione ad una nuova
alleanza del Prc con l’Ulivo (resa più probabile anche a Pesaro dopo le
recenti elezioni amministrative in Italia), cercando di inserire nel programma
richieste più avanzate, inaccettabili di fatto per il centro borghese.
Del resto l’operato amministrativo
di questi anni ci agevola il lavoro, in quanto anche altri compagni cominciano a
rendersi conto dell’impossibilità di lavorare con i partiti della coalizione.
La maggioranza ulivista ha proceduto ad esempio alla parziale privatizzazione
dell’Aspes (con il voto favorevole del Prc), primo passo verso una
privatizzazione totale dell’ente che gestisce la maggior parte dei servizi
locali. Proprio nei giorni in cui scriviamo questo articolo l’Aspes è al
centro del pubblicizzatissimo lancio della vendita delle azioni ai privati
cittadini, cosa che ha spinto il Social Forum locale ad una azione di sabotaggio
dei manifesti pubblicitari - azione a cui hanno partecipato anche i Giovani
Comunisti- rendendo ancora più evidente e imbarazzante l’incoerenza del
nostro partito.
Inoltre l’amministrazione comunale,
giustificata dai tagli del governo Berlusconi, ha appaltato qualsiasi tipo di
servizio - in particolare sociale - alle cooperative e ha operato assunzioni
soltanto mediante contratti co.co.co. (sempre con il beneplacito degli
amministratori di Rifondazione).I contratti precari del resto sono ormai gli
unici che si possono firmare. A Pesaro, una città con meno di 100 mila
abitanti, sono presenti ben dodici agenzie di lavoro interinale. Le Marche sono
la settima regione italiana per uso di lavoratori precari (dati Confinterim),
con oltre 10 mila contratti di questo tipo sul territorio. Trovare lavoro a
Pesaro è sempre stato abbastanza semplice, grazie alla vasta zona industriale;
oggi però i neoassunti sanno di poterlo perdere con la stessa facilità con cui
lo trovano. Stiamo assistendo così alla crescita di un certo malcontento anche
nella nostra città, un tempo “benestante”, e la sfida è riuscire ad
orientare la frustrazione dei giovani verso una lotta anticapitalista.
Tra pochi anni assisteremo
verosimilmente ad una esplosione sociale legata al precariato, quando decine di
migliaia di donne e di uomini si troveranno ad età avanzata senza avere ancora
la possibilità di programmare la propria vita. Il capitalismo in crisi del
resto non ha altra strada che attaccare i diritti e i salari dei lavoratori
(oltre a cercare nuovi sbocchi di mercato e scaricare il suo sterminato
potenziale bellico). È proprio quello cui abbiamo assistito negli ultimi anni
con l’abolizione della scala mobile, il generale ristagno dei salari a fronte
di un sempre maggiore costo della vita, l’attacco all’articolo 18 e,
appunto, l’introduzione del precariato. Il capitalismo in crisi non tollera i
“privilegi” che il proletariato mondiale strappa nei momenti in cui la lotta
di classe diventa più acuta, e non appena il movimento rifluisce la borghesia
si riprende quello che aveva concesso come sottoprodotto delle lotte
rivoluzionarie.
Alla luce di ciò appare davvero
paradossale che un partito comunista voti, come ha fatto Rifondazione
all’epoca del sostegno al governo borghese di Prodi, l’introduzione del
lavoro precario nel proprio Paese. Paradossale, se non fosse che ormai
l’alleanza col centro borghese dell’Ulivo appare per il gruppo dirigente del
nostro partito il fine ultimo della propria politica, e lo stesso segretario
Bertinotti, nei giorni immediatamente successivi alle ultime elezioni
amministrative, ha rilevato sfacciatamente l’utilità dell’alleanza tra Prc
e centro “progressista” dell’Ulivo. Non è accettabile, a Pesaro come in
tutte le altre città, appoggiare un’amministrazione borghese, soprattutto
adesso che la lontananza tra il nostro partito e l’Ulivo è resa palese a
tutti grazie al Referendum sull’articolo 18 voluto dal Prc.
Il precariato e la privatizzazione
sono stati in questi anni i pilastri fondanti della controffensiva capitalista
in tutto il mondo e l’Ulivo ne è stato il fautore in Italia. Del resto anche
adesso che il Centrosinistra è all’opposizione l’unica richiesta avanzata
è l’introduzione di ammortizzatori sociali e non certo l’abolizione del
lavoro “flessibile”. Ciò che è peggio è che lo stesso Prc non ha mai
messo in discussione l’esistenza del lavoro precario in Italia, evitando di
lanciare una piattaforma generale unificante per i movimenti di massa in cui
comparisse anche la rivendicazione della trasformazione di tutti i contratti
atipici in contratti a tempo indeterminato, limitandosi invece ad una
imprecisata critica del “troppo uso e abuso del precariato”, come se un uso
regolamentato fosse compatibile con gli interessi dei lavoratori.
L’alleanza politica del Prc col
centro borghese liberale non può che portare alla sconfitta politica degli
interessi del proletariato, lasciandolo privo dell’unico partito che
attualmente potrebbe fungere da argine alla controffensiva del capitale.
Crediamo sia questo l’errore strategico del nostro partito: la rinuncia a
costruire un polo autonomo di classe per il proletariato italiano, lasciandolo
privo di direzione politica e di prospettive. Per questo motivo il Prc manca di
radicamento sociale: le lavoratrici e i lavoratori non trovano alcun buon motivo
per avvicinarsi a Rifondazione, in quanto esso non dà loro alcuna prospettiva.
Nella provincia di Pesaro, nonostante
l’elevato numero di operai nella zona, Rifondazione tende più ad essere un
partito di intellettuali, con pochissimi militanti. Negli ultimi anni abbiamo
comunque cercato di partecipare a tutti i gruppi che nascevano nella città, con
grande sforzo da parte dei militanti, ma con pochissimi risultati. Nei mesi
scorsi, ad esempio, è nato il Comitato Controprecari, formato più che altro
dai militanti del Prc e da un gruppo di anarchici, ma, non essendoci una
piattaforma ben definita, tutto è rimasto fermo alle riunioni tra militanti
senza alcun radicamento nella città. Purtroppo la situazione locale di Progetto
Comunista non è certo delle migliori, la sinistra del Prc può infatti contare
in tutta la Federazione soltanto due iscritti all’Associazione -gli autori di
questo articolo - per altro attivi da pochi anni nel partito. Nonostante ciò
cerchiamo tutti i giorni, a volte anche con successo, di convincere i compagni
della necessità di una lotta diversa da parte del Prc, di una lotta apertamente
anticapitalista. E la nostra battaglia è attualmente concentrata nell’evitare
una nuova sciagurata alleanza politica con i rappresentanti locali degli
interessi borghesi. Per ora ci sembra di ottenere un inaspettato consenso tra i
compagni. Chiederemo ovviamente che all’interno del programma si inseriscano
clausole contro la privatizzazione e contro l’utilizzo del lavoro precario da
parte dell’amministrazione comunale. Questo potrebbe di fatto costringere
Rifondazione a presentarsi autonomamente alle prossime elezioni, aprendo una
possibilità per i tanti operai e operaie che abitano nella zona. Speriamo così
di poter far conoscere a più persone la nostra Associazione, l’unica forza in
Italia capace in realtà di portare avanti un’istanza coerentemente
anticapitalista.