Chiudere i Cpt, rompere con l’Unione

Le politiche di esclusione dei due poli della borghesia

 

di Michele Rizzi

 

Votazione nominale del ddl n. 3240 – Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero – Legge Turco-Napolitano (in relazione alla creazione dei Cpt). Seduta del 19/11/1997 presieduta da Luciano Violante. Rifondazione Comunista: Bertinotti Fausto – Assente; Boghetta Ugo – Favorevole; Bonato Francesco – Favorevole; Cangemi Luca – Favorevole; De Cesaris Walter – Favorevole; Giordano Francesco – Favorevole; Lenti Maria – Favorevole; Malavenda Mara – Assente; Malentacchi Giorgio – Favorevole; Mantovani Ramon – Favorevole; Nardini Maria Celeste – Favorevole; Pisapia Giuliano – Favorevole; Rossi Edo – Favorevole; Santoli Emiliana – Favorevole; Valpiana Tiziana – Favorevole; Vendola Nichi – Favorevole.

 

Cpt: lager razzisti

I Centri di permanenza temporanea (Cpt) esistenti sul territorio italiano sono attualmente 15, con un totale di 1822 posti. Il Ponte Galeria di Roma è il più grande con 300 immigrati. Gli altri si trovano ad Agrigento con 110 posti, Bologna con 95, Brindisi con 180, Caltanissetta con 96, Catanzaro con 75, Crotone con 129, Lecce con 180, Milano con 140, Modena con 60, Ragusa con 60, Torino con 78 e Napoli con 54. Inoltre sono previsti altri 4 Cpt da realizzare a Bari, Foggia, Perugia (300 posti ognuno) e (220). I Cpt sono stati creati dal governo Prodi con la legge Turco-Napolitano e confermati dalla legge Bossi-Fini, per reprimere tutti gli immigrati che entrano in Italia senza permesso di soggiorno. Il nostro Partito presentò la sua sciagurata decisione di votare a favore della prima legge come “il male minore”, come se i diritti dei nostri fratelli immigrati si potessero scambiare con varie “esigenze” di alleanza di governo. La borghesia e i suoi governi, Prodi e Berlusconi, al di là delle quote annuali d’ingresso, ha blindato i confini italiani, così come il Trattato di Shengen blinda i confini dell’Unione europea. Le cosiddette “carrette” del mare di proletari che emigrano in Italia, mettendo a repentaglio la loro stessa esistenza, si svuotano, in genere, in questi veri lager razzisti.

Prodi ha stabilito il primo precedente di limitazione delle libertà democratiche anche nel caso, amministrativo, di non possesso di un documento di permesso di soggiorno. Gli immigrati vengono sbattuti in questi lager militarizzati e detenuti per sessanta giorni fino all’espulsione dal territorio italiano. Il loro “soggiorno” coatto in cella è frutto della loro mancata “regolarizzazione” da parte del rispettivo padrone, del lavoro nero o della perdita di un’occupazione, oltre che dell’arrivo da altro paese, senza permesso di soggiorno. Chi riesce a dileguarsi sul territorio italiano, scampando alla detenzione, viene schiavizzato nelle campagne del meridione, finisce nel giro della prostituzione o si “arrangia” ai semafori.

“Sono clandestini e possibili terroristi”. Questo è l’orientamento generale della borghesia e delle forze repressive. Nel frattempo le condizioni di vita, di per sé già drammatiche per la privazione di libertà, diventano un inferno per l’abuso violento dei carcerieri. Dal Cpt di Milano, a quello di Bologna, passando per quello di Trapani (qui nel 1999 morirono in un rogo interno sei immigrati tunisini), le violenze ed i soprusi sono aumentati in maniera disinvolta. Nel Cpt “Regina Pacis” di S. Foca (Lecce), l’ex direttore don Cesare Lodeserto è stato condannato a un anno e quattro mesi per sequestro di persona, abuso dei mezzi di correzione, violenza privata e minacce. Bastava lamentarsi per il caldo o arrivare tardi a colazione, come ha raccontato al processo un immigrato, per subire punizioni corporali o psicologiche. La curia leccese , con i suoi Lodeserto, ha gestito miliardi di finanziamenti statali e repressione per gli immigrati. Le già citate rivolte nei centri e le tante manifestazioni contro la loro esistenza hanno avviato un forte dibattito su quella che è stata definita la nuova schiavitù del ventunesimo secolo.

 

Chiuderli, “umanizzarli” o aprirne altri ? 

Il governo Berlusconi si è prodigato nel finanziare il governo del colonnello Gheddafi per la creazione di Cpt libici e per l’apertura di altri lager in Italia. Il Prc e i Verdi, dopo aver dato un contributo ad istituirli, fanno marcia indietro chiedendone la chiusura e la sostituzione con centri di accoglienza gestiti da associazioni umanitarie. Fassino e Violante, con l’avallo di Prodi e della maggioranza liberale dell’Unione, in disaccordo con la sinistra dello schieramento prodiano, considerano la chiusura dei Cpt “una semplificazione errata” poiché “bisogna intervenire sull’attuale assetto dei centri e trasformarli in luoghi con condizioni più civili, più umane e più moderne”. Ancora Fassino: “Se il prossimo governo di centrosinistra dà la sensazione che si smantellano gli strumenti di lotta alla clandestinità, rischiamo di accrescere il sentimento di ostilità dei cittadini italiani verso tutti gli immigrati”.

L’altolà dei leader ulivisti ad ogni ipotesi di chiusura dei lager per immigrati, al di là di ogni pia illusione di Bertinotti e di Vendola, evidenzia la contraddizione che vive il Prc, tra il tentativo di stare dalla parte dei “senza diritti” e il posizionamento in un schieramento politico borghese che ha creato queste carceri e intende mantenerle anche per il prossimo governo ulivista, in cui il Prc si appresta a subire l’abbraccio mortale della collaborazione di classe con confindustriali, banchieri e i vari poteri forti del Paese.

Solo la rottura con l’Unione può portare il Prc ad un’azione decisa di mobilitazione per la chiusura degli orrori chiamati Cpt e per l’abolizione delle leggi razziste, Bossi-Fini e Turco-Napolitano. O si sta con chi vuole gli immigrati in galera o con chi vuole che siano assicurate loro tutte le libertà democratiche, contro ogni sfruttamento di classe. In mezzo non si sta. Progetto comunista starà sempre con tutti i proletari contro i loro sfruttatori e carcerieri, siano essi di centrosinistra o di centrodestra.