Comunisti e governo. Dove sta il “pregiudizio ideologico”?

 

Nella storia del movimento operaio due sono stati gli argomenti di discrimine tra marxismo e riformismo: la guerra imperialista e la partecipazione ai governi borghesi.

Si potrebbero citare cento e cento testi di Marx, Engels, Rosa Luxemburg, Lenin o Trotsky in cui ogni ipotesi di coalizione è rigettata per principio. Citerò invece un personaggio che, nella sua evoluzione, col marxismo ruppe totalmente: Palmiro Togliatti.

Scrive Togliatti nel primo editoriale di Rinascita (1944):

“Nell’Italia di un tempo...intorno al problema della eventuale partecipazione al governo di rappresentanti del partito socialista si discusse e lottò per decenni. La posizione dell’ala marxista del movimento operaio fu sempre, in proposito, chiarissima. Ogni partecipazione al potere venne considerata inammissibile, ogni proposta di accettare gli inviti a collaborare al governo…giustamente denunciata come tentativo di asservire il movimento operaio a finalità e interessi contrastanti con i suoi propri. Su questa posizione si mantenne la grande maggioranza delle masse lavoratrici in modo incrollabile, tanto che tutti gli esponenti del movimento socialista i quali vollero deviare per altro cammino furono respinti dalle masse stesse e dalle loro organizzazioni come traditori”.

Dopo aver ricordato in modo così chiaro la posizione “dell’ala marxista del movimento operaio” Togliatti dimostrava di passare al “tradimento”, cercando di argomentare le ragioni per cui essa andava superata. Dal ‘44 al ’47 il PCI fu così al governo. I risultati furono la liquidazione dei comitati di gestione (forme di controllo operaio) nelle aziende; l’amnistia ai criminali fascisti; la costituzionalizzazione del concordato del ‘29. Poi, cacciato il PCI dal governo, per 30 anni il grosso del movimento operaio restò all’opposizione. Lì, sulla base della lotta di classe, il proletariato ottenne importanti conquiste. E tali erano i problemi per la borghesia che nel ‘76 pensò bene di ricorrere nuovamente al PCI. Fu il “compromesso storico”, che in nome dei “sacrifici equi” diede il via a un periodo di riflusso e ad una progressiva perdita delle conquiste precedenti. Nel ‘96-98 abbiamo avuto il 3° episodio, con il nostro sostegno al governo Prodi che ci ha portato a votare il pacchetto Treu, le finanziarie “lacrime e sangue”, i centri di detenzione per gli immigrati e molte altre misure antipopolari.

Questi i fatti. A chi accusa quindi Progetto Comunista di “ideologismo” per la nostra opposizione di principio al governismo, noi diciamo che “pregiudizio ideologico” è quello di chi non confronta le sue posizioni con l’esperienza costante, in tutto il mondo e anche in Italia, che mostra che la partecipazione a governi con la borghesia e i suoi rappresentanti, non porta altro che alla sconfitta, anche sul terreno delle conquiste parziali. Ciò che deve essere battuto nel nostro partito è dunque un “governismo” senza principi e senza riscontro nei fatti, che è proprio, in forma diversa, di tutte e quattro le mozioni che si contrappongono a quella di “Progetto Comunista”. Perché se infatti il rischio maggiore viene dalla proposta di collaborazione di classe senza alcuna condizione della 1° mozione, il futuro positivo del partito è legato alla sconfitta di tutte le posizioni “governiste”. Da quella della 2° mozione, che pone come prospettiva quella di un appoggio esterno, ripetendo la disastrosa esperienza del ‘96-98, a quella della 4° mozione che ipotizza che la pressione dei movimenti possa domani cambiare la politica di un governo borghese, fino alla 5° che si pone nell’ottica di un sostegno “critico” a un governo di “sinistra riformista”. Tutte ipotesi dimostratesi disastrose per il movimento operaio e che incidono negativamente anche nell’azione quotidiana, perché è la storia che ha dimostrato la validità della tradizionale “posizione dell’ala marxista” difesa in questo congresso solo dalla mozione di Progetto Comunista.

 

Franco Grisolia