Per rifondare un’organizzazione di lotta.

 Cronaca del Congresso di Buenos Aires

 

di Alberto Airoldi

 

Il Congresso di Buenos Aires, che ha dato vita al Coordinamento per la Rifondazione della IV Internazionale (cfr. articolo di Franco Grisolia), ha visto riuniti 86 delegati nel teatro San Martìn, nel centro della città. L’obiettivo dei lavori era estremamente ambizioso: trasformare le comuni iniziative intraprese da alcune organizzazioni nel corso di 7 anni, sulle basi politiche del “Manifesto di Genova”, nell’embrione di un partito rivoluzionario internazionale.  In questi 7 anni lo scenario internazionale si è profondamente modificato:  la crisi dell’imperialismo si è ulteriormente approfondita, fino a giungere all’attuale impantanamento fra le roventi sabbie dell’Iraq, la lotta di classe ha lambito il potere in America Latina e ha determinato un vero e proprio disgelo sociale in molti paesi dominanti. Le organizzazioni che avevano aderito all’appello di Genova sono cresciute numericamente (quadruplicato il numero di militanti dal 1997), pur senza conoscere, purtroppo, una significativa estensione territoriale. Il passo che si apprestavano a compiere era ambizioso anche per un altro motivo: nella storia del trotskysmo non si sono quasi mai verificati processi di raggruppamento rivoluzionario, ma prevalentemente scissioni. Questo è vero anche per la storia più recente, post 1989. La ricomposizione di forze provenienti da tradizioni diverse è quindi un fatto nuovo, e anche la sua rilevanza numerica (confrontabile con quella delle maggiori strutture internazionali che fanno riferimento al trotskysmo) rappresenta un segnale importante. Non interessava, infatti, dare  vita a una setta di “interpreti autentici” degli scritti di Lev Trotsky, ma gettare le prime solide basi per ricostruire l’internazionale rivoluzionaria.

I lavori si sono aperti da tre interventi pubblici, di Franco Grisolia (Progetto Comunista), Savas Michael Matsas (EEK) e Jorge Altamira (PO) e sono successivamente proseguiti in 4 commissioni: Statuto, Programma, Manifesto e Sezioni nazionali.

 

La discussione sulla Bozza di tesi programmatiche

La delegazione italiana, composta da 6 compagni e 2 compagne, insieme al delegato statunitense, ha proposto alcuni emendamenti alla bozza di programma relativi all’analisi del movimento, alle tendenze centrifughe e centripete nel processo di costruzione del blocco imperialista europeo, alla restaurazione capitalistica nell’ex blocco sovietico, in Cina ecc., all’unità della nazione araba come prodotto di un processo di rivoluzione permanente, ai limiti della parola d’ordine dell’assemblea costituente, al ruolo e al carattere del Segretariato Unificato.  E’ difficile ricostruire qui, in poche righe, la complessità della discussione che si è sviluppata, e che ha portato all’accoglimento solo del primo degli emendamenti da parte della commissione. Per quanto riguarda il processo di unificazione del blocco imperialista europeo non ci sentiamo di condividere il giudizio netto contenuto nel documento. Anche se non viene formulata nessuna previsione nel breve periodo, ma ci si concentra sulla tendenza, non ci sentiamo di affermare che il futuro dell’UE sia necessariamente destinato al fallimento e alla disgregazione. Più articolata la questione relativa all’unità della nazione araba, che il testo programmatico non prende in considerazione come parola d’ordine importante e che, invece, l’emendamento individua come prospettiva unificante, ma possibile solo come unità socialista, come conseguenza della presa del potere da parte dei lavoratori dei paesi in cui la nazione araba è stata artificialmente divisa.  Ci è sembrato importante anche sottolineare come, nell’ambito della fase di crisi dell’imperialismo che caratterizza l’epoca attuale, le lotte sociali che si sono sviluppate, per quanto talvolta di enorme portata, non hanno per ora coinvolto, nella maggior parte dei casi, il proletariato di fabbrica. Una formulazione diversa è stata proposta anche rispetto alla caratterizzazione del Segretariato Unificato che, a nostro avviso, è più corretto definire come “un centro politico di distruzione politica e organizzativa del marxismo rivoluzionario”, piuttosto che “un’appendice della piccola borghesia democratizzante”. Sulla questione della parola d’ordine dell’assemblea costituente abbiamo valutato utile chiedere l’inserimento di un paragrafo che precisasse che la si ritiene necessaria solo al fine del “superamento delle illusioni democratiche delle masse…per preparare le condizioni per la creazione di un potere dei soviet”. Gli estensori del documento programmatico hanno ritenuto che questa precisazione fosse superflua.  L’insieme degli emendamenti, approfonditamente discussi nella commissione, è stato respinto nel corso dell’assemblea plenaria. La quasi totalità della nostra delegazione ha pertanto deciso di astenersi sulle tesi programmatiche.

Solo l’irrobustimento della nostra organizzazione internazionale, lo sviluppo degli strumenti di stampa e propaganda e degli ambiti di discussione, e il confronto con la lotta di classe potranno stabilire l’importanza di queste differenze di analisi.

 

La discussione sullo statuto

Per quanto riguarda lo statuto la discussione si è incentrata soprattutto sul rapporto tra le strutture internazionali che si dovevano eleggere e le sezioni locali e su come disciplinare il diritto di tendenza. La questione ha rappresentato indubbiamente uno dei punti nevralgici della discussione sullo statuto. Tutte le delegazioni hanno riconosciuto l’importanza del riconoscimento di questo diritto, esprimendosi, ma proponendo soluzioni alternative sulla sua traduzione in pratica, in particolare in questa fase iniziale di consolidamento. Si è convenuto sull’opportunità di inserire una clausola transitoria che disciplina il diritto di tendenza a decorrere dal prossimo Congresso Internazionale, che si terrà tra 3 anni.  La subordinazione della nascita di una tendenza in una sezione nazionale all’approvazione da parte della sezione interessata non ha convinto la delegazione italiana, che, pur riconoscendo l’importanza che lo statuto preveda esplicitamente il diritto di tendenza, ha espresso le sue riserve nel merito. Lo statuto ha stabilito i requisiti, numerici e non, per dar vita a una sezione nazionale. Molta importanza è stata attribuita agli organi di stampa (giornale e bollettino interno), che rappresentano certo una condizione necessaria per costituire un’organizzazione presente nella lotta di classe. L’enfatizzazione che talvolta si è registrata sulla questione è probabilmente dovuta al diverso ruolo che gioca la carta stampata in paesi imperialistici in fasi diverse di sviluppo. In generale la differenza delle situazioni nazionali, portato dello sviluppo diseguale e combinato del capitalismo, costituisce  una delle grandi difficoltà che incontrano dei rivoluzionari che agiscono in contesti a volte molto diversi tra loro.  Il voto favorevole da parte della quasi totalità della nostra delegazione sullo statuto, pur con la segnalazione di alcune perplessità, è dovuta al fatto che, vi individuiamo le regole fondamentali che ci possono garantire, nella prossima fase, di consolidare il salto di qualità compiuto.

Più semplici i compiti delle rimanenti due commissioni, che hanno discusso le varie situazioni nazionali, interessandosi dell’intervento di ciascuna sezione, ed elaborato un manifesto politico conclusivo del congresso, votato all’unanimità con qualche astenuto.

 

Il contesto in cui si è svolto il Congressso

Il congresso si è concluso con un’iniziativa pubblica in un palasport, dove i rappresentanti delle delegazioni sono intervenuti sul tema della rifondazione della IV Internazionale davanti a più di 5.000 compagni mobilitati dal Partido Obrero nell’area urbana di Buenos Aires. La grande affluenza, il clima di forte entusiasmo, gli slogan e le canzoni sulle tutte le principali parole d’ordine hanno dato a tutti un’immagine del radicamento del Partido Obrero, in particolare nel movimento Piquetero. Le delegazioni di Piqueteros, la numerosa comunità boliviana, i militanti del partito, hanno occupato i vari settori del palazzetto, esponendo bandiere e striscioni che si  aggiungevano all’enorme striscione rosso di fronte al palco, con la scritta: “Luchar, vencer, obreros al poder’”

La permanenza per il Congresso ha offerto ai delegati anche la possibilità di verificare alcuni aspetti della situazione politica argentina.  Hanno potuto anzitutto partecipare alla conclusione dell’assemblea nazionale del Polo Obrero una riunione di tremila delegati, rappresentanti sindacali di base, disoccupati (ma anche altri: pensionati, minoranze sessuali) eletti in assemblee di base in ragione di uno ogni 40 partecipandi, sulla base della forza delle diverse posizioni. L'Assemblea ha avuto un aperto e democratico confronto di posizioni. I delegati in Assemblea generale hanno votato su circa sessanta ordini del giorno prodotti dal lavoro delle varie commissioni. Circa quaranta voti sono stati unanimi, ma su una ventina ci sono stati voti a maggioranza su diversi con odg contrapposti (Niente a che vedere con l'unanimismo da accordi di corridoio delle assemblee italiane di movimento, senza delegati eletti). In particolare è stata respinta a larga maggioranza (circa 80% contro) la proposta del settore del Partito comunista di trasformare l' ANT in una sorta di "Fronte Democratico" aperto

a forze politiche "progressiste". E’ stata ugualmente respinta con l’85% dei voti la proposta di alcuni settori movimentisti di andare verso la formazione di una nuova confederazione sindacale. Si è ribadita, al contrario, la politica di lotta per la" riconquista dei sindacati" esistenti contro la burocrazia. l'Assemblea ha deciso, a larga maggioranza di partecipare ad una manifestazione contro "'insicurezza" per non lasciare tale tema alla destra.

Nella seconda sera di congresso abbiamo partecipato a questa controversa manifestazione, che, ha posto il problema del principale artefice dell’insicurezza: la polizia.  E’ provato, infatti, che la polizia è spesso collusa con le bande di sequestratori attive nel paese. Il settore Piquetero, dopo avere assistito al comizio degli organizzatori, si è poi staccato e ha dato vita a un presidio in Plaza de Mayo, durante il quale hanno preso la parola i famigliari delle vittime del “grilletto facile” della polizia.

Le delegazioni straniere hanno infine visitato la Sasetru, una delle fabbriche occupate dai lavoratori,  in cui si sta cercando faticosamente di riattivare la produzione.

Il quadro che emerge è di una forte conflittualità diffusa: poco prima che arrivassimo i lavoratori della metropolitana di Buenos Aires avevano vinto una lotta per mantenere le 6 ore di lavoro, nelle università sono in corso mobilitazioni contro l’introduzione di nuove tasse e i numeri chiusi, il pubblico impiego e gli insegnanti rivendicano aumenti salariali con scioperi e manifestazioni che spesso finiscono duramente represse, come a San Luis. Nonostante la recente sentenza della Corte Costituzionale i Piqueteros continuano a utilizzare il loro principale strumento di lotta, ora definito illegale: il blocco stradale.