Privatizzazione
A.M.T.:
Intervista a Bruno Manganaro della Segreteria Regionale
CGIL
Alessandro Borghi
A.M.T. oggi ha un problema di bilancio. Ha quasi 50 milioni di euro di deficit, e questo debito , si viene a creare in un momento particolare, ovvero: per il fatto che le leggi nazionali e regionali hanno messo in moto il sistema della gare che prevede che entro il 31 dicembre 2003, per l’appunto, si inneschi questo meccanismo per trovare chi in futuro gestirà la rete dei trasporti di Genova. La legge nazionale ha un vincolo, insieme a quella regionale: chi è in deficit non può partecipare alle gare, (quindi ad oggi A.M.T. sarebbe esclusa, un’esclusione che la metterebbe in mora per alcuni anni), e si tratta di capire dentro queste gare, bandite a livello locale e nazionale, chi è il soggetto che interviene sul servizio. Sulla base di questo il Comune di Genova ha ipotizzato, per arrivare alle gare: primo lo scorporo in tre società: patrimonio, manutenzioni e trasporto; poi in due: il patrimonio e dall’altro, manutenzioni e trasporto; pensando con questa operazione che il deficit di A.M.T. derivasse dal patrimonio e ipotizzando che nelle manutenzioni e nel trasporto pubblico vi fosse un equilibrio di bilancio.
Oltre a questo ha già
ipotizzato che la Società di trasporto pubblico metta in vendita dal 40% al 49%
delle sue azioni, utilizzando la legge regionale che, vendendo questa quota,
consente di rinviare di cinque anni la gara. In questo modo ancora per cinque
anni A.M.T. sarebbe il soggetto gestore.
Con questa parziale ma
significativa vendita del pacchetto azionario altri soggetti (c’è chi dice
che sia Trenitalia, chi ATP, che gestisce il trasporto pubblico a Parigi)
entrerebbero nel pacchetto azionario con un ruolo non di secondo piano
nell’indirizzo dell’azienda.
Questo è il quadro che abbiamo
attualmente che è legato al fatto che le liberalizzazioni, partite in Italia da
Bersani, così come dalla legge Burlando sui trasporti, hanno creato un percorso
di gare che rende più facile il percorso di privatizzazione. Questo è
l’altro grosso problema, insieme al deficit dell’azienda, deficit su
cui il Comune in questi anni non ha mai lavorato lasciando che il gruppo
dirigente di AMT in questi ultimi anni gestisse in modo scellerato l’azienda.
In altre parole il Comune non ha mai creato un meccanismo, che sicuramente non
doveva essere quello di tagliare il costo del lavoro come si sta cercando di
fare, ma quello di trovare risorse nuove e investimenti nuovi sia a livello
locale che nazionale.
Quali sono stati i punti fermi
su cui il sindacato ha tenuto in questa parte di vertenza dove si intravedeva
nitidamente l’ipotesi di spacchettamento e quindi di privatizzazione?
Noi insieme come sindacato
abbiamo proposto di mantenere l’azienda unica e oltre a questo di accorpare
all’A.M.T. le altre due aziende della provincia di Genova: una è la Tigullio
Trasporti, l’altra è la ALI. Quindi andare alla costruzione di un’azienda
unica provinciale. Poi il sindacato aveva anche ipotizzato la costruzione di
un’azienda unica a livello
regionale, però la condizione più semplice era quella di fare un’azienda
unica per tutta la provincia di Genova, che quindi unificasse le forze per
contenere meglio i costi (e non li scaricasse sui lavoratori), e potesse
costruire un meccanismo finanziario più tranquillo. Un’azienda unica che non
scorporasse le sue attività e che difendesse il contratto nazionale di lavoro
degli autoferrotranviari e i vari contratti integrativi che si applicano
all’interno di questa azienda.
All’interno di questa vertenza
ci sono stati scioperi, c’è stata la più grande manifestazione (oltre 1000
lavoratori), di un’azienda che ha 2700 dipendenti, una delle manifestazioni più
grosse degli ultimi dieci anni, unitaria (CGIL,CISL,UIL E FAISA (Autonomi)) e
quindi con una condivisione piena dei lavoratori delle proposte messe in campo
dal sindacato. I lavoratori si sono resi visibili con la lotta. Nonostante ciò
il dato che riscontriamo in questi mesi di iniziative è che la giunta regionale
non ha contribuito neanche con un euro al trasporto pubblico locale ed era un
suo dovere spendersi in questo senso (tutti parlano di federalismo, ma quando
poi lo si deve mettere in pratica non vi è assolutamente nulla per il
trasporto, lo si applica solo per distribuire i profitti). La Provincia ha
sostenuto chiaramente che non intende avallare l’ipotesi di un’azienda
unica, e per le sue due aziende la Tigullio Trasporti e la ALI ha scelto
un’altra strada, consorziandole con un gruppo di aziende di Parma, Mantova,
Reggio Emilia e La Spezia e che hanno costruito insieme una società denominata
“sessantamilioni di chilometri”.
Aziende che già gestiscono in modo privatistico alcune linee, come ad esempio a
La Spezia, dove alcuni percorsi sono gestiti da cooperative che li hanno in
subconcessione, o Reggio Emilia dove l’azienda è gestita con attività
frammentate utilizzando diversi tipi di contratti.
In questo quadro il Comune ha
riconfermato la sua proposta, avendo avuto risposte negative da Regione e
Provincia, dicendo che questa è la strada migliore.
A questo punto c’è stata una
discussione difficile tra le strutture sindacali e i delegati. Ci sarà una
controproposta, più complicata, che tenterà di tenere unita l’azienda,
cercando di costruire una holding sull’esempio di A.M.I.U. (la società
ex municipalizzata che gestisce lo smaltimento dei rifiuti). La casa madre che
si chiamerà A.M.T. e gestirà il patrimonio e vi sarà una società controllata
interamente dal Comune al 100% che metterà insieme manutenzioni e trasporto.
E’ chiaro che non è la stessa cosa
dell’azienda unica: è un passo indietro. Tuttavia con questo si tenta di
tenere in vita l’azienda, visto che la politica ha deciso di lasciare soli i
lavoratori; non c’è stata nessuna sponda che aiutasse i dipendenti AMT. A
questo punto, visto che cinquanta milioni di euro di debito ci sono, o il Comune
trova i soldi nelle pieghe del suo bilancio, o l’alternativa è quella che
l’azienda porti i libri contabili in tribunale e dichiari gli esuberi.
Quest’ultima cosa per noi è
inaccettabile. Oltre a questo per noi diventa un vincolo che tutti i lavoratori
abbiano il contratto degli autoferrotranvieri, che non ci siano esuberi e che i
lavoratori che andranno in pensione per anzianità o per effetto della legge
sull’amianto siano rimpiazzati per dare una prospettiva futura a questa
azienda, e poi vedremo se esisteranno soggetti che vorranno intervenire su
A.M.T..
Come mai,
secondo te, questi processi di privatizzazione, come qui a Genova, vengono
proposti da governi di centrosinistra nonostante la presenza in Giunta di
Rifondazione Comunista, che in campagna elettorale ha espresso la propria
contrarietà ad ogni tipo di privatizzazione?
Il centrosinistra non ha mai
abbandonato l’idea delle privatizzazioni. Le privatizzazioni nascono con i
governi di centrosinistra, quindi con Amato, con Prodi, con D’Alema.
Tutte le leggi che sono
intervenute nel trasporto, nell’energia, nei servizi in generale sono venute
dai governi di centrosinistra. Oggi queste sono state soltanto riprese in modo
più accelerato dai governi di centrodestra, ma tutto questo non ha indotto
ripensamenti nel centrosinistra, né a livello locale, né a livello nazionale.
Si dice solamente che i processi di privatizzazione si devono fare meglio di
come li fa il centrodestra, ma non che non si debbano portare avanti.
E questo si fa anche nelle
giunte delle città governate dal centrosinistra, lo si fa a Genova, a Bologna,
a Torino, a Firenze e a Roma esattamentecome a Milano dove c’è una giunta di
centrodestra. Anche perché si accetta il fatto che lo Stato trasferisca meno
soldi per i servizi pubblici; i comuni contestano formalmente questo fatto, ma
non fanno una vera battaglia chiamando anche i cittadini a mobilitarsi contro
l’atteggiamento del governo. Quindi a questo punto o i soldi li prendono dai
cittadini, oppure li cercano vendendo pezzi di aziende e non discutono ad
esempio di recuperarli dall’evasione fiscale o rivendicando di tassare le
rendite a livello locale. Purtroppo invece nascono molte volte delle idee
sbagliate, peraltro condivise anche da Rifondazione Comunista, ad esempio che
bisogna aumentare l’IRPEF a livello locale. Credo che nessun comunista possa
sostenere una cosa del genere. L’IRPEF al 99% la pagano i lavoratori, che poi
questo serva a salvare l’A.M.T. renderà anche la richiesta di aumento più
nobile, ma non capisco il perché. Rivendicare una cosa di questo genere,
e purtroppo è uscito
pubblicamente sia su un volantino del PRC, sia per bocca di alcuni dirigenti
locali, invece di sostenere che bisogna tassare le rendite e i profitti, questa
è una cosa che non capisco. E’ vero che queste ultime rivendicazioni
difficilmente verrebbero accolte, ma se dobbiamo dire che si devono trovare
soldi per A.M.T. non possiamo poi certo proporre noi che si prendano dalle
tasche dei lavoratori.
Il problema è che le giunte di
centro sinistra dentro questi meccanismi di liberalizzazione ci sono a pieno
titolo. Non hanno mai detto di essere contro, né Pericu a Genova, né Veltroni
a Roma. Dentro questo quadro loro sono più disponibili del centro destra a
mediare con i lavoratori, e questo potrà anche giustificare Rifondazione, che
sostiene l’ipotesi di stare dentro alla giunte di centrosinistra oggi,
tra qualche anno al governo. Tuttavia il risultato è che il PRC, a parte
lamentarsi delle scelte dei sindaci, non riesce a fare altro, anzi spesso si
ritrova a gestire quelle stesse scelte.
Quale sarà
lo scenario che nei prossimi mesi si troveranno ad affrontare i lavoratori di
A.M.T.?
Lo scenario sarà quello di
un’azienda che cambia e che anzi è già cambiata; non sarà più l’azienda
di qualche anno fa. Ci sarà un’azienda che probabilmente avrà una struttura
di holding, magari con un qualche soggetto che entra nella gestione o nel
capitale di A.M.T. Certo questo è un passo indietro, poi dipende chi arriva, se
la FIAT o Trenitalia, perché comunque non tutti sono uguali. Dal
punto di vista societario questo
è un passo indietro, e il dovere
del sindacato, preso atto di questo passo indietro è quello di difendere il
contratto nazionale, l’occupazione, gli attuali livelli salariali.
Diciamo che si deve subire - la
mobilitazione c’è stata e i lavoratori hanno lottato, ma chi ha in mano le
redini della politica ha deciso che si deve andare avanti ugualmente - un
arretramento dal punto di vista dell’assetto societario se però, e qui
si dovrà spendere il sindacato, il contratto non viene toccato si difendono i
posti di lavoro e si costruisce una prospettiva, anche con una proprietà
diversa. I lavoratori continuerebbero a dare un sevizio alla città di Genova,
le officine meccaniche rimarrebbero integralmente all’interno della società.
Questo è un punto fondamentale. Le officine meccaniche
dovranno assolutamente rimanere all’interno dell’azienda.
Voci di corridoio dicono che ci sarebbe un secondo passaggio, in cui,
fatta la prima operazione, ci sarebbe lo scorporo delle officine stesse. Ciò
deve essere denunciato subito, e bisogna fare in modo che ciò che viene
definito oggi non sia più messo in discussione. Il contratto dovrà essere
quello degli autoferrotranvieri, per i “vecchi” e anche per i giovani.
Nessuno può immaginare di mantenere il contratto attuale per gli anziani e
magari per i neoassunti nuove tipologie di contratto. Queste sono per il
sindacato le condizioni alle quali si può accettare di subire un nuovo assetto,
altrimenti le lotte riprenderanno. E’ chiaro che il sindacato può accettare,
vista la situazione, che un lavoratore non sia più di A.M.T., ma di A.M.T.
Gestione, magari con dentro Trenitalia, anche se questo rappresenta un
arretramento. Ciò che non è accettabile, e sarebbe la completa rottura, è
lo stravolgimento dei contratti, la diminuzione dei livelli occupazionali
e di reddito. A quel punto ci sarebbero altri scioperi e il rischio vero è che
ci sia il commissariamento da parte della Regione Liguria, - visto che entro il
31 dicembre ci devono essere le gare – dicendo che A.M.T. non può
partecipare, con il rischio di
esuberi e mettendo a gara il 70% del servizio, il che significherebbe una
riduzione dei servizi al cittadino. Certo è un rischio che non possiamo
correre. E’ altrettanto chiaro che se non ci fossero garanzie sui contratti, i
livelli occupazionali, le prospettive per i giovani neoassunti, e se ci fosse lo
scorporo delle officine meccaniche, a quel punto il rischio si corre e si
ritorna alla lotta e alla sciopero.
Nei giorni successivi all’intervista di Bruno Manganaro
la situazione dal punto di vista legislativo è cambiata in seguito a un
provvedimento del Parlamento che annulla l’obbligatorità delle gare per
l’affidamento a terzi dei servizi di trasporto pubblico. Facendo leva su tale
provvedimento il Partito ha lanciato una raccolta di firme tra i lavoratori AMT
che chiede il mantenimento dell’azienda in mano pubbliche. Sono state raccolte
circa 1000 firme e nei giorni successivi Manganaro è intervenuto sulle pagine
dei giornali locali sfidando Regione e Provincia (in quest’ultima il PRC è in
maggioranza) ad acquistare loro le eventuali quote di pacchetto azionario AMT in
vendita, in modo da mentenere appunto la proprietà in mani pubbliche. Al
momento non c’è stata ancora risposta. Si noti inoltre che a ottobre la
Camera ha approvato un emendamento alla Delega sull’ambiente che evita di
interrompere le procedure di gara che Regioni e Comuni avevano in
Corso per l'affidamento a privati dei trasporti pubblici locali. Il PRC, invece
di votare contro, si è astenuto. Franco Giordano ha poi dichiarato, attraverso
un comunicato stampa, che si è trattato di un “errore tecnico”.
24 settembre 2003