FIAT: l'unica soluzione è la lotta operaia

Una corrispondenza da Cassino

 

 

di Luigi Sorge (*)

 

Dopo la pace sociale, dovuta a cinque anni di governi di centrosinistra, che ha visto il sindacato confederale (Cisl, Uil, Cgil) completamente subalterno all'esecutivo, si ricomincia a scioperare.

Alla FIAT di Cassino i lavoratori incrociano le braccia già all'inizio del 2001, quando l'azienda vuole imporre ai lavoratori un accordo che aumenta i carichi di lavoro e peggiora le condizioni sulle linee di montaggio, usando il solito ricatto che "ciò porterà una maggiore occupazione con centinaia di nuove assunzioni" (CFL, interinali). Questa lotta durerà 40 giorni per poi essere vanificata da un accordo separato (15 marzo 2001) sottoscritto da Fim, Uilm e Fismc, senza le firme di S.in.Cobas e Fiom. E' un film già visto: gli operai lottano e una parte del sindacato confederale firma continuando la strada delle sconfitte e aumentando la sfiducia dei lavoratori.

All'inizio di quest'anno i lavoratori della FIAT di Cassino sono chiamati alla lotta per fronteggiare il governo Berlusconi che con il "patto per l'Italia" vuole smantellare l'art. 18 ed estendere la precarizzazione del lavoro. Gli operai discutono e si dichiarano contro quel patto che vuol dare la libertà di licenziare ai padroni. Si arriva a dichiarare due scioperi generali (15 febbraio e 16 aprile) dove purtroppo si riscontra una non massiccia adesione, nonostante gli operai fossero contrari al patto. Ciò nonostante, Cisl e Uil firmano con il governo il "patto per l'Italia". La contrarietà dei lavoratori si manifesta in un'infuocata assemblea quando il segretario generale della Uil, Angeletti, viene duramente contestato e fuori dai cancelli gli operai si accalcano per firmare i referendum per l'estensione dell'art. 18 ai banchetti del S.in.Cobas, mentre la Fiom, nonostante avesse aderito al comitato promotore, è stata totalmente latitante.

Si arriva al terzo sciopero generale (18 ottobre 2002) dichiarato da Cgil e sindacati di base mentre la FIAT annuncia lo stato di crisi e avvia la procedura per la cassa integrazione a zero ore per 8.100 lavoratori. Visti i risultati deludenti dello sciopero dell'11 ottobre si capisce che c'è qualcosa che non va: paura? rassegnazione? individualismi? Forse scarsa coscienza di classe.

Allora come S.in.Cobas organizziamo un'assemblea (15 ottobre) per chiamare i lavoratori uniti alla lotta, contro il piano della FIAT che vuole licenziare ottomila lavoratori e svendere alla GM. E lo facciamo indicando come unica strada concreta la nazionalizzazione, sotto il controllo dei lavoratori. Mai più soldi ai padroni per licenziare gli operai. Ma per fare ciò c'è bisogno di una risposta di massa perché nessuno è "garantito": questa battaglia o la vinciamo insieme o sarà peggio per tutti. L'assemblea si conclude con un odg, votato all'unanimità, che prevede la nazionalizzazione, la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario e il vincolo ai sindacati a non firmare nulla senza il mandato dei lavoratori.

Arriviamo allo sciopero generale del 18 con manifestazione a Cassino. Il S.in.Cobas chiede alla Cgil di unificare i cortei come i lavoratori vogliono: ma i dirigenti della Cgil si rifiutano, dimostrando la propria miopia e il proprio settarismo.

Il 31 ottobre i dirigenti dello stabilimento di Cassino convocano le Rsu e comunicano ufficialmente che 1134 operai, 16 a.i.s. e 54 impiegati/capi, saranno in cassa integrazione a zero ore a partire dal 2 dicembre 2002.

Lo stesso giorno vengono dichiarate quattro ore di sciopero con uscita anticipata. Ma non bastano, se vogliamo veramente bloccare il piano FIAT c'è bisogno di una mobilitazione generale con scioperi ad oltranza, dove oltre alla questione dei diritti, del salario, della guerra, della scuola, dell'immigrazione, ci sia anche la questione FIAT. Vogliamo ricostruire e ricomporre un movimento operaio che lotti per il superamento dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo su cui si basa il capitalismo.

 

(*) membro del comitato provinciale S.in.Cobas di Cassino