Opposizione:
se ci sei batti un colpo
Il
Governo Berlusconi va avanti nel silenzio delle opposizioni
E
intanto Prodi prepara la “sezione italiana” del polo imperialistico europeo
A settembre è entrata in
vigore la controriforma delle pensioni. Ancora una volta la mancata reazione
delle opposizioni e del sindacato ha fatto sì che il Governo l’abbia
spuntata. Mentre Fausto Bertinotti vaticinava fantasiose primarie sul programma
e si incontrava con Berlusconi per aiutare la nazione a salvare le due Simone,
Maroni ultimava la sua opera. Scattano da subito gli incentivi per lavorare
anche in età pensionabile, rimane lo “scalino” del 2008 e tra poco arriverà
la requisizione del Tfr e il suo versamento ai fondi integrativi mediante il
meccanismo del silenzio-assenso, misura che tanto piace al centrosinistra di
Romano Prodi.
Incoraggiato, Maroni
rilancia anche la delega 848 bis, ossia la sospensione temporanea
dell’articolo 18 per i nuovi assunti. Anche in questo caso il ministro può
ringraziare L’Ulivo e la Cgil per l’opportunità gentilmente concessa. Un
anno di mobilitazioni e una manifestazione di 3 milioni di persone vengono rese
inutili perché si è deciso di non far cadere il Governo in un momento di
vulnerabilità. Un atto di grazia ripetutosi quando, qualche mese fa, abbiamo
assistito al manifestarsi di una crisi profonda di Berlusconi, dovuta non
soltanto alle tensioni tra settori di ceto politico all’interno del Polo, ma
anche alla perdita di credibilità del premier
rispetto a cospicui pezzi del suo elettorato, alcuni dei quali costituiti da
“gente nostra”. Una crisi non precipitata perché, anche in questo caso, il
centrosinistra ha rifiutato di dare una “spallata” al Governo, come era
possibile e necessario fare. In questo modo Berlusconi ha riconsolidato la
propria immagine e veleggia verso fine legislatura, nonostante la battuta
d’arresto segnata dal 7 a 0 delle suppletive.
La Gad e la finanziaria
Mentre la Cgil scrive a
Prodi indicandogli come modello da perseguire quello delle socialdemocrazie
scandinave la Gad va avanti, tra annunci di lotta senza quartiere e pratiche più
frequentemente bipartisan. Qualche
esempio? Sul trasporto pubblico locale l’anno scorso il Governo era incorso in
una distrazione, prevedendo la possibilità di scegliere tra la gara per la
privatizzazione delle società di trasporto ex municipalizzate e la gestione
diretta da parte degli enti locali. Subito dopo si era cercato di rimediare
tramite un articolo della legge delega sull’ambiente che rendeva obbligatorie
le gare. Alla Camera centrodestra e centrosinistra approvavano entrambe questo
emendamento e il Prc si asteneva (il capogruppo Prc Giordano spiegava che si
trattava di un “errore tecnico”). A ottobre la manfrina si arricchisce di
nuovi preziosismi procedurali: il centrosinistra e il centrodestra in
commissione varano l’emendamento insieme, ma al momento della votazione il
centrosinistra esce dall’aula, poiché nella delega sono contenuti anche i
provvedimenti sanatoria sull’ambiente, uno dei cavalli di battaglia
dell’opposizione.
La Gad organizza inoltre
un’iniziativa unitaria contro la finanziaria, che è la legge di bilancio
dello Stato, cioè la politica del Governo in cifre. In tutti gli interventi il
centrosinistra tuttavia interviene soltanto su un aspetto: la politica fiscale,
naturalmente per accusare Berlusconi di non aver ridotto le tasse. Su tutto il
resto: silenzio. E così, ad esempio, nelle pieghe della finanziaria si perde un
piccolo provvedimento che prevede l’equiparazione della cassa integrazione
alla mobilità, il che significa che in futuro i cassintegrati si ritroveranno
disoccupati. Lo denuncia il capogruppo Prc al Senato Malabarba, ma la notizia
non sembra scuotere particolarmente i suoi colleghi del centrosinistra.
Imperialismo italiano e
imperialismo europeo
In realtà il quadro che il
centro liberale dell’Ulivo sta cercando di costruire dietro la copertura
dell’opposizione in nome della libertà e dei diritti è un mosaico complesso
e per molti difficile da leggere tra le righe delle notizie di cronaca. La
leadership di Prodi è un fatto tutt’altro che casuale: è proprio
nell’ambito dell’allargamento dell’Ue a 25 e nelle mire espansionistiche
delle imprese italiane, in particolare verso est, che si trova il nocciolo
dell’interesse materiale che le grandi aziende capitalistiche italiane guidate
dalla “nuova” Confindustria chiedono alla Gad di sostenere. Si è fatto un
gran parlare, anche su Liberazione, della Direttiva Bolkenstein, che di fatto
svincolerà l’operato delle imprese nazionali e multinazionali da quelle
normative statali che potrebbero arginarne gli effetti sociali più devastanti.
Tale direttiva apre alla colonizzazione dei paesi più deboli da parte delle
imprese attraverso lo smantellamento dei servizi pubblici nazionali e la loro
privatizzazione e l’ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro. Non
solo. Un imprenditore italiano che voglia intervenire nel nostro paese
aggirandone la legislazione può, in base alla Direttiva, aprire una società in
un paese dell’Est, sottoponendosi a minori controlli e a leggi assai più
benevole, e in base al “principio del paese d’origine” sarà tenuto a
rispettare soltanto la normativa nazionale dello Stato in cui ha sede
l’impresa. A tale proposito Raoul Marc Jennar, ricercatore presso due istituti
di Bruxelles e Parigi, scrive su un articolo pubblicato da Liberazione a
novembre: “Chi ha familiarità con le regole dell’Omc e dei Gats riconoscerà
in questo progetto di Direttiva i principi e le procedure già stabilite in
quegli accordi. Ancora una volta l’Ue non protegge dalla globalizzazione
neoliberista; ne prende, anzi la guida”. Tale provvedimento viene annunciato
all’inizio del 2004, quando la Commissione europea è ancora saldamente nelle
mani di Romano Prodi.
Banche e produzione militare
Al sostegno alle imprese a
livello nazionale, ad esempio la richiesta di defiscalizzazione degli utili e di
crediti d’imposta a sostegno della ricerca e sviluppo, la Lista Prodi affianca
dunque la realizzazione di un quadro normativo che permetta loro di muoversi
liberamente sui mercati internazionali. In questo senso va letto anche il ruolo
politico sempre più pesante assunto dai banchieri di riferimento del
centrosinistra, da Passera a Profumo. Anche grazie a loro il sistema bancario
italiano sta subendo un processo di concentrazione e di differenziazione. La
prospettiva è quella di una serie di acquisizioni che portino da sei a tre il
numero delle grandi banche (con la perdita di migliaia di posti di lavoro),
dando a queste le massa critica e la struttura funzionale ad una loro
internazionalizzazione a sostegno delle imprese italiane all’estero e
lasciando accanto ad esse una rete di piccoli istituti di credito locali in
grado di coprire il territorio senza disturbare. Questo processo ha anche,
ovviamente, pesanti ricadute sulla definizione degli assetti di potere nei
grandi gruppi che controllano la vita del paese (vedi Mediobanca e Rcs) e che
sono determinanti in vista delle politiche del 2006.
Siccome l’espansione
economica talvolta può richiedere anche “maniere forti”, si costruisce un
apparato militare in grado di favorirla. Le dichiarazioni di Ciampi a proposito
della spesa militare altro non sono che la benedizione di politiche che vedono
prodiani e berlusconiani collaborare alacremente in nome degli interessi
nazionali. Cito solo l’operazione Finmeccanica 2, cioè la concentrazione
dell’interesse di Finmeccanica sulla produzione militare (anche attraverso le
recenti acquisizioni di aziende nel settore dell’avionica e dei radar) ponendo
le premesse per la cessione della parte civile (Ansaldo Trasporti e energia,
produzione civile di Fincantieri, Elsag, ecc). La posizione dei Ds in proposito
è significativa. Formalmente si chiede di mantenere parte del settore civile
(trasporto ed energia) unito al militare e in mano pubblica (precisando chese
proprio bisogna vendere è preferibile evitare gli spezzatini!) In un quadro in
cui la quota più consistente della produzione militare verrà assorbita dallo
Stato attraverso un innalzamento della spesa bellica a scapito di quella
sociale.
Bertinotti e gli
“espropri proletari”
Mentre la Gad conduce la sua
opposizione “costruttiva” esplode la questione degli espropri realizzati dai
Disobbedienti in un supermercato e in un libreria di Roma. Fausto
Bertinotti interviene condannando l’accaduto e legittimando la campagna stampa
a difesa della legalità. Personalmente non ho mai avuto simpatia per chi
privilegia il terreno dell’azione simbolica e ne
investe l’effetto mediatico nella contrattazione – ieri con Bertinotti oggi
con Paolo Cento – in una logica tutta interna alle compatibilità
capitalistiche. Tra gli assalti ai negozi dei piqueteros argentini e l’azione
di Roma c’è evidentemente una bella differenza! Ma certo era possibile
leggere sia pure criticamente quella vicenda in termini di classe. Viviamo in
una stagione che ha visto una escalation di espropri padronali di massa, dalle
finanziarie “lacrime e sangue” di Prodi fino ai regali di Berlusconi a
imprese, professionisti, evasori fiscali. Quasi la metà delle famiglie italiane
non riesce a metter da parte un solo euro a fine mese e ci si preoccupa di
contare quanti prosciutti e quanti vasetti di marmellata mancano dagli scaffali?