Il
black-out di settembre
Privatizzazioni
e sovrapproduzione energetica
di Aldo Arpe (*)
I fatti contingenti che hanno determinato il black-out del
28 settembre scorso sembrano ormai chiari per tutti: un albero entra in contatto
con una linea elettrica ad alta tensione attraverso cui il nostro Paese sta
importando energia dalla rete svizzera; dopo alcuni minuti, probabilmente per un
temporale, va fuori servizio un’altra linea analoga da cui è in corso
importazione di energia dalla rete francese; lo squilibrio così venutosi a
creare, tra energia consumata in quei momenti dalla rete italiana rispetto
all’energia disponibile, determina un effetto domino di fuori servizi delle
centrali in funzionamento portando al collasso completo del sistema in tutto il
Paese.
Analizziamo le questioni una ad una :
a)
due linee di trasporto di alta potenzialità vanno fuori
servizio per le cause sopra dette
b)
stavamo importando in quel momento grosse quantità di
energia
c)
due alimentazioni contemporaneamente fuori servizio fanno
collassare il sistema elettrico nazionale
a) non si deve verificare che un albero entri in contatto
con una linea ad alta tensione.
Le aree limitrofe alle linee ad alta tensione devono
essere (e sono state sempre in passato tenute) sgombre da alberi o da qualsiasi
altra cosa che potesse interferire con la rete elettrica, con interventi di
manutenzione periodica e preventiva che prevedeva appunto il mantenimento dei
corridoi dedicati anche con potature e abbattimenti (addirittura nel caso di
incendi boschivi vengono messe fuori servizio le linee elettriche).
Se oggi questo aspetto non viene sollevato da nessuno è
perché le privatizzazioni e la ricerca del massimo profitto comunque hanno
portato all’abbattimento dei costi delle manutenzioni dappertutto creando una
nuova normalità per cui non solo il servizio elettrico diventa sempre più
precario, ma soprattutto le attività di lavoro sempre più pericolose.
Si è passati in sostanza dai sistemi di manutenzione
periodica preventiva, prima al così detto sistema della manutenzione predittiva
(in sostanza fare manutenzione alle apparecchiature che dai rilievi di
funzionamento presentano delle anomalie), per arrivare oggi all’attuale
situazione di manutenzione su guasto.
Questo è il punto, non altro: taglio delle spese, non
fatalità.
In secondo luogo: se tra Svizzera e Italia degli alberi
toccano delle linee elettriche e tra Italia e Francia fulmini si scaricano sugli
elettrodotti è segno che la situazione meteorologica da quelle parti non doveva
essere tanto normale.
E con una situazione del genere si tengono in servizio, in
mezzo alla tempesta, due alimentazioni che risulteranno vitali per il sistema?
Per favore non andiamo a cercare l’errore umano. Altro che errore umano! A ben
vedere viene il dubbio che la gestione della rete fosse fatta auspicando un bel
black-out, magari per allentare ancor più gli attuali vincoli ambientali per
centrali ed elettrodotti o preparare il terreno alla riattivazione delle
centrali nucleari “in sonno” nel nostro Paese, dopo che per tutta l’estate
è stato invocato invano un black-out addirittura per i condizionatori.
b) perché in quel momento stavamo importando così tanta
energia dall’estero, addirittura ad un livello da risultare vitale al sistema,
in ore in cui la richiesta di energia è minima: d’estate, di notte, in un
giorno festivo? Tecnicamente non ne avevamo nessunissimo bisogno, come sempre.
Come d’inverno, di giorno, in mezzo alla settimana con tutte le fabbriche,
uffici, scuole aperti; mezzi pubblici, porti, ferrovie al massimo del servizio.
Importavamo energia come sempre invece a causa della vera
e propria crisi di sovrapproduzione che la tecnologia nucleare sta comportando
in quei Paesi che questa scelta hanno perseguito in modo massiccio (in
primis la Francia), per cui quell’energia sovraprodotta o la esportano
quasi regalandola (profitti da saldo) o sarebbero costretti comunque a buttarla
via (fiumi, mari, atmosfera).
E’ questo, e non altro, il bilancio di questo aspetto:
compensazioni intercapitalistiche potremmo chiamarle? E punto e a capo sulle
importazioni.
c) due grosse alimentazioni provenienti grosso modo dalla
stessa area geografica, quasi contemporaneamente fuori servizio fanno collassare
il sistema. Sì certo, in sistemi dove prevale il gigantismo industriale,
megacentrali e linee di trasporto a queste finalizzate, con reti così
dimensionate, in funzione della spinta al massimo della produttività della
forza-lavoro e non della produttività sociale, che eventi di questo tipo
accadano è più che normale.
Con il modello attuale delle megacentrali termoelettriche (centrali enormemente
sovradimensionate rispetto alla capacità di consumo energetico dell’area
geografica in cui sono inserite) impostosi dagli anni 60-70 dappertutto si è
moltiplicata di quattro o cinque volte la produttività degli addetti alla
produzione a parità di automazione applicata; il calore residuo di lavorazione
che ammonta a circa la metà di tutta l’energia sviluppata da questi complessi
non è mai stato profittevolmente utilizzato (forni a media temperatura,
agricoltura, zootecnia, produzione ittica, teleriscaldamento in generale) a
nessun fine poiché le dimensioni e la localizzazione delle centrali le rendono
inadatte a questi scopi, perché costruite seguendo altri parametri.
E’ il sistema: sia esso negli USA., in Francia, in
Italia, col carbone o col metano, col nucleare (peggio) o a nafta; non cambia
niente.
L’alternativa è un modello energetico con centrali
dimensionate all’area di insistenza geografico-economica dei siti, con
l’utilizzo integrato delle varie forme e dei diversi livelli di energia che il
processo sviluppa; con un’interconnessione elettrica fondamentalmente
finalizzata alla stabilità e non al megatrasporto.
Ma questo presupporrebbe società pianificate socialmente.
In Italia e all’estero i sistemi sono altro: quello
dell’anarchia produttiva del capitalismo, e questa ne è la logica.
Questa la verità: le altre sono filosofie che servono a
rimuovere gli aspetti di struttura facendo diventare i dettagli aspetti
fondamentali.
(*)ex capoturno centrali termoelettriche Enel