POLO DI CLASSE O FRONTE UNICO CON D'ALEMA?

 

PROPOSTA CONGRESSUALE ALTERNATIVA CHIARA E UNITARIA RIVOLTA A MIGLIAIA DI COMPAGNI E COMPAGNE DEL PRC O UNITA' PASTICCIATA CON FALCEMARTELLO?

 

Una doverosa risposta a Bellotti e Giardiello

 

 

di Francesco Ricci

 

 

Circola su Internet da alcuni giorni un testo firmato dai due dirigenti del piccolo gruppo di Falcemartello ("Se si vuole l'unità bisogna perseguirla") che costituirebbe, secondo gli autori, una "risposta" alla proposta congressuale unitaria avanzata da Progetto Comunista a tutti i compagni del Prc, al di là di ogni vecchia divisione di mozioni.

Il testo di Falcemartello si compone essenzialmente di due parti: in una prima si riesumano necrotiche polemiche di diversi anni fa circa la presunta "espulsione" di Falcemartello dall'allora area programmatica Progetto Comunista; in una seconda parte si sostiene che -oggi come ieri- Progetto Comunista non avanzerebbe una proposta realmente unitaria. Ad amalgamare questi due ingredienti c'è un continuo ricorso all'invettiva, con toni altalenanti tra l'attacco personale offensivo a singoli compagni di Progetto Comunista (con oscure battute sugli "uomini di principio" e altre piacevolezze simili) e un sarcasmo tanto grezzo quanto inefficace.

Tralasciamo volutamente questo amalgama indigesto perché -a differenza dei dirigenti di Falcemartello- non crediamo che sia corretto (o utile) mischiare la polemica politica e il dileggio.

In realtà la rozza accentuazione polemica con cui i compagni Bellotti e Giardiello hanno rivestito la loro "risposta" -con toni insoliti che hanno lasciato perplessi diversi compagni- è, ancorché scorretta, non priva di una sua ragione. Lo scopo della lettera è infatti quello di motivare il rifiuto della proposta congressuale di Progetto Comunista (cosa in sé ovviamente legittima) tentando di sfuggire a un confronto di merito per imbastire invece una diatriba infinita (almeno nelle loro intenzioni, noi decliniamo da subito l'invito) su chi è unitario e chi non lo è.

Esaminiamo allora le due parti della "risposta" ignorando i toni.

 

 

1) L'ETERNA POLEMICA SUL PASSATO

 

Il rilancio della storia sulla cosiddetta "espulsione" di Falcemartello da quella che era allora l'Area programmatica Progetto Comunista (di cui l'Associazione marxista rivoluzionaria Progetto Comunista costituisce l'evoluzione, decisa a larga maggioranza in una serie di assemblee democratiche) è l'aspetto più grottesco del testo dei due compagni.

Si tratta infatti di una polemica vecchia di alcuni anni che non aveva già senso quando fu innescata da Giardiello e Bellotti. Come sanno infatti i compagni che parteciparono a quella stagione del dibattito nella sinistra del Prc, Falcemartello non fu mai "espulsa" da Progetto Comunista per la semplice ragione... che non aderì mai all'area programmatica, non votando nemmeno i suoi atti costitutivi (a Bellaria, nel 1999). E' vero invece che Falcemartello pretese -per un certo periodo- di "far parte" dell'area programmatica: rifiutandosi contemporaneamente di sostenere e diffondere i suoi strumenti di stampa; di partecipare alla costruzione delle sue iniziative; di sostenerne le posizioni decise a maggioranza (sia localmente che nel Cpn presentavano documenti contrapposti a quelli dell'Area). La loro "partecipazione" all'area programmatica consisteva nel rivendicare il "diritto" di partecipare a tutte le fasi della discussione (in genere per impartire ai compagni lezioni di marxismo "autentico") rifiutando poi di praticare in qualsiasi modo le scelte democraticamente assunte. Una posizione di comodo, insomma, comprensibile da parte di un piccolo gruppo alla ricerca di singoli militanti da reclutare. Altrettanto comprensibilmente vi fu a un certo punto una "presa d'atto" -da parte del 95% dei compagni dell'Area presenti nel Cpn- della volontà di Falcemartello di non partecipare in alcun modo alla costruzione di quell'area programmatica, per costruirne -del tutto legittimamente- una propria. Si trattò di una separazione obiettiva. Che senso ha, allora, anni dopo, rilanciare di nuovo questa ridicola polemica? A chi mai può interessare (a parte Bellotti e Giardiello)?

Fummo proprio noi, all'epoca, a proporre ai compagni di Falcemartello una relazione diversa e più seria, tra aree distinte: proseguire il confronto politico (anche aspro, se condotto in termini rispettosi di tutti) e l'eventuale convergenza laddove se ne presentasse la possibilità.

Inutile dire -specie a chi legge talvolta il giornale di Falcemartello- che Bellotti e Giardiello non accettarono mai questa relazione con Progetto Comunista: preferendo continuare a lanciare periodici attacchi del tutto privi di una base politica e piccole campagne diffamatorie (da ultimo quella su Vibo Valentia, su cui -a differenza di quanto scrivono con un certo egocentrismo Bellotti e Giardiello- abbiamo assunto da subito un atteggiamento chiaro e nettissimo, non certo perché "incalzati" da qualche articolo calunnioso pubblicato sulla loro rivistina).

Ma tant'è. Ognuno si costruisce sulle sue basi e coi suoi metodi.

 

 

2) POLO DI CLASSE O FRONTE UNICO CON D'ALEMA E FASSINO?

 

Più interessante è invece leggere gli elementi di "risposta" che i dirigenti di Falcemartello danno alla proposta unitaria avanzata da Progetto Comunista per il VI Congresso.

Una proposta che risale almeno all'agosto scorso con l'intervento del compagno Marco Ferrando nel dibattito estivo ospitato da Liberazione. Già in quell'articolo ("Una lotta radicale di massa per cacciare Berlusconi", del 17 agosto) si proponeva la costruzione di un documento congressuale a partire da alcuni assi fondamentali: la rottura del Prc col centro liberale dell'Ulivo (maggioranza Ds e Margherita); la prospettiva di costruzione di un polo di classe da avanzare da parte del Prc a tutti i soggetti politici e sociali che hanno partecipato ai movimenti di questi anni (Sinistra Ds, Pdci, Verdi, Cgil, Sindacalismo di classe, Movimento antiglobalizzazione); la salvaguardia dell'opposizione di classe. Il testo che abbiamo diffuso il 25 settembre (e che è a sua volta una sintesi di un testo più ampio, pubblicato sul nostro giornale e sul sito) precisa ulteriormente quella che è una proposta aperta per avviare un percorso democratico che, attraverso passaggi di discussione in ogni federazione, sbocchi in una Assemblea nazionale (il 13-14 novembre) in cui compagni delegati da ogni situazione sulla base della condivisione di questi assi generali possano definire un testo congressuale alternativo.

E' appunto il nucleo di questa proposta che i compagni Bellotti e Giardiello non condividono: il polo di classe anticapitalistico. Non è una novità: è l'elemento principale (in aggiunta a un innegabile settarismo) che portò anche negli anni scorsi Falcemartello a distanziarsi dal resto della sinistra del partito.

In sintesi, i compagni di Falcemartello partono da una diversa analisi della relazione tra le classi e i due poli dell'alternanza (da anni sostengono che la grande borghesia priviligerebbe un rapporto con il Polo berlusconiano); da una diversa valutazione dei Ds (che rimarrebbero, secondo loro, un partito socialdemocratico che la borghesia vorrebbe "sciogliere"); da una diversa linea politica (il fronte unico per spostare a sinistra i Ds); da una diversa prospettiva.

Nella mozione alternativa, presentata da questi compagni al Cpn del luglio scorso, si può leggere che: "La vicenda del voto per il ritiro delle truppe dimostra la difficoltà crescente dei dirigenti dei Ds, spinti a oscillazioni sempre più evidenti dalla pressione contrapposta dei movimenti di massa da un lato, e della classe dominante dall’altro (...)". I Ds vengono quindi analizzati come una forza in preda alle tipiche contraddizioni di una socialdemocrazia.

Ciò che rivela una clamorosa incomprensione dell'evoluzione liberale della maggioranza dirigente Ds in un rapporto di intreccio crescente con i poteri forti che mirano a sostituire, in un processo di alternanza, il poco affidabile governo Berlusconi con un governo Prodi-Fassino.

Falcemartello da anni nega la rottura dell'apparato maggioritario dei Ds con la propria antica funzione socialdemocratica in direzione di un compiuto approdo liberale. E per questo continua a indicare come obiettivo non quello della rottura delle forze del movimento operaio dal centro liberale (maggioranza Ds, Margherita) ma piuttosto quello di una separazione dei Ds (supposti "socialdemocratici") dal centro liberale (che sarebbe riconducibile alla sola Margherita). Volendo tradurre questa posizione fantastica (solo nel più ristretto senso etimologico) la prospettiva sarebbe quella di una separazione di D'Alema e Fassino dal centro liberale... cioè da sé stessi!

Non solo: il tutto in funzione di una concezione strategica subalterna e "frontista" nei confronti di una presunta socialdemocrazia -che socialdemocrazia non è più; con la conseguente rimozione del significato stesso del fronte unico leninista (una tattica per smascherare e politicamente distruggere -attraverso la sfida all'unità d'azione su obiettivi di classe- gli "agenti della borghesia in seno al movimento operaio", per sottrarre così alla socialdemocrazia l'egemonia tra le masse) per sostituirlo con un disegno di fronte unico strategico -per di più avanzato ai liberali Ds invece che alle sole forze socialdemocratiche- che individua nelle burocrazie una rappresentanza, seppur distorta, della classe, che le lotte dovrebbero spostare a sinistra...

Non c'è da stupirsi (si fa per dire) se a partire da questo caos politico-teorico Falcemartello durante il primo governo Prodi -mentre i ministri liberali Ds gestivano il violentissimo attacco anti-operaio (a base di finanziarie giganti, Pacchetto Treu, ecc.)- proponeva l'unità con... D'Alema e Bersani "contro il centro liberale".

Come si vede non ci divide da questi compagni soltanto una analisi delle classi e del loro ruolo in Italia. Ci divide la proposta generale da avanzare in contrapposizione a quella governista della maggioranza dirigente del Prc.

L'analisi di Falcemartello e la sua linea si scontrano non solo e non tanto con l'analisi e le concezioni di Progetto Comunista: ma con l'implacabile evidenza quotidiana dei fatti.

Se D'Alema e Fassino -come pretendono Bellotti e Giardiello- sono dirigenti di un partito socialdemocratico costretti quindi nella contraddizione (classica per ogni classica socialdemocrazia) tra il rapporto con i lavoratori e quello con la borghesia, come si spiega il fatto che su ogni questione fondamentale e persino minimale (l'articolo 18) non abbiamo assistito al classico zig-zag socialdemocratico da parte loro? Perché D'Alema e Fassino si schierano sempre dall'altra parte della barricata di classe? Se Bellotti e Giardiello si fossero mai posti questa domanda, probabilmente avrebbero capito quanto è evidente ai più: e cioè che ogni lotta degli ultimi anni (quella sull'articolo 18 è un esempio chiaro) ha portato alla rottura netta tra le forze comuniste e socialdemocratiche (Sinistra Ds, Cgil, Pdci, Verdi, ecc.) da un lato e forze liberali dall'altro (maggioranza Ds, Margherita, ecc.).

E ancora: non è sufficiente leggere la stampa per vedere come una larga maggioranza della grande borghesia (compresi oggi i settori minoritari che sostennero con entusiasmo inizialmente Berlusconi) puntano sul cambio di cavallo? Vi siete accorti, verrebbe da chiedere a Bellotti e Giardiello, di quanto è successo in Confindustria? Avete sentito parlare di Montezemolo? Non sapete nulla della relazione tra D'Alema e Fassino e i settori industriali, la grande impresa, le grandi concentrazioni bancarie (Monte dei Paschi, SanPaolo) ecc.? Non vi riesce proprio di capire il ruolo diverso da quello di una socialdemocrazia che oggi svolge la maggioranza Ds, la sua funzione materiale in questo nuovo contesto storico? Non cogliete il valore del progetto dalemiano di partito democratico come candidatura sottoposta alla grande borghesia (e da essa favorita) per un ricambio di alternanza borghese?

 

 

PRENDIAMO ATTO DELLA RISPOSTA NEGATIVA DI BELLOTTI

 

Quanto detto sopra è indispensabile per individuare il nocciolo della lettera di Bellotti e Giardiello. I due compagni ci sfidano a dimostrare una reale volontà unitaria rimuovendo dagli assi della nostra proposta il suo significato: la costruzione di un polo di classe fondato sull'autonomia del movimento operaio. Ci propongono insomma un "fronte del no" congressuale privo di una credibile alternativa alla linea e allo sbocco che propone la maggioranza bertinottiana (l'assorbimento di fatto del Prc in uno dei due poli dell'alternanza).

E perché mai dovremmo fare questo? Perché dovremmo sostituire il polo di classe con il fronte unico con D'Alema? Perché dovremmo rinunciare a una proposta che è al contempo unitaria e chiara, a favore di un pasticcio privo di reale alternatività alla scelta bertinottiana?

Secondo Bellotti e Giardiello dovremmo sacrificare il senso di una proposta alternativa per essere unitari... con Falcemartello, in una logica settaria di tutela di spazi di componente. Una logica che non ci è mai appartenuta e che troviamo ancora più inaccettabile di fronte all'importanza strategica per la rifondazione comunista del VI Congresso del Prc.

Cari Bellotti e Giardiello: il problema  che si pone Progetto Comunista e migliaia di compagni del Prc in questo VI Congresso (compresi diversi compagni provenienti dalle vostre file) non è quello di acquisire lo 0,8 o 0,9% di voti in più che ci verrebbe da un'unità senza basi politiche con Falcemartello, ma di sviluppare una battaglia per la difesa intransigente dell'opposizione comunista come presupposto della costruzione di un polo autonomo di classe per l'alternativa di sistema. Scusateci quindi, compagni Bellottti e Giardiello, se essendo impegnati in questa difficile battaglia non dedicheremo altro tempo alle vostre piccole polemiche di bottega.

 

 

15 ottobre 2004