Questione
meridionale: la grande assente nella pratica del PRC
di
Valerio Torre
Quante volte siamo stati costretti ad
ascoltare le motivazioni addotte dal gruppo dirigente del partito per
giustificare almeno formalmente la scelta di entrare nelle maggioranze e nelle
giunte degli enti locali! La litania delle argomentazioni è sempre stata la
stessa: il pericolo delle destre, la costruzione di elementi di controtendenza
rispetto al quadro politico nazionale, ed altre consimili amenità. Ma la
ragione che, in genere, viene sbandierata per convincere gli indecisi è che
solo in questo modo il PRC potrà “incidere”, “condizionare”,
“determinare” le politiche dei sodali di coalizione, soprattutto nel
Mezzogiorno, dove le condizioni di vita sono di gran lunga peggiori che in altre
aree e dove i processi di emarginazione economica e sociale si sono realizzati
oltre misura.
In realtà, proprio la questione
meridionale è la grande assente dall’elaborazione teorica della maggioranza
del partito; ed il paradosso è che Rifondazione non è mai riuscita ad
“incidere”, a “condizionare” o “determinare” gli indirizzi del
centrosinistra: né a livello nazionale (ed è esattamente questa la ragione per
cui, dopo aver votato le finanziarie “lacrime e sangue” ed il Pacchetto Treu,
si è risolta ad uscire dalla maggioranza Prodi: perché non aveva il peso e
l’autorevolezza –seppur forte di un risultato elettorale quasi doppio
rispetto a quello attuale– per “incidere”, “condizionare”,
“determinare” alcunché); né a livello locale, a partire dall’esperienza
nella Regione Campania.
La vicenda sulla quale posso riferire
–quella di Salerno– è del pari emblematica: dopo due consiliature
all’opposizione di giunte di centrosinistra, senza nessuna ragione e sulla
sola base di un accordo elettorale frutto di un’intesa politicista ed
opportunista contestata da metà del partito, il PRC si presentò, alle
amministrative di maggio 2001, in coalizione con l’Ulivo ed oggi governa la
città avendo ottenuto l’assessorato al lavoro ed alle politiche sociali
(delega che sembra cucita su misura per il nostro partito: quasi una sorta di
“riserva indiana”).
Ma, dopo poco più di un anno, gli
effetti sono sotto gli occhi di tutti: Rifondazione si trova a cogestire (ed in
posizione assolutamente ininfluente) politiche di contenimento della spesa
pubblica, che hanno comportato, appena dopo la già gravosa istituzione per i
cittadini dell’addizionale IRPEF, un suo recente aumento; si trova ad
affrontare, senza strumenti effettivi per un’adeguata ricollocazione dei
lavoratori, il problema delle sacche di disoccupazione provenienti dalla
deindustrializzazione; si trova a dover forzatamente approvare, per vincolo di
coalizione, una bozza di piano regolatore che ha avversato nella precedente
consiliatura, quando era all’opposizione; si troverà a gestire la fase di
applicazione di tale piano dal potenziale economico (stima dell’Associazione
Costruttori salernitani) pari a 5 miliardi di euro, che creerà una
cementificazione selvaggia per 1.600.000 mq. di nuova capacità edificatoria e
pessima occupazione nell’edilizia salernitana, storicamente avvezza ad
utilizzare lavoro nero, sottopagato e senza garanzie sindacali e di sicurezza;
si troverà a dover coprire, sempre per vincolo di coalizione, le poco
trasparenti gestioni delle società pubbliche, maturate quando era
all’opposizione, casomai ingoiando il boccone con l’aiuto di una qualche
presidenza, nella più classica logica opportunistica; dovrà accettare
l’annunciato ingresso in giunta di forze politiche di centrodestra, eredi del
peggior ceto politico democristiano, e di veder ulteriormente ridotto il già
misero peso politico; non riuscirà ad arrestare il già avviato processo di
svendita ai privati delle società pubbliche ed esternalizzazione dei servizi.
A quest’ultimo riguardo, dopo
un’estate infernale in cui la città è stata strangolata da una crisi idrica
senza precedenti e sepolta da una montagna d’immondizia, sono già in
dirittura d’arrivo le dismissioni del servizio idrico e di quello della
raccolta dei rifiuti; mentre si attende il verificarsi delle condizioni perché
sia portata a compimento la cessione ai privati di una quota pari al 80% della
Centrale del latte, preannunciata dall’attuale Sindaco in un’intervista a Il
Sole 24 Ore del 12/3/2001: e tutto questo con la complicità del PRC, il cui
assessore non si è fatto recentemente scrupolo di approvare una delibera con la
quale si è deciso lo sfratto –successivamente eseguito con la forza
pubblica– di una comunità di senegalesi regolarmente insediata da anni in una
struttura adibita ad ostello della gioventù!
Né va meglio in altre realtà del
salernitano. Ad Eboli, il sindaco espresso da Rifondazione è, proprio in questi
giorni, protagonista di un violento scontro con l’intero corpo del partito sul
tema del lavoro e della stabilizzazione degli L.S.U., dapprima promessa e
sbandierata in un protocollo d’intesa, quindi … dimenticata nell’atto
amministrativo che dava esecuzione a quel documento d’indirizzo; con
l’aggravante che uno dei consiglieri comunali del P.R.C. è proprio un L.S.U.
La vicenda è quindi sfociata in un braccio di ferro che ha visto il gruppo
consiliare del partito disertare in massa le sedute di consiglio, facendo così
ripetutamente mancare il numero legale.
A Nocera Inferiore, le recenti
amministrative hanno visto Rifondazione entrare in giunta in coalizione con
l’Ulivo, ottenendo l’assessorato al lavoro. Ebbene, i giorni scorsi il
sindaco (Margherita) ha dichiarato che, sì, va bene la difesa dell’art. 18,
“ma il mercato del lavoro ha bisogno di flessibilità”.
Dov’era il nostro assessore al lavoro?
La verità è che la questione
meridionale non può essere affrontata con i vincoli della compatibilità di
bilancio di un ente locale in coalizione con forze borghesi, ma inquadrata nella
prospettiva anticapitalistica che un partito comunista autenticamente
rivoluzionario dovrebbe perseguire, coagulando, intorno a rivendicazioni di
classe, un blocco di classe fra il movimento operaio organizzato e le masse
emarginate del Sud,
finalizzato alla costruzione del polo
anticapitalista ed autonomo per un progetto comunista rivoluzionario. Ma,
questa, è una prospettiva completamente rimossa dalla maggioranza dirigente del
nostro partito.