Cgil: forme di lotta e piattaforme programmatiche

 

Intervento all'attivo nazionale di Lavoro società-Cambiare rotta della Filcams Cgil del 4 novembre a Milano

 

di Enrico Pellegrini (*)

 

Siamo nel mezzo di aspre tensioni sociali, di lotte assai dure (i compagni della Fiom. ne sanno qualcosa) in un contesto, quindi, assai critico, addirittura accusati, come abbiamo visto recentemente, di adoperarci "oltre i limiti della legalità democratica".

Evitando di inoltrarci su un ragionamento che richiederebbe ben altro tempo e sedi più appropriate, sarebbe interessante capire cosa si intenda per "legalità democratica" quando ben altre forme di rispetto sociale vengono continuamente calpestate dagli stessi soggetti sociali che propugnano "ordine e disciplina". Una situazione, quindi, che al di là di episodi generici, trova la nostra Confederazione ancora una volta sulla difensiva in termini di proposte e conseguenti azioni incisive sul piano della lotta.

Ancora e per l’ennesima volta la Cgil, ricercando unità sindacali la cui durata resta comunque debole, ha scelto di intraprendere una linea che contiene la rabbia e la frustrazione di milioni di lavoratori che domani pagheranno ancora una volta il prezzo di queste scelte. E’ necessaria un’analisi di fondo del passato in merito a queste decisioni, a questa strategia, a questo indirizzo, a questa impostazione; un esame attento e coraggioso che sappia far emergere i limiti di una dirigenza sindacale che anche da laddove un tempo provenivano sensibilità e idee maggiormente radicali, mostra ora i segni un’involuzione genetica, essendosi ormai resa protagonista, dall’ultimo congresso, di un appiattimento su certe posizioni discutibili.

Lo sciopero generale part-time del 24 ottobre è stato solo l’ultimo tassello di quel triste mosaico di errori che partono da lontano e che volendoli definire oggi con un nome ed una figura si possono identificare in un “grande” personaggio degli ultimi tempi della vita politico sindacale: Sergio Cofferati, ridotto ormai, senza offesa alcuna, a “cadavere politico” viste le vicissitudini sia sue personali che quelle di milioni di lavoratori che oggi sono costretti a subire il riflusso di determinate decisioni.

L’ultimo sciopero, si diceva, come tappa della fase di un percorso che parte dalla grande manifestazione del 23 marzo 2002, esempio di forza viva, attiva e poderosa a cui è stato dato sì un seguito con lo sciopero unitario dell’aprile seguente, ma non collocandolo all’interno di rivendicazioni forti ed unificanti per la classe di rappresentanza distanziando con le ulteriori successive iniziative gli altri, sfilacciandoli nel tempo e motivandoli unicamente in difesa dell’art. 18. Scioperi di facciata dunque, di compromesso moderato, derivanti da scelte politico-sindacali il cui scopo era ieri e resta oggi, quello di rivendicare legittimità sociale nei confronti di una controparte di riferimento (Governo, Confindustria etc.), non più “amica” come ieri, e, dunque, riprendere in prospettiva, il cammino interrotto, ovvero, quel rapporto scellerato che in tutti gli anni Novanta ha fatto pagare politiche di risanamento pubblico ai lavoratori.

Riportando termini sloganistici, si è in presenza dunque non di un “cambiamento di rotta” strategico-sindacale ma di un mantenimento di questa che si espleta sul piano vertenziale con il rinnovo di specifici CCNL i cui contenuti fanno già rimpiangere un non certo dignitoso passato. Un esempio di tale risultato è presente nel nostro settore ove il contratto del turismo è stato oggetto addirittura dell’abbattimento di un livello contrattuale in riferimento agli accordi di luglio ’93, causando ulteriori depauperamenti retributivi. Se queste sono le premesse, quello del commercio si avvia ad essere rinnovato sotto funesti auspici, scontando già ritardi analoghi e negativi in prospettiva (Legge 30).

Vere e proprie falle, quindi, considerando lo slogan precedente, ma tant'è oggi sul versante pensionistico, come dicevo, ci si chiede doverosamente quali siano le prospettive da adottare dal momento che già la riforma Dini avendo spezzato in due il fronte dei lavoratori ed avendo introdotto tagli drastici alle pensioni future prevede nel 2005 una verifica che, come si prevede, porterà alla scoperta di “grossi” disavanzi e che quindi sulla già risicata piattaforma sindacale odierna si rischia di scioperare oggi per poi domani subire misure restrittive sul piano del calcolo pensionistico riproposte dagli stessi dirigenti sindacali.

Una piattaforma quella di oggi assai scarna che non mira ad azioni unificanti di tutto il mondo del lavoro, sia stabile che precario, sia attivo che inoccupato e che invece dovrebbe contenere., al di là delle singole specificità categoriali, rivendicazioni forti e nette che sappiano battere definitivamente i disegni bipartisan di governo e “opposizione”. In particolare: Battaglia a tutto campo contro la Legge 30 e nel contempo contro quel suo “peccato originale” che porta il nome di “pacchetto Treu”. Qualcuno si ricorda ancora quando questa Confederazione avvallò tali politiche di precarizzazione del lavoro spacciandole per sana flessibilità? Aumenti salariali cospicui e duraturi che recuperino sul terreno economico quanto perso dai lavoratori in dieci anni di concertazione individuando meccanismi di recupero dell'inflazione non più basati su logiche precedenti (ripristino della scala mobile). Lotta aperta contro le fabbriche in crisi e le aziende dimissionarie, rivendicando il passaggio della gestione di queste sotto il controllo diretto dei lavoratori (esempio classico: lo spezzatino Fiat, segnale della profonda crisi industriale del nostro Paese). Azioni incisive contro lo smantellamento della scuola pubblica, contro i continui regali agli istituti privati e contro la logica di privatizzazione e di selezione di classe che sta devastando l’istruzione pubblica. Forte richiesta di regole precise e vincolanti all’interno di un quadro di sana democrazia sindacale dove contino realmente i voti dei lavoratori e non le scelte di questo o quell’apparato burocratico di riferimento. Proposte, come si evince, assai distanti rispetto ad una linea sindacale che, scontando colpevoli ritardi, potrebbero certamente portare quel “sano” cambiamento di rotta di cui si parlava prima e che molti lavoratori auspicano.

Per concludere, evitando processi alle intenzioni, scorgo d’altra parte tentativi, reiterati nel tempo, di ricercare, attraverso lo “sgabello” di queste nostre iniziative pubbliche precisi spazi di consenso all’interno del mondo del lavoro da spendersi, in futuro, sotto forma di costituenda compagine politica.

Staremo a vedere...

 

(*) Direttivo Regionale Veneto Filcams Cgil.

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