Prc e collaborazione di classe

 Privatizzazione dell'acqua a Genova

 Come aderire al Forum Sociale Mondiale e far felici azionisti e imprese

 

 

di Andrea Bono e Alessandro Borghi

 

È notizia di questi giorni (luglio-agosto 2003) che il Comune di Genova e il suo assessore Walter Seggi, di Rifondazione Comunista, proprio durante l’Anno Mondiale dell’Acqua e dopo aver di fatto privatizzato le dighe idriche genovesi (nonostante gli appelli e le pressioni delle associazioni e di vari settori di società civile), hanno deciso di incrementare del 10% le tariffe dell’acqua per tutti i cittadini. Anche questa vicenda dimostra che la gestione di beni comuni come l’acqua, quando è posta all’interno di logiche di mercato, produce situazioni estremamente dannose per i soggetti sociali più deboli.

Il modello - di tipo mercantile - che sta governando il processo di privatizzazione dell’acqua a Genova determina, come sempre, due tipi di ricadute opposte e, nel contempo, interagenti. Anzitutto, da una parte è possibile osservare l'aumento del valore delle azioni in borsa (poiché l'AMGA - l'azienda che gestisce l'acqua -, di cui il Comune di Genova detiene il 54%, è quotata in borsa), per la gioia degli azionisti, degli imprenditori del settore e anche dei politici, i quali, avendo favorito tale situazione, finiranno ovviamente per trarne i relativi benefici. Sul versante opposto, si assiste al fatto che si fanno scontare ai cittadini delle fasce sociali deboli scelte politiche che indicano quanto sia uno "specchietto per allodole" il tanto sbandierato e abusato concetto di "bilancio partecipato". Suscita anche una certa ilarità, in qualche misura, il fatto che il Comune di Genova (governato da una giunta di Centrosinistra, è bene ricordarlo) da un lato continui a perseguire con grande alacrità le sue politiche di privatizzazione nel territorio, dall’altro continui a gettare fumo negli occhi partecipando a eventi internazionali quali il Forum Sociale Mondiale o, addirittura, aderendo al Contratto Mondiale per l’Acqua!

Primo e principale effetto di questo processo di privatizzazione, come dicevamo in precedenza, è l’aumento delle tariffe a carico della cittadinanza; ora, tale aggravio di spesa va a favore di investimenti che però, disgraziatamente, non vengono destinati ad apportare migliorie quantitative e qualitative del servizio acqua e neppure a ridurre perdite nella distribuzione: non mancano, in proposito, eclatanti esempi. È notizia del 3 agosto 2003 (dal Secolo XIX, quotidiano di Genova) che nel territorio si registrano numerosi casi di sperpero e dispersione a causa di carenze o condizione obsoleta delle condotte. Nell’articolo citato infatti si racconta del caso di Bogliasco e Sori, comuni della Riviera Genovese, dove vecchie sorgenti di acqua purissima non vengono collegate alla rete idrica, poiché, a detta dei funzionari AMGA, i costi sarebbero troppo elevati, con il risultato che in un periodo di siccità come quello attuale diversi milioni di metri cubi d’acqua potabile, un tempo sfruttati, finiranno in mare. Anche in altre zone della città di Genova vengono segnalati casi di dispersione d’acqua potabile a causa di perdite, ma l’AMGA non interviene, sollevando così non poche proteste.

Le conseguenze negative, si riversano, dunque, sulla maggioranza degli utenti e i costi di ammordenamento delle reti fognarie e della depurazione delle acque reflue - il secondo filone di affari legato all’acqua - vengono finanziati con i soldi sottratti alla collettività attraverso gli aumenti tariffari. In tal modo, si evita di imporre aumenti dei contributi (per la realizzazione di fognature e impianti di depurazione) a carico delle imprese industriali, commerciali e di costruzioni, ovvero i maggiori consumatori di acqua.

A Genova, per la vendita delle dighe idriche, non si è proceduto ad una normale cessione del patrimonio comunale, bensì ad una cessione di beni che non possono essere ceduti, forzando l’interpretazione dei commi di quel famigerato art. 35 della finanziaria del 2001. Tale articolo prevede che impianti e reti necessari alla gestione di servizi pubblici locali non possono essere venduti a privati, se non attraverso il conferimento in società pubbliche (al 100%, come risulta dall’ultima modifica apportata dalla delega in materia ambientale), ma, come era prevedibile, si è trovata "l’eccezione": si dice che alle società quotate in borsa (AMGA guarda caso lo è) gli enti locali possono cedere la loro partecipazione anche se le stesse sono proprietarie di reti e impianti. Con questo contorto e forzato ragionamento, la giunta di collaborazione di classe di Genova, che si vanta di partecipare al Forum Sociale Mondiale, vuole rendere privatizzabile anche ciò che, a rigor di legge, non lo sarebbe.

Non si può non notare, analizzando questa complessa vicenda, tutta una serie di contraddizioni piuttosto evidenti. Appare quanto mai difficile, innanzitutto, cogliere differenze tra le scelte politiche delle amministrazioni di Centrosinistra e le politiche finanziarie di svendita di beni immobili pubblici e privati proposte dall’attuale ministero dell’economia (di Centrodestra), che pure tanto vengono messe sotto accusa dal Centrosinistra stesso secondo le "convenienze del momento". La vendita delle dighe idriche comunali ad AMGA S.p.A. frutterebbe alle casse comunali 12 milioni di euro, da aggiungersi alla già avvenuta vendita di beni immobili, per un valore che ha già raggiunto i 100 milioni di euro. L’operazione di vendita delle dighe servirebbe anche, a quanto si dice, a salvare dal collasso l’azienda del trasporto pubblico (AMT.), per la quale si è già previsto un piano di smembramento e privatizzazione: questa vicenda, anch’essa estremamente grave ed emblematica, meriterebbe ulteriori approfondimenti.

Un fattore che fa sorgere aggiuntivi elementi di preoccupazione è la possibilità che AMGA, successivamente, decida di non gestire più il servizio idrico a Genova, "limitandosi" alla proprietà di reti e impianti e sviluppando le proprie strategie in altre aree di mercato in cui è già presente (Internet, telecomunicazioni, settore energetico ecc). Si aprono dunque scenari inquietanti, nei quali si intravede il concretizzarsi di una politica che fa proprie logiche di liberalizzazione e speculazione tese ad allargare in modo scriteriato e iniquo il grande business dell’acqua.

Quali conseguenze per i lavoratori del settore? Innanzitutto è bene ribaltare l’assunto puramente ideologico che vuole il servizio privato come elemento di efficienza nel servizio. I disservizi, la trascuratezza nella cura degli impianti, la carenza numerica e di qualità professionale degli addetti si sono ulteriormente accresciuti con l’evolversi dei processi di privatizzazione, contraddicendo la tesi ormai stantia di "Privato è bello". A questo complesso di elementi va aggiunto il fatto che il nuovo contratto di lavoro, sottoscritto dai sindacati confederali (Cgil, Cisl, Uil), si traduce nell'ennesima riduzione di garanzie in termini di sicurezza, qualità di lavoro e di vita, salario e inquadramenti professionali. Di fatto anche in questa categoria si registrano fenomeni di precarizzazione crescenti, quindi ancora una volta a rimetterci sono i lavoratori a vantaggio delle imprese.

La posizione del Prc? Cosa altro dire? Anche questo esempio dimostra quanto sia claudicante la tesi che vorrebbe la presenza di Rifondazione nelle istituzioni al fine di "controllare e arginare" gli effetti delle politiche liberiste degli alleati. La realtà risulta in tutta la sua crudezza e ci fornisce indicazioni preziose circa il nostro fondato scetticismo: la presenza di Rifondazione nelle istituzioni con il suo dissenso/assenso (astenersi in consiglio comunale o abbandonare l’aula al momento del voto) ha portato solo ad avallare i molti processi di privatizzazione.

E’ assolutamente chiaro che in vicende come questa si misurano gli effetti del riformismo della maggioranza dirigente del Prc. Il fine del partito comunista è l’edificazione della società socialista: non vogliamo con questo sostenere un’ovvietà, ma dimostrare come in Rifondazione la cose sono esattamente ribaltate. Infatti attualmente la linea strategica del partito ha rimosso il fine ultimo della società socialista, sostituendolo con lo stare a tutti i costi nelle istituzioni, ovvero partecipare a governi di collaborazione di classe, come a Genova in Comune. La tattica di entrare nelle istituzioni e nei parlamenti per i rivoluzionari comunisti si lega al fatto che lì devono lavorare proprio per far "saltare" quel sistema, attuando una politica rivoluzionaria e rivendicando la piena autonomia del partito di classe da ogni forza borghese e socialdemocratica, per costruire un'altra democrazia, quella consigliare (soviet).

Solo riprendendo il giusto cammino il Partito potrà salvarsi, ma difficilmente questo avverrà con l’attuale dirigenza. Intanto il tempo passa e dopo le dighe scopriamo in questi giorni, come ho citato prima, che un’altra appassionante vicenda si sta sviluppando, un altro processo di privatizzazione: lo "smembramento" dell’AMT (Azienda Municipalizzata dei Trasporti), destinato ovviamente ad essere approvato... e i consiglieri del Prc, al momento del voto, saranno a fare i loro bisogni.