Comunisti e ministri

 

 

di Francesco Ricci

 

Mentre chiudiamo questo giornale circolano sulla stampa "pettegolezzi" su quali ministeri verranno assegnati al Prc nel futuro governo liberale di centrosinistra. Significativamente, nessun giornale borghese, nessun padrone appare spaventato dalla prospettiva di ministri di Rifondazione in un prossimo governo.

Pensando a ciò e ricordando l'ottantesimo anniversario della morte di Lenin, ci è venuto in mente questo brano dell'autobiografia di Trotsky in cui si racconta di come i bolscevichi discutevano di governo e di ministri in chiave un po' diversa... e solo dopo aver preso il potere...

 

<<Il potere è conquistato, almeno a Pietrogrado. Lenin non ha ancora avuto il tempo di cambiarsi il colletto. Sulla faccia stanca gli occhi di Lenin vegliano. Mi guardano amichevolmente, con dolcezza, esprimendo con un certo distacco l'intima vicinanza.

"Sa" mi dice con tono esitante "dopo le persecuzioni e l'illegalità... il potere". Cercava un'espressione. Usando d'improvviso il tedesco e facendo un gesto attorno alla testa: Es schwindelt! [vengono le vertigini]. Ci guardiamo e sorridiamo appena. Tutto ciò dura un minuto o due. Poi passiamo semplicemente a sbrigare gli affari correnti.

C'è da formare il governo. Siamo lì alcuni membri del Comitato centrale. Una riunione volante nell'angolo di una stanza.

"Come chiamarlo?" dice Lenin come riflettendo ad alta voce. "Ministri no! Il nome è nauseante e logorato..."

"Si potrebbe usare... commissari" propongo io. "Ma ora ci sono troppi commissari... Forse alti commissari... No, alti commissari suona male... E se dicessimo commissari del popolo?"

"Commissari del popolo? Ah, sì, potrebbe andare" replica Lenin. "E il governo nel suo complesso?"

"Soviet, naturalmente soviet... Soviet dei commissari del popolo, eh?"

"Il soviet dei commissari del popolo!" esclama Lenin. "Magnifico: sa terribilmente di rivoluzione!">>

(da Lev Trotsky, La mia vita, Mondadori, 1976