Elezioni
amministrative: il "Laboratorio Roma"
Quando
l'alternativa si fa con Gasbarra
di Nicola di Iasio
Le elezioni amministrative del 25-26 maggio hanno visto
nella quasi totalità delle province e dei comuni in cui si votava l’accordo
tra il Prc e il centrosinistra.
In passato abbiamo più volte analizzato la natura di
classe di questi accordi “locali”, e soprattutto svelato l’intento di
prospettiva strategica che fino a ieri vi si nascondeva e che oggi è esplicito
(vedi ultime interviste di Bertinotti); così come in questo stesso numero del
giornale presentiamo un’analisi complessiva del voto amministrativo.
Ciò su cui, quindi, è opportuno soffermarsi qui sono le
cosiddette “peculiarità” del voto nella capitale.
Nell’intervista al Messaggero
del 27 maggio (dal titolo esplicativo: “Bertinotti: il centro serve, non
sbilanciamoci a sinistra”), secondo il segretario il voto romano sarebbe il
frutto di un “candidato ideale” (Gasbarra) e di una “svolta nei
programmi”: nel “Laboratorio Roma” questa “formula magica” avrebbe
realizzato finalmente “una vera alternativa alla destra”.
Questo per il Segretario. Ma veniamo alla realtà:
innanzitutto il programma.
Tra una formula ad effetto e l’altra, non si può non
vedere come l’intero programma del “candidato ideale” presenti
un'impostazione neoliberale: dalla “valorizzazione dell’autonomia
scolastica” e necessità di prevedere dei sussidi al fine di valorizzare la
collaborazione tra “istruzione e formazione professionale”; all’importanza
di erogare contributi (che il governo non dà) alle imprese in generale;
passando, solo per citare alcuni dati, per la piena rivendicazione dei Patti
Territoriali (che oltre a non garantire ai lavoratori l’articolo 18,
garantiscono le imprese in tutto, grazie a moratorie sindacali totali), e per
l’adeguamento e il rilancio della “Capitale Lavoro SPA” (collocamento).
La piena continuità sostanziale con il centrodestra è
evidenziata, in maniera a dir poco grottesca, dal fatto che al fianco del
“candidato ideale” e dei falchi Ds, in Giunta troveranno posto anche
Giovanni Assogna (Comunione e Liberazione), e Giorgio Fanfani (ex assessore del
centrodestra alla Formazione Professionale e al Lavoro).
La realtà, come sempre poco rispettosa delle verità
artatamente costruite, mostra evidentemente la piena continuità sostanziale con
la precedente amministrazione di centrodestra, di cui Gasbarra non mette in
discussione gli assi politici strategici. Ma per Bertinotti al fine della svolta
“hanno pesato il no alla guerra e l’attenzione al lavoro”.
Gasbarra, e su questo concordiamo con Bertinotti, è stato
sì un candidato ideale… ma, aggiungiamo, per il centro liberale e per i
poteri forti di cui è espressione. Tant’è che non solo la stessa città di
Roma, così tante volte additata come modello dal segretario, vanta un record
nel ricorso, anche in settori “pubblici” come il trasporto, al lavoro
precario ed eccelle nelle pratiche clientelari (da ultimo il PRG); ma
addirittura la tesi del segretario per cui il no alla guerra (a cui è seguito
il sì alla partecipazione dell’Italia alla spartizione del bottino) avrebbe
"spirato nelle vele" è smentita persino da vasti settori, anche
moderati, dei movimenti, che hanno fortemente criticato la demagogia di certe
operazioni (la bandiera della pace come simbolo della campagna elettorale di
Gasbarra ecc.).
Bertinotti preferisce ignorare tutto ciò e difendere
Gasbarra e l’intero centro liberale (anche a scapito del partito stesso che
non ha capitalizzato affatto, a differenza di altri partiti, il no alla guerra)
dalle critiche dei movimenti, che quando si rifiutano di sottomettersi
all’Ulivo (come già in occasione della manifestazione dei movimenti di aprile
a Roma contro la guerra distinta da quella dell’Ulivo), diventano
“settari” e “manichei”.
Conclusione: l’unica”formula magica” che vediamo nel
“laboratorio Roma” è quella che è costretto ad inventarsi Bertinotti per
trasformare la totale continuità del centrosinistra con la gestione del
centrodestra, in “un’esperienza avanzata di alternativa alla destra”.
Per Bertinotti il risultato romano “può essere il primo
passo verso un percorso diverso”. I fatti, che hanno la testa dura, dimostrano
che questo “percorso diverso” (perseguito per dieci anni, e per dieci anni
fallito) potrebbe in realtà significare solo la distruzione del PRC come
opposizione di classe. Ecco perché la sinistra rivoluzionaria del partito si
opporrà a questo "percorso diverso".
Oggi più di ieri è necessaria una vera “svolta a
sinistra” del PRC: che passa necessariamente per la rottura definitiva, tanto
a livello nazionale quanto a livello locale, con il centro borghese.
*I dati citati si riferiscono all’intervista di
Bertinotti al Messaggero del 27
maggio; all’articolo in prima pagina del Messaggero
Roma del 27 maggio, e al programma elettorale di Gasbarra.