Il Prc aderisce alla Grande Alleanza Democratica

L’imperialismo che piace al centrosinistra

Bertinotti rinuncia alla parola d’ordine del ritiro immediato delle truppe dall’Irak

 

 

di Nicola di Iasio

 

Tutti insieme proponiamo che l’Italia si attivi per concorrere alla convocazione di una conferenza internazionale con la partecipazione di tutte le parti interessate che garantisca uno svolgimento trasparente e democratico delle elezioni irachene e permetta la nascita di un Iraq libero e democratico. La sostituzione delle forze di occupazione con forze multinazionali chiaramente percepite come forze di pace, di assistenza umanitaria e di sostegno alla ricostruzione è un passo essenziale di questo processo. In questo quadro va previsto il ritiro delle truppe italiane già ripetutamente richiesto. (Risoluzione della Gad, Liberazione, martedì 12 ottobre 2004).

Così recita l’accordo raggiunto sull’Irak dalla prima riunione della Grande Alleanza Democratica. Lo stesso giorno, Liberazione riportava un articolo di Rina Gagliardi che presentava quest’accordo come un successo della sinistra alternativa; che grazie alla pressione dei movimenti, aveva prodotto uno slittamento a sinistra dell’Ulivo, e a sostegno di questa tesi vi era la richiesta del “ritiro” contenuta nell’accordo.

Al di là della mistificazione della realtà, evidente dalla sola lettura del testo, la vicenda dell’Irak assume un’importanza particolare: non solo consente una volta di più di tracciare un bilancio su alcuni nodi, come la nonviolenza e impero/imperialismo, che hanno animato il dibattito dello scorso congresso; non solo per l’importanza che ha sempre avuto la questione della guerra nel movimento operaio; ma soprattutto perché la vicenda dell’Irak è la cartina di tornasole della natura della Gad e la migliore vicenda rivelatrice sia delle sorti della rifondazione comunista sia delle prospettive dei movimenti di questi anni.

 

I fatti smentiscono le teorie bertinottiane  

Come Progetto Comunista abbiamo sempre espresso il nostro sostegno incondizionato alla resistenza irakena nella battaglia contro le forze occupanti; abbiamo combattuto la revisione “ideologica” portata avanti dal gruppo dirigente maggioritario del Prc: dalla nonviolenza al superamento della nozione di imperialismo a favore di non ben precisato impero, passando per la spirale guerra-terrorismo. In passato abbiamo scritto diversi articoli di analisi e approfondimento su questo giornale: alla luce di quanto accaduto crediamo si possa dire che la realtà ha smentito clamorosamente tutte quelle posizioni revisioniste che, in nome del nuovo, finivano per riproporre tutto il patrimonio politico contro cui si è costruito il movimento comunista agli inizi del ‘900.

Come al solito la realtà si è presa gioco di questa revisione “ideologica” a tal punto che, mentre Bertinotti non ritiene che si possa parlare di resistenza (con la r maiuscola o minuscola non importa) -e che quindi la realtà irachena debba essere analizzata, in ultima analisi, con le categorie e di guerra e terrorismo- diversi quotidiani americani e persino Gorge W. Bush hanno più volte ammesso che in Irak c’è una resistenza popolare all’occupazione militare. Così come, ad esempio, la contesa per il bottino di guerra tra gli Usa e le potenze imperialiste europee principali che sono state escluse (Francia e Germania) è sufficiente a demolire lo schema “teorico” sottostante al superamento della nozione di imperialismo.

 

La rinuncia di fatto alla parola d’ordine del ritiro delle truppe

Allo stesso modo abbiamo criticato aspramente la partecipazione del Prc all’incontro di Palazzo Chigi di tutte le opposizioni al capezzale di Berlusconi sullo sfondo della vicenda delle due Simone. L’incontro è stato presentato all’interno del partito come espressione di una particolare sensibilità umanitaria (che secondo il gruppo dirigente maggioritario dovrebbe travalicare qualsiasi confine politico e di classe), ma in realtà aveva ben altri significati: è del tutto evidente che non c’entra nulla l’incontro tra Bertinotti e Berlusconi con la liberazione delle due Simone (su cui, forse, hanno avuto un’incidenza più diretta i servizi segreti giordani); e che invece l’unico vero risultato drammatico di quell’incontro è stato quello di riuscire a dare credenziali umanitarie a un governo di guerra impegnato direttamente al fronte nei giorni dei peggiori bombardamenti americani e inglesi su Falluja e sulle altre città irakene; dando così un colpo pesante alla mobilitazione del movimento.

Oggi però, con l’accordo raggiunto tra i segretari dei partiti della Gad e la mozione parlamentare dell’opposizione, vi è un evidente salto di qualità, a negativo, nella deriva senza limiti del gruppo dirigente maggioritario del Prc: checché ne dica Rina Gagliardi, la sola lettura del dettato formale dell’accordo (riportato in testa a questo articolo) evidenzia non uno spostamento a sinistra della Gad, ma un gravissimo e preoccupante inizio di slittamento a destra del Prc;  tanto più perché si tratta di uno slittamento rispetto non alle posizioni di Progetto Comunista, ma alle stesse posizioni assunte e sostenute tradizionalmente in passato da Bertinotti. Dalla lettura del testo si evince infatti:

a) che il Prc accetta la proposta di Prodi e Fassino di una Conferenza Internazionale sull’Irak comprensiva delle potenze occupanti che ancora oggi bombardano l’Irak;

b) che a differenza di ieri, quando il Prc sosteneva sostanzialmente che le elezioni di gennaio erano una farsa -tant’è vero che si chiedeva il ritiro immediato delle truppe senza attendere l’esito delle elezioni di gennaio  proprio perché svolgendosi sotto l’occupazione militare e con la presenza delle truppe occupanti non avrebbero mutato, neanche formalmente, il quadro-, oggi il Prc accetta una Conferenza Internazionale di “pace” con la benedizione americana (e probabilmente quella Onu), che rivendica la legittimazione di queste elezioni farsa e l’elezione di un governo fantoccio;

c) che, ancor più grave, il Prc accetta una Conferenza Internazionale che predisponga la ridefinizione di una presenza militare multinazionale in Irak: a sostegno del tentativo di ricomporre il vecchio quadro del multilateralismo internazionale, lo stesso che fece le sue esperienze sui cieli di Belgrado e in Afghanistan. È ricomposizione che da un lato consentirebbe a Bush di allentare la pressione interna e di distribuire sugli alleati i costi, umani e materiali, del pantano irakeno; dall’altro garantirebbe in primis alla Francia e alla Germania, che non sopportano più di rimanere fuori dalla spartizione della torta irachena e più in generale del bottino coloniale in Medio Oriente, di sedersi finalmente al tavolo dei vincitori. 

 

Una capitolazione senza precedenti della maggioranza dirigente del Prc

Ovviamente non c’è da stupirsi che questa sia la posizione del centro liberale dell’Ulivo; che è del tutto coerente con la sua natura filoimperialista. Ma il fatto che Rifondazione Comunista subordini il ritiro delle truppe a questa impostazione è una capitolazione senza precedenti. Com’è del tutto evidente non si tratta semplicemente di un problema di “inconseguenza” o di “un passo indietro” (come sostengono le aree “critiche” di maggioranza dell’Ernesto e di Erre) rispetto alla rivendicazione del ritiro immediato e incondizionato delle truppe: si tratta di una scelta di inserimento o di sostegno, fosse pure indiretto, ad una “Santa Alleanza” imperialista contro la resistenza irachena, contro i diritti di emancipazione e di liberazione di quel popolo. È davvero paradossale che tutto ciò venga presentato come uno spostamento a sinistra della Gad: se fosse vero, ci si dovrebbe preoccupare seriamente di quello che potrebbe essere domani un eventuale slittamento a destra!

Al di là delle mistificazioni, l’accordo raggiunto sull’Irak dai segretari della Gad prefigura quella che è la natura vera della partita di scambio: Bertinotti potrà guadagnarci sul piano dell’immagine (v. primarie) e il Prc potrà anche, inizialmente, rafforzarsi elettoralmente; ma la contropartita di questo servizio all’interesse privato e di immagine del segretario e della segreteria sarà sempre più la subordinazione del partito agli interessi del capitalismo italiano.

Come è possibile, senza temere il ridicolo, presentare come  “nuovo” proprio il ritorno alle peggiori tradizioni del ‘900 (con tanto di guerre, occupazioni coloniali, conferenze di “pace” etc.)? Si può immaginare un inganno peggiore per tutte quelle forze ed energie che, a partire da una giovane e giovanissima generazione, si sono mobilitate in questi anni?

A fronte di questo corso del gruppo dirigente maggioritario è necessario quindi unire le forze per salvare le ragioni sociali del partito, per salvaguardare, cioè, l’opposizione comunista e di classe. Ogni compagno, al di là di ogni vecchia collocazione di mozione, è chiamato a questa scelta impegnativa.