Al
governo senza se e senza ma
di Giuseppe Guarnaccia*
Fausto
Bertinotti è l’uomo politico del momento. Numerose interviste a diversi
organi di stampa (Corriere della Sera,
15 agosto; la Repubblica, 2 settembre)
confermano la tesi che Progetto comunista
da alcuni mesi sostiene, ovvero la pericolosa deriva governista del Prc. Fil
rouge delle dichiarazioni del segretario nazionale è il programma di
riforme, la presenza di ministri comunisti - non ridete! - in un futuro Prodi
bis e l’accettazione delle regole del gioco.
Bertinotti
afferma: “Romano non si discute;
primarie con i movimenti. Non io ma altri esponenti di Rifondazione dovranno
fare parte del governo e certo in posizioni non secondarie. Nel mondo si è
ormai esaurita la fase neoliberista; la globalizzazione ha rivelato la sua vera
natura con la guerra e la crisi economica; occorre rilanciare una politica di
riforme, di programmazione. Occorre fare una bonifica delle leggi più
inquinanti approvate dalla Casa delle libertà: penso alla Biagi sul lavoro,
alla Bossi‑Fini sull’immigrazione, alla Moratti sulla scuola. Dovremo
accettare le decisioni prese dalla maggioranza che rappresenta le opposizioni.
Il comunismo è da reinventare”.
Verrebbe
da dire: tana per Fausto! Dopo la “svolta a sinistra”, il “ritorno a
Marx” e la “centralità dei movimenti” dello scorso congresso, il compagno
Bertinotti al prossimo proporrà alla base del Partito, e non solo, la svolta a
destra, il ritorno a Prodi e la centralità della collaborazione di classe.
Dunque, dopo essersi cosparso la testa e la coscienza di cenere, ci riprova e si
presenta al gran galà della borghesia con un vestito nuovo, non violento, non
leninista, forse ateo ma non anticlericale, in una parola, non comunista.
È
evidente che le dichiarazioni rilasciate ai giornali dal Segretario non danno
adito a cattive o maliziose interpretazioni, ma costituiscono nei fatti - e i
fatti, soleva spesso ripetere Lenin, hanno la testa dura - la liquidazione del
partito comunista quale forza d’opposizione alla borghesia.
Bertinotti
accetta di fatto il capitalismo puntando il dito soltanto contro una variabile
del suo sviluppo, il neoliberismo; la guerra e la crisi economica sarebbero
frutto della globalizzazione capitalistica, quindi occorrerebbe riformare questo
sistema attraverso interventi strutturali.
Ma
l’idea di governi riformatori dell’antiliberismo è una trappola per la
classe operaia e i movimenti. L’esperienza della gauche
plurielle francese più volte indicata dai dirigenti di maggioranza e dal
segretario come la strada da percorrere verso il socialismo, piuttosto che la
fallimentare e drammatica esperienza - peraltro ancora in corso - del governo
Lula in Brasile smentisce clamorosamente la tesi della maggioranza dirigente del
Partito.
Solo
il socialismo, con i suoi strumenti politici ed economici, può sovvertire il
capitalismo, che in duecento anni di storia ha creato ed approfondito
sfruttamento e miseria. È questo e non altro il senso della dicotomia
“socialismo o barbarie”.
Primarie
con i movimenti, ministri di Rifondazione, bonifica delle leggi antipopolari ed
antioperaie di Berlusconi, costituiscono l’humus
del bertinottismo, l’essenza della collaborazione di classe e dunque del
revisionismo e dell’opportunismo.
La
politica dei comunisti dovrebbe indiscutibilmente essere caratterizzata dalla
centralità della classe lavoratrice, ma oggi Bertinotti e la sua maggioranza
rigettano ogni aspirazione di classe, ogni politica diretta al punto cruciale
della questione, che ha sempre prodotto drammatiche spaccature nel movimento
operaio e comunista: o dalla parte dei lavoratori o dalla parte dei banchieri e
dei capitalisti. Purtroppo., la scelta di uno dei corni dell’alternativa non
è ovvia: il Prc con l’accordo politico‑programmatico siglato in vista
delle elezioni del 2006 con l’Ulivo borghese e liberale si disloca, di fatto,
sull’altro versante di classe.
L’intero
impianto della proposta si snoda, dunque, nell’ipocrita ricerca di
compatibilità economiche delle ragioni degli oppressi con il sistema
capitalistico. Ecco la vera utopia: il riformismo. Ecco il prezzo da pagare per
accedere ai salotti buoni della borghesia. Bertinotti rinnega ogni politica di
classe, mascherando la deriva borghese del Prc e trasformando la rivoluzione
socialista e il socialismo in semplici figure retoriche, in icone metafisiche
ripulite da ogni connotazione marxista e di classe. Affermazioni del tipo
“dovremo accettare le regole del gioco” e “il comunismo è da reinventare”
costituiscono il naturale approdo del Prc al riformismo borghese.
In
questo quadro, il segretario, martedì 31 agosto, è intervenuto in uno sterile
dibattito al campeggio nazionale dei Giovani comunisti tenutosi ad Ogliastro
Marina (Salerno) sul tema “Pratiche di movimento globale contro la guerra”.
È
evidente che la sua partecipazione ad un incontro su questo argomento è stata
preparata ad hoc dai dirigenti
dell’organizzazione giovanile del Partito per sottrarlo al gravoso compito di
spiegare ai giovani comunisti di maggioranza - sempre ribelli - di non
ribellarsi più a partire dalla primavera del 2006.
In
tal caso avrebbe dovuto dire che i movimenti sospingono l’Ulivo dei padroni ad
attuare politiche a favore dei lavoratori grazie alla presenza di ministri del
Prc; avrebbe dovuto dire che, una volta al governo, Rifondazione dovrà
accettare le regole del gioco e piegarsi alla volontà della maggioranza della
coalizione; avrebbe dovuto dire che le lotte di questi anni, che hanno visto
comunque il Prc impegnato nei movimenti di contestazione, saranno soffocate
dall’abbraccio mortale di un governo borghese e liberale a cui lo stesso Prc
parteciperà a pieno titolo, con tanto di ministri e sottosegretari. Ma dire
questo ai Giovani comunisti di maggioranza - sempre ribelli - sarebbe stato
troppo rischioso: un azzardo di questo tipo avrebbe potuto rovinare la festa per
l’arrivo del segretario nazionale. Quindi, meglio parlare di un fantomatico
“impero del male”, nei confronti del quale agire con pratiche di massa
rigorosamente non violente; meglio parlare della “guerra infinita”,
preventiva e chi più ne ha più ne metta; meglio parlare della democrazia
venezuelana, nuova icona del bertinottismo; meglio dire di essere neutrali nel
conflitto israelo‑palestinese, perché non si può “fare il tifo” per
gli uni o per gli altri; meglio affermare - come ha fatto Michele De Palma,
coordinatore nazionale dei Giovani comunisti - che le morti del giornalista
Baldoni e del mercenario Quattrocchi sono uguali; meglio discutere della
rimozione della falce e martello dal simbolo del Partito, come ciliegina sulla
torta per liquidare anche nell’immaginario collettivo il partito comunista.
Progetto comunista
- sinistra del Prc si opporrà senza tregua alla scandalosa svendita del partito
alla borghesia italiana. Non è concessa alcuna ambiguità: o con i lavoratori o
con i banchieri ed i capitalisti!
Lenin,
agli inizi del ‘900, esaltò la difesa dei principi del marxismo
rivoluzionario contro la decisione di chi scelse di intraprendere la strada
della conciliazione tra le classi con queste parole: “Piccolo
gruppo compatto, noi camminiamo per una strada ripida e difficile tenendoci con
forza per mano … Ci siamo uniti, in virtù di una decisione liberamente presa,
allo scopo di combattere i nostri nemici e di non sdrucciolare nel vicino
pantano, i cui abitanti … ci hanno biasimato per aver costituito un gruppo a
parte e preferito la via della lotta alla via della conciliazione … Oh, sì,
signori, voi siete liberi … di andare voi stessi dove volete, anche nel
pantano; del resto pensiamo che il vostro posto è proprio nel pantano e siamo
pronti a darvi il nostro aiuto per trasportarvi i vostri penati … anche noi
siamo liberi di andare dove vogliamo, liberi di combattere non solo contro il
pantano, ma anche contro coloro che si incamminano verso di esso!”.
*coordinamento
provinciale GC Salerno