Nè
Kerry, né Bush
Per
i lavoratori è necessaria una trasformazione sociale radicale
di Matt
Siegfried
"Abbiamo
bisogno di esportare il nostro capitalismo e la nostra democrazia. Essi vanno di
pari passo."
John
Kerry, Dibattito del Partito Democriatico del 3 maggio 2003
New
economy e imperialismo nell’America di Bush
Le
elezioni presidenziali negli Stati Uniti sono prossime: Democratici e
Repubblicani si si distinguono sempre meno. Una cosa è certa: chiunque vincerà
le elezioni del 2 novembre sarà al servizio dell'imperialismo americano e sarà
un rappresentante della sua classe dominante.
Le
elezioni generali, compresa la campagna per la Presidenza, sono cominciate da
quasi due anni contando su un budget da spendere pari a due miliardi di dollari.
Quel denaro sarebbe sufficiente a garantire il servizio sanitario ad almeno uno
dei 18 milioni di famiglie americane che non possono usufruirne; a pagare per un
anno gli stipendi a quarantamila nuovi insegnanti; a distribuire due volte
quello che gli Stati Uniti hanno pianificato ma non ancora attivato per
combattere l'Aids…o circa due settimane di guerra coloniale in Iraq.
Quella
di George Bush è un'America di guerra, che distribuisce paura, povertà e
degrado ambientale. È un'America dove la recessione iniziata durante
l'amministrazione Clinton è stata sostituita con una new economy che si
caratterizza per un drammatico taglio ai salari e alle condizioni di vita dei
lavoratori americani, pur mantenendo invariato, o addirittura aumentando, la
quantità di lavoro necessaria per la sopravvivenza del sistema.
È un paese dove i ricchi pagano anche meno di prima in tasse e
guadagnano più che mai grazie al regalo del governo di decine di miliardi di
dollari in contratti di guerra sporchi di sangue come quelli della Halliburton
di Dick Cheney e degli avvoltoi della Bechtel Corporation.
Decine
di migliaia di riservisti dell'esercito e della Guardia Nazionale (spesso uomini
e donne in cerca di aiuto economico) sono stati sottratti alle loro famiglie: si
tratta di uomini e donne, molte persone di colore, trentenni, quarantenni o
cinquantenni che non hanno mai immaginato che avrebbero dovuto combattere o
restare per anni lontani dalle loro case. La pressione per reclutare ulteriori
truppe, per i teatri di guerra o per le 700 basi militari in più di cento paesi
attorno al globo, può solo aumentare.
Il
candidato Kerry e le illusioni della politica del “male minore”
Una
vittoria del candidato democratico John Kerry sarebbe sintomatica di un rifiuto
crescente dei piani di Bush da parte di larghi settori della popolazione
americana. Tuttavia, si tratterebbe in realtà di un rifiuto simbolico privo di
una proposta alternativa. Le manifestazioni di massa nella città di New York
contro la Convention nazionale repubblicana di fine agosto sono un segno di quel
rifiuto. Il fatto che la maggior parte di quelli che hanno manifestato contro
Bush e le sue guerre voterà paradossalmente per John Kerry, che è favorevole
alla guerra, è la dimostrazione della forza della politica spuria del
"male minore" così radicate fra i "progressisti" negli
Stati Uniti.
Questo
dipende anche dalla mancanza di una piattaforma realmente alternativa da parte
dei principali leader del movimento pacifista. La loro doppiezza e confusione
hanno, in larga parte, smobilitato il movimento contro la guerra proprio quando
il massimo di mobilitazione doveva essere l’urgenza principale, al fine di
porre termine immediatamente all'occupazione dell'Iraq.
Kerry,
un forte sostenitore di Gatt, Nafta e Ftaa, è stato definito dal Wall Street
Journal del 3 maggio come un "migliore amico" degli affari rispetto
all'amministrazione Bush! Kerry non ha menzionato una sola volta i sindacati nel
suo discorso alla convention che lo ha nominato: che le direzioni dei sindacati
sostengano Kerry - in assoluto l'uomo più ricco a correre per la carica di
Presidente per i democratici - senza da parte loro alcuna pretesa e senza
neanche ottenere una concessione di facciata, è un'ulteriore prova della
necessità e dell'urgenza per i lavoratori di riappropriarsi dei loro sindacati
e sostituire le direzioni attuali con altre che perseguano gli interessi della
loro classe piuttosto che gli interessi della classe che li sfrutta.
John
Kerry non è un oppositore delle guerre di Bush: ne è un complice. Ha votato a
favore di queste, le ha difese, sostiene che lui, a differenza di Bush, può
davvero vincerle. Ha votato per il Patriot Act e invece di negare la sua
esperienza in Vietnam con la sua successiva opposizione a quella guerra, mostra
le medaglie vinte a servizio di quell'impresa criminale come prova delle sue
credenziali imperialiste.
Il suo
sionismo è più fluido, ma non meno estremo, dell'appoggio cristiano-evangelico
a Israele di Bush: l'appoggio di Kerry alla causa sionista l'ha condotto a
minacciare guerra alla Siria e soprattutto all'Iran. Mentre l'appoggio del
Partito repubblicano a Israele affonda le radici principalmente nella priorità
data agli interessi nazionali e imperiali degli Stati Uniti, il Partito
Democratico da lungo tempo è il partner ideologico privilegiato di Israele e un
reale sostenitore degli interessi di quel paese negli Stati Uniti. Kerry procede
su questa strada, con le sue conseguenze genocide per il popolo palestinese. Se
vince Kerry, perdono il popolo iracheno e il popolo palestinese. Se vince Kerry,
di fatto potrebbe essere più facile per gli Stati Uniti intraprendere nuove
imprese imperialiste dal momento che intende spartire i bottini di guerra con le
altre potenze imperialiste. Questa è l’unica differenza tra l' "unilateralismo"
di Bush ed il "multilateralismo" di Kerry!
Il
rifiuto da parte di Kerry del matrimonio di gay e lesbiche l'ha posto in
disaccordo col più basilare dei diritti per le coppie gay e lesbiche; si è
detto personalmente contrario all'aborto; il suo sostegno a parole alle lotte di
neri, latinoamericani e poveri accentua dimostra solamente la sua mancanza di
sostanza riguardo alle necessità che incombono su quelle lotte.
Se alle
direzioni principali dei movimenti contro la guerra, dei gay e delle lesbiche,
delle donne, degli immigranti, delle persone di colore e dei lavoratori è stato
"dato un posto al tavolo" del Partito Democratico è solamente alla
condizione della loro acquiescenza ad un programma che si pone in continuità
con quello di Bush.
Per
una vera alternativa dei lavoratori
John
Kerry è nemico dei lavoratori come Bush e chi a sinistra afferma che
l’opposizione a Kerry significa sostegno a Bush vuole costringere i movimenti
nell’alveo della rispettabilità borghese: questa falsificazione dovrebbe
essere rifiutate ed esplicitamente attaccata nei movimenti.
Purtroppo,
ad oggi non esiste negli Usa un partito che prospetti un’alternativa
anticapitalistica. Il “Green Party” è l’unica piccola organizzazione
“di massa” a sinistra dei democratici e può essere un luogo dove
argomentare contro lo status quo e per respingere la retorica del “male
minore”; tuttavia anche questo partito non sfugge alle logiche della classe
politica americana, è contraddittorio e oggetto di interessi da parte
capitalista. Ovunque il Green Party si è alleato coi partiti di governo o si è
accodato alle politiche della borghesia ha fallito.
I
compiti imminenti sono veramente urgenti, veramente grandi: costruire un
movimento contro la guerra che abbia coscientemente un carattere
antimperialista; lottare per completare le battaglie per diritti civili e
sostenere i movimenti della liberazione nazionale tramite la
"espropriazione degli espropriatori"; la ricomposizione del movimento
di lavoratori, con la creazione di un partito politico popolare e
rivoluzionario; un cambiamento radicale del rapporto con l'ambiente e la fine
del capitalismo, regno dell'iniquità e l'alienazione. Questi compiti possono
essere completati solamente attraverso un processo di trasformazione radicale
della società, con una rivoluzione socialista consapevole dei suoi scopi e
basata sull'unica classe con l'abilità, i numeri e l'organizzazione per
condurre tale trasformazione, con la costruzione di un ampio fronte unico che
abbia nella classe operaia - in tutte le sue articolazioni e nella sua varietà
- il vettore centrale della trasformazione.
2
settembre 2004