IL DIBATTITO NEI GIOVANI COMUNISTI SUL SIMBOLO DEL PARTITO

 

 

Trovate qui sotto una breve nota relativa al dibattito che si è aperto nei GC in relazione ad alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa da alcuni dirigenti di maggioranza dei Giovani Comunisti.

 

Fabiana Stefanoni

 

 

Svolte ideologiche e ragioni materiali

 
In occasione dell'ultimo campeggio nazionale dei Giovani Comunisti -che si è tenuto ad Acerra poche settimane fa- è sorto un dibattito acceso in relazione ad alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa rispettivamente da Nicola Fratoianni, l'ex coordinatore nazionale dei Gc, e da Michele De Palma, l'attuale coordinatore.
 
Il nodo della questione verte essenzialmente su alcune affermazioni che riflettono il "nuovo corso" del partito in seguito alla decisione di entrare a far parte di un futuro governo Prodi-bis. Nulla di nuovo: la maggioranza dirigente dei Giovani Comunisti, ponendosi in continuità con le recenti dichiarazioni del segretario nazionale del partito e con le connesse svolte ideologiche (nonviolenza, religione ecc), sostiene la prospettiva di un governo nazionale a braccetto con i partiti del Centro liberale dell'Ulivo, rappresentanti privilegiati del capitalismo italiano.
 
Come abbiamo più volte evidenziato, il centrosinistra non è affatto cambiato -checché ne dicano i dirigenti di maggioranza - e continua a sostenere e applicare le stesse politiche neoliberiste, guerrafondaie e antiproletarie. Per questo non c'è stupirsi se la mancata messa in discussione della prospettiva di governo con i partiti della grande borghesia italiana si traduce nel necessario ammorbidimento della linea del partito, anche a livello di scelte ideologiche e culturali. Così, mentre Bertinotti arriva a mettere in discussione la parola d'ordine del ritiro immediato delle truppe coloniali in Iraq, i dirigenti di maggioranza dei Giovani Comunisti si trovano nell'imbarazzo di conciliare le lotte che abbiamo sostenuto negli anni passati (contro i Centri di Permanenza Temporanea, a favore dei movimenti antiglobalizzazione, contro le politiche di guerra, contro la privatizzazione della scuola...) con la prospettiva di un governo comune con quelle forze politiche che continuano esplicitamente a dichiarare di non voler mettere in discussione né i Cpt né la possibilità di "guerre umanitarie" (V. le recenti dichiarazioni di Rutelli) e che certo non rappresentano le istanze che, in questi anni, hanno animato i movimenti degli studenti contro la svendita della scuola pubblica e di tanti giovani contro la globalizzazione capitalistica. Ovviamente nessuna conciliazione è possibile: rappresentare e sostenere le ragioni dei movimenti e dei lavoratori significa vedere nell'alternativa anticapitalistica l'unica alternativa credibile, in contrapposizione all'Ulivo e a Confindustria.
 
I dirigenti di maggioranza dei GC si rifiutano di mettere in discussione la sciagurata prospettiva di governo: questo si traduce nel goffo tentativo di conciliare l'inconciliabile, tentativo che si traduce, con le dichiarazioni di De Palma e Fratoianni, nell'elaborazione di bizzarre teorie circa un presunto mutamento radicale nel "rapporto tra la politica e la vita" intervenuto in seguito all'esplosione del movimento antiglobalizzazione. Per dirlo con le parole dell'attuale coordinatore nazionale "Noi intendiamo continuare a partecipare al movimento e a violare i Cpt, indipendentemente dai governi". Come dire che i Giovani Comunisti potranno continuare a mettere in pratica sceneggiate disobbedienti indipendentemente dal fatto che Rifondazione Comunista sarà in prima fila nella gestione diretta degli interessi dei padroni per i padroni: quale modo migliore per negare non solo le ragioni del movimento antiglobalizzazione ma anche le migliori potenzialità della disobbedienza?
 
Non è una questione di identità
 
In relazione a questo, crediamo che l'unico modo per porre fine a questo processo -che ci sta allontanando sempre più da quei soggetti che dovremmo rappresentare- sia interrompere da subito la trattativa col centrosinistra in vista di un comune governo nazionale. Solamente opponendosi alla collaborazione di classe, prendendo atto fin da subito che nessuna trattativa è possibile con quei partiti che rappresentano i poteri forti del paese (maggioranza Ds, Margherita, Sdi), si può ritornare ad acquisire credibilità agli occhi dei tanti giovani e delle tante giovani che in questi anni si sono mobilitati contro la guerra e contro la globalizzazione. Solamente denunciando con chiarezza il carattere filopadronale delle politiche di questi partiti sarà possibile per i Giovani Comunisti diventare un punto di riferimento credibile per i giovani lavoratori che subiscono sulla propria pelle gli effetti devastanti della ristrutturazione capitalistica (precarizzazione del lavoro in primis). 
 
Da questo di vista, riteniamo fuorvianti le critiche che vengono da parte dei compagni e dalle compagne che hanno sostenuto il terzo documento alla II Conferenza nazionale Gc (area dell'Ernesto). Questi compagni si soffermano esclusivamente sull'aspetto ideologico, mentre non mettono in discussione con chiarezza la prospettiva dell'alleanza di governo col centrosinistra. Oggetto delle critiche di questi compagni è essenzialmente la ventilata possibilità di rimuovere il simbolo della falce e martello dalle tessere dai Giovani Comunisti: è sicuramente un fatto grave ma che va analizzato, a nostro avviso, nella sua origine prima, ovvero nella "svolta materiale" dell'entrata in un futuro governo Prodi. I compagni dell'Ernesto si dicono scandalizzati per le dichiarazioni relative ai simboli e tuttavia non mettono in discussione la possibilità di intavolare una trattativa con i partiti dell'Ulivo in vista di un governo comune. Poco vale difendere i simboli del comunismo se poi se ne negano le ragioni nella prassi politica, ritenendo possibile compromettere un partito comunista in un'alleanza di governo con la borghesia (del resto, i compagni dell'Ernesto sono strenui sostenitori delle alleanza locali, che in alcune province, città e regioni gestiscono in prima persona, rendendosi complici di politiche nettamente antiliberiste). Sicuramente la scelta di rimuovere il simbolo dei comunisti va denunciata, ma anzitutto quale concretizzazione del carattere nefasto della politica di alleanze portata avanti dalla maggioranza dirigente del nostro partito.
 
Proprio la gravità delle recenti prese di posizione da parte dei dirigenti di maggioranza dei GC -che, come detto, ci allontanano dai movimenti e non sono altro che l'espressione dell'ammorbidimento della linea del partito in ossequio alle forze del centrosinistra- rende sempre più urgente una nuova conferenza nazionale dei Giovani Comunisti (che, da statuto, doveva tenersi ormai vari mesi fa e che, invece, l'esecutivo nazionale, nonostante le nostre ripetute richieste, ha sempre rifiutato di prendere in considerazione). Riteniamo che i giovani del partito debbano essere chiamati a esprimersi circa la prospettiva di un nuovo governo Prodi con ministri del nostro partito nell'esecutivo. Si tratta di una scelta che comprometterebbe le stesse ragioni di classe del nostro partito e che, quindi, va discussa fin da subito nella base giovanile del partito. I compagni e le compagne di Progetto Comunista attivi nei Giovani Comunisti si impegnano a contrastare questo sciagurato progetto e a mantenere viva la prospettiva della rivoluzione socialista.
 
 

Luca Belà, Nicola Di Iasio, Fabiana Stefanoni