Marxismo rivoluzionario n. 5 – antonio labriola (1843 - 1904) / archivio

 

IL MATERIALISMO STORICO COME FILOSOFIA DELLA PRAXIS

 

 

di Antonio Labriola

 

Ed ecco in che cosa consiste quel capovolgimento pratico della teorica della conoscenza, che è insito al materialismo storico.

Ogni atto di pensiero è uno sforzo; cioè un lavoro nuovo. A compierlo occorrono innanzi tutto i materiali dell'esperienza depurata, e gl'istrumenti metodici, resi familiari e maneggevoli dal lungo uso. Non c'è dubbio, che il lavoro compiuto, ossia il pensiero prodotto, agevoli i nuovi sforzi diretti alla produzione di novello pensiero; in prima, perché i prodotti precedenti rimangono obiettivati nei mezzi intuitivi dello scritto e delle altre arti rappresentative, e, in secondo luogo, perché l'energia in noi internamente accumulata penetra e investe il nuovo lavoro, qual ritmo del procedimento, nella qual cosa (ossia nel ritmo) consiste appunto il metodo della memoria, del ragionamento, dell'espressione, della comunicativa, e così via. Ma macchine pensanti non si diventa mai! Tutte le volte che ci mettiamo nuovamente a pensare, oltre che ci necessitano sempre i mezzi e gl'incentivi esterni ed obiettivi della materia empirica, ci occorre ancora uno sforzo adeguato per passare dagli stati più elementari della vita psichica a quello stadio superiore derivato e complesso, che è il pensiero, nel quale non possiamo mantenerci, se non per atto di attenzione volontaria, che ha intensità e durata di speciale e non sorpassabile misura.

Cotesto lavoro, che a noi si rivela nella nostra diretta ed immediata coscienza, qual fatto, che ci concerna solo in quanto siamo persone singole e circoscritte dalla nostra naturale individuazione, non si avvera in ciascun di noi, se non in quanto noi siamo appunto, nell'ambiente della convivenza, esseri socialmente e quindi anche storicamente condizionati. I mezzi della convivenza sociale, che sono, da un lato le condizioni e gl'istrumenti, e dall'altro i prodotti della collaborazione variamente specificata, costituiscono, al di là di ciò che offre a noi la natura propriamente detta, la materia e gl'incentivi della nostra formazione interiore. Di qui nascono gli abiti secondarii, derivati e complessi, pei quali, di là dai termini della nostra corporea configurazione, sentiamo il nostro proprio io come la parte di un noi, il che vuol dire, in concreto, di un modo di vivere, di un costume, di una istituzione, di uno stato, di una chiesa, di una patria, di una tradizione storica, e così via. In coteste correlazioni di consociazione pratica, che corrono da individuo a individuo, han la loro radice e hanno il loro fondamento obiettivo e prosaico tutte quelle varie rappresentazioni ideologiche di spirito pubblico, di psiche sociale, di coscienza etnica, e così via, intorno alle quali, come gente che pigli per enti e sostanze i rapporti e le relazioni, speculano, da metafisici di pessima scuola, i sociologisti e psicologisti, che io chiamerei simbolisti e simboleggianti. In questi medesimi rapporti pratici nascono le comuni correnti, per le quali il pensiero individuo, e la scienza che ne deriva, son vere e proprie funzioni sociali.

E così siamo daccapo nella filosofia della praxis, che è il midollo del materialismo storico. Questa è la filosofia immanente alle cose su cui filosofeggia. Dalla vita al pensiero, e non già dal pensiero alla vita; ecco il processo realistico. Dal lavoro, che è un conoscere operando, al conoscere come astratta teoria: e non da questo a quello. Dai bisogni, e quindi dai varii stati interni di benessere e di malessere, nascenti dalla soddisfazione o insoddisfazione dei bisogni, alla creazione mitico-poetica delle ascoste forze della natura: e non viceversa. In questi pensieri è il segreto di una asserzione di Marx, che è stata per molti un rompicapo, che egli avesse, cioè, arrovesciata([1]) la dialettica di Hegel: il che vuol dire, in prosa corrente, che alla semovenza ritmica d'un pensiero per sé stante (- la generatio aequivoca delle idee! -) rimane sostituita la semovenza delle cose, delle quali il pensiero è da ultimo un prodotto.

In fine, il materialismo storico? ossia la filosofia della praxis, in quanto investe tutto l’uomo storico e sociale, come mette termine ad ogni forma d'idealismo, che consideri le cose empiricamente esistenti qual riflesso, riproduzione, imitazione, esempio, conseguenza o come altro dicasi, d'un pensiero, come che siasi, presupposto, così è la fine anche del materialismo naturalistico, nel senso fino a pochi anni fa tradizionale della parola. La rivoluzione intellettuale, che ha condotto a considerare come assolutamente obiettivi i processi della storia umana, è coeva e rispondente a quell'altra rivoluzione intellettuale, che è riuscita a storicizzare la natura fisica. Questa non è più, per alcun uomo pensante, un fatto, che non fu mai in fieri, un avvenuto che non è mai divenuto, un eterno stante che non proceda, e molto meno il creato d'una volta sola, che non sia la creazione di continuo in atto.

 

 

[Da Discorrendo di socialismo e filosofia, in A. Labriola, La concezione materialistica della storia, a cura di E. Garin, Laterza, Bari 1971, pp. 214-217]


([1]) Il verbo usato da Marx, umstülpen, si dice comunemente del rimboccare i calzoni, o del ripiegar le maniche.