I ASSEMBLEA NAZIONALE
DELL'ASSOCIAZIONE MARXISTA RIVOLUZIONARIA
PROGETTO COMUNISTA
di Francesco Ricci (gennaio 2003)
Si è tenuta nei giorni del 4-5-6 gennaio a Rimini l'assemblea fondativa
dell'Associazione marxista rivoluzionaria Progetto comunista.
L'assemblea è stata l'ultimo passaggio del percorso costituente avviato con la
decisione presa a larga maggioranza dai delegati di Progetto comunista al
seminario del luglio 2002 di sviluppare l'area programmatica con la sua
trasformazione in un'unica, nuova e più ampia associazione militante nel Prc
impegnata nella rifondazione della Quarta Internazionale.
All'assemblea hanno partecipato 121 delegati (indicati in circa 50 assemblee
locali svoltesi nelle settimane precedenti) in rappresentanza di circa 500
iscritti presenti in una settantina di città (un risultato straordinario, ben
al di sopra delle nostre più rosee aspettative... che ci ha costretto a
stringerci un po' nella sala...).
La discussione è stata introdotta da una relazione di Marco Ferrando sul quadro
politico complessivo, nazionale e internazionale, in cui si inscrive la scelta
di dare vita all'Associazione e sul senso generale del suo progetto strategico;
e da una relazione di Francesco Ricci sul tema della costruzione
dell'associazione (e dei suoi strumenti) come tappa della rifondazione
rivoluzionaria.
Sono stati tre giorni di lavoro intenso ma proficuo, in un clima caldo, di forte
entusiasmo. Decine di interventi di delegati da ogni parte d'Italia nelle sedute
plenarie (intervallati da messaggi di saluto inviati dalle organizzazioni che
con noi partecipano al Movimento per la Rifondazione della Quarta
Internazionale) hanno definito gli assi fondamentali di costruzione della nuova
Associazione, contenuti nei documenti approvati: un Manifesto-Appello, un
documento sulla costruzione dell'AMR, lo Statuto.
In conclusione dei lavori sono stati eletti gli organismi dirigenti dell'AMR: un
Consiglio nazionale e un Direttivo (il quale si è poi riunito per eleggere la
Presidenza nazionale).
Riportiamo di seguito il testo del Manifesto-Appello sulla base del quale
avviamo la costruzione dell'Associazione: con la strutturazione dei collettivi
locali che hanno avviato il lavoro costituente e con la proposta a tutti i
compagni e le compagne che si riconoscono negli assi generali dei documenti
varati a Rimini di partecipare con noi in questo progetto comunista.
MANIFESTO-APPELLO
(approvato
dall'Assemblea fondativa dell'Associazione marxista rivoluzionaria Progetto
comunista -
LA
CRISI MONDIALE
Una
crisi profonda investe il mondo.
Da
un quarto di secolo l’economia mondiale registra una sostanziale stagnazione.
Le forze produttive non crescono più. Il ciclo ventennale delle nuove
tecnologie (personal computer, telefonia mobile, internet), che secondo la
propaganda liberale avrebbe dovuto trainare una nuova stagione storica di
prosperità, ha clamorosamente mancato la propria missione: ed anzi la crisi
profonda della cosiddetta “nuova economia” trascina al ribasso il
capitalismo mondiale. Cedono le borse. Si moltiplicano fallimenti spettacolari
di multinazionali e di banche. Declina il decantato miracolo americano degli
anni novanta svelando l’estrema fragilità delle sue basi. E la crisi
americana, la stagnazione europea, il cronicizzarsi della recessione giapponese,
minacciano, nel loro combinarsi, una nuova flessione economica internazionale. A
sua volta la crisi profonda dell’America Latina, trascinata dalla catastrofe
economica argentina, registra e amplifica l’intera dinamica mondiale. Ne
consegue una nuova accumulazione di miseria e di degrado ad ogni latitudine del
globo: arretrano ovunque, da vent’anni, diritti sociali basilari in fatto di
lavoro, istruzione, sanità, previdenza; si sviluppano enormi migrazioni di
massa, su scala continentale ed intercontinentale; si acuisce l’oppressione
delle grandi masse femminili. Ovunque si delinea un’autentica regressione
nella condizione di vita della maggioranza della società.
Sul
piano politico si registra la rottura profonda di ogni vecchio equilibrio
internazionale. Il crollo dell’Urss dell’89-'91, con la relativa
restaurazione capitalistica nell’est europeo, ha destabilizzato, come non mai,
il vecchio ordine del mondo. Tutte le contraddizioni si acuiscono. Tra i blocchi
imperialisti, a partire dalla nuova contesa tra Usa ed Europa per la conquista
dei mercati e delle zone d’influenza; tra i Paesi imperialisti nel loro
insieme e l’insieme dei Paesi dipendenti e dei popoli oppressi; tra i Paesi
imperialisti e le nuove potenze emergenti (Russia, Cina). Una nuova instabilità
segna dunque l’intera situazione internazionale. La ripresa delle guerre
imperialiste ne è un drammatico portato. In particolare l’unilateralismo
guerrafondaio degli Usa se da un lato riflette una superiorità straordinaria di
forza militare distruttiva, dall’altro misura la crisi dell’egemonia
politica degli Stati Uniti sulla scena mondiale e moltiplica, a sua volta, tutte
le contraddizioni internazionali. La seconda annunciata aggressione criminale
all'Irak si colloca in questo quadro generale.
All’alba
del nuovo secolo, dunque, il capitalismo mondiale e la sua crisi ripropongono
all’umanità tutto il peggio del secolo precedente: miseria, guerre, razzismo,
reazione, devastazione ambientale. Ogni vecchia illusione riformistica è negata
alla radice dalle condizioni obiettive dello scenario mondiale. Solo una
rivoluzione socialista internazionale che riconduca la produzione e le risorse
naturali sotto il controllo cosciente delle masse lavoratrici può liberare
l’umanità dalla barbarie, aprire un orizzonte nuovo, offrire un futuro degno
alle nuove generazioni.
LA
RIPRESA DI LOTTA INTERNAZIONALE
Proprio
la profondità della crisi mondiale allarga le condizioni di una ripresa di
lotta internazionale.
La
crisi logora le basi di consenso delle classi dominanti. L’impoverimento
d’ampi settori di proletariato ma anche di classe media mina la base
d’appoggio dei regimi borghesi. L’acuirsi della crisi economica riduce
drasticamente lo spazio di manovra redistributiva e o clientelare ai fini di
recupero del consenso, minacciando la stabilità delle tradizionali soluzioni di
governo e dei vecchi equilibri istituzionali. La parabola discendente delle
socialdemocrazie e dei loro governi nell’Europa capitalista, unita alle rapide
difficoltà delle nuove soluzioni di centrodestra (Berlusconi e Raffarin); la
profonda instabilità politica di tutta l’America Latina, rivelano al fondo la
crisi d’egemonia delle politiche dominanti alle diverse latitudini del mondo.
Per
lungo tempo la crisi d’egemonia si è espressa prevalentemente, sul versante
di massa, nella forma del distacco passivo, dell’indifferenza, del rifiuto
della politica. Ma si è trattato di una fase transitoria. Dalla seconda metà
degli anni novanta, il distacco dalle politiche dominanti si è trasformato
progressivamente in mobilitazione attiva, nella ripresa potente, su scala
mondiale, di una nuova ascesa di massa.
Un
nuovo vento attraversa il mondo.
Una
giovane generazione rialza la testa dopo vent’anni di arretramenti e di
sconfitte. Il movimento no-global, pur con le sue contraddizioni, ha
rappresentato la prima espressione visibile di questa svolta, con positivi
effetti di contaminazione e di contagio.Il movimento contro la guerra, in Europa
e negli Usa, ha costituito anch’esso un canale di questo risveglio, quale si
è espresso nella grande manifestazione di Firenze. Ma soprattutto ne porta il
segno la ripresa internazionale della lotta di classe e di massa. Larga parte
dell’Europa capitalista, anche se in forme e con intensità diverse, è
attraversata dalla ripresa del movimento operaio, a partire dall’Italia, dalla
Gran Bretagna, dalla Spagna. Negli Stati Uniti si registra dopo lungo tempo una
significativa ripresa della sindacalizzazione. Nel Giappone, sconvolto dalla
crisi, la pace sociale volge al termine. Ma soprattutto nei Paesi dipendenti, la
fine della passività sociale coincide in più punti col diffondersi di uno
spirito di ribellione e di rivolta.
In
Palestina una giovane generazione ha segnato con la seconda Intifada una nuova
stagione di lotta all’oppressione sionista e all’imperialismo, opponendosi
ad ogni ipotesi di resa e capitolazione, e rivitalizzando attorno a sé una più
ampia mobilitazione di masse arabe.
La
crisi rivoluzionaria in Argentina, prima col rovesciamento del governo De La Rua,
poi con lo sviluppo di vasti processi di autorganizzazione operaia e popolare
nel quadro di una crisi verticale delle vecchie forme del dominio borghese, è
tutt’altro che un isolato caso nazionale: è la punta dell’iceberg di una
potenzialità rivoluzionaria che percorre l’intero continente. E al tempo
stesso è la misura delle nuove potenzialità internazionali della rivoluzione
socialista, entro la svolta d’epoca del nostro tempo.
PER
UN PARTITO RIVOLUZIONARIO INTERNAZIONALE DEL PROLETARIATO E DEGLI OPPRESSI
Proprio
la ripresa internazionale dei movimenti di massa, sullo sfondo della crisi
capitalista e del crollo dello stalinismo, pone l’attualità, politica e
storica, della rifondazione comunista internazionale.
Tanto
più dopo un lungo periodo di devastazione politica e culturale, la ripresa di
lotta della nuova generazione si combina inevitabilmente con la sua
inesperienza, l’arretratezza della sua coscienza, il ritorno di vecchie
illusioni. Ma soprattutto le sue potenzialità cozzano con la natura e il ruolo
delle vecchie direzioni. Liberalismo borghese progressista, socialdemocrazia,
vecchi partiti “comunisti” di estrazione staliniana, nazionalismo borghese,
burocrazie sindacali, intellettualità democratica piccolo-borghese, sono tutti
impegnati, in forme e con ruoli diversi a contenere e deviare la nuova spinta di
massa dentro le compatibilità del capitalismo e dell’imperialismo.
Le
rivendicazioni di classe dei movimenti di lotta sono respinte o dissolte in
pratiche concertative. Le aspirazioni nazionali dei popoli oppressi sono
tradotte in programmi di riconciliazione con i loro oppressori (“due popoli
due stati” in Palestina). La domanda di un nuovo mondo possibile è tradotta
nella promessa d’abbellimento, impossibile, del vecchio mondo borghese
(“Europa sociale”, Tobin Tax, bilancio partecipativo, "commercio equo e
solidale"….).
In
particolare i governi borghesi cosiddetti progressisti, spesso sottoprodotto
della spinta di cambiamento, hanno colpito frontalmente le attese e speranze da
cui sono nati. Così in Francia il governo Jospin, retto da socialdemocrazia e
PCF, ha negato tutte le attese della rivolta sociale del '95, ricambiandole con
le politiche di privatizzazione e flessibilità.
In Sudafrica l’attuale governo ANC-SAPC respinge le più elementari domande di
riforma agraria e di giustizia sociale sino a richiamare contro di sé lo
sciopero generale. In Brasile il nuovo governo Lula, in aperta collaborazione
con la borghesia brasiliana si premura di rassicurare l’imperialismo e di
annacquare persino il proprio timido programma di riforme.
Ovunque
le direzioni maggioritarie dei movimenti operai, popolari, nazionali, sono
spinte dalla crisi mondiale e dal crollo dellUrss ad un ulteriore slittamento a
destra della propria politica.
Già
responsabili delle sconfitte storiche dei processi rivoluzionari del Novecento,
si presentano oggi in aperta contrapposizione alle potenzialità rivoluzionarie
del secolo nuovo. Al tempo stesso, scosse dai fallimenti passati e dalla nuova
ascesa, moltiplicano i propri fenomeni di crisi, di scollamento con la propria
base sociale e militante, di frattura e divisione dei propri apparati, entro un
processo di complessivo indebolimento.
L’ascesa
internazionale di una nuova generazione, il fallimento dei vecchi apparati
riformisti, la profondità della loro crisi definiscono nel loro insieme un
nuovo spazio storico per la rifondazione di una direzione rivoluzionaria
internazionale.
Solo
una nuova direzione rivoluzionaria internazionale e partiti comunisti
rivoluzionari nei diversi Paesi possono lavorare nel cuore della giovane
generazione per sviluppare la sua coscienza politica. Possono difendere e
sviluppare in ogni movimento a base nazionale l’interesse internazionale del
movimento operaio. Possono contrastare le vecchie direzioni e lottare per
l’egemonia di un programma rivoluzionario mondiale.
Il
comunismo è nato storicamente come programma internazionale e come partito
internazionale. Prima la socialdemocrazia, poi lo stalinismo hanno colpito al
cuore questo principio elementare distruggendo ogni forma d’internazionalismo
rivoluzionario. Non c’è rifondazione, tanto più oggi, senza il recupero di
quel principio e di quella costruzione. Alla cosiddetta “globalizzazione”
capitalista va contrapposto, tanto più oggi, un partito globale della classe
operaia e della sua avanguardia.
PER
LA RIFONDAZIONE DELLA QUARTA INTERNAZIONALE
A
sua volta non c’è rifondazione di un’internazionale rivoluzionaria se non
sulla base programmatica del marxismo rivoluzionario. I principi
dell’indipendenza di classe del movimento operaio da ogni governo borghese,
del legame costante tra obiettivi immediati e fini generali, della dittatura
proletaria come potere dei consigli hanno segnato il filo rosso del marxismo
attraverso il pensiero e la politica di Marx, di Engels, di Lenin, ripresi, in
Italia, di Gramsci. L’opposizione di sinistra internazionale guidata da
Trotsky e la Quarta Internazionale delle origini hanno difeso e sviluppato quel
programma contro la socialdemocrazia e lo stalinismo, subendo per questo la
persecuzione congiunta della borghesia e della burocrazia staliniana. Oggi solo
il recupero e la riattualizzazione di quel patrimonio programmatico può
rilanciare il futuro del comunismo come movimento rivoluzionario internazionale.
E viceversa, fuori e contro il recupero di quelle fondamenta, ogni tentativo di
rifondazione è destinato a ripercorrere sentieri già battuti e già falliti.
In
questo senso la rifondazione dell’internazionale comunista è,
programmaticamente, la rifondazione della Quarta Internazionale. Non si tratta
della celebrazione religiosa dell’”infallibilità” di Trotsky. Si tratta
invece del raggruppamento politico, attorno ai principi marxisti rivoluzionari,
dell’avanguardia di classe internazionale: di tutte le forze e tendenze
d’avanguardia che, al di là delle diverse provenienze, saranno disponibili a
convergere sul programma della rivoluzione. Non dunque un'idealizzazione del
“movimento trotskista”, in realtà attraversato nella lunga storia del
dopoguerra da un processo di frammentazioni organizzative e
distorsioni
politiche (oggi ad esempio approdate nell'ingresso nel governo Lula della
tendenza brasiliana del Segretariato Unificato): ma una reale ricomposizione
rivoluzionaria di classe capace di capitalizzare la crisi profonda delle vecchie
forze riformiste e centriste e di rispondere all’esigenza decisiva di una
nuova direzione internazionale.
Il
movimento per la rifondazione della Quarta Internazionale non è più un
semplice auspicio, ma una realtà: un soggetto politico internazionale che, al
di là dei suoi limiti, già oggi lavora in diversi Paesi e su scala mondiale
per quest’ambizioso progetto. In America latina, nell’Europa occidentale e
orientale, negli Stati uniti d’America, in Medio Oriente e in Asia, questa
presenza vive e questo lavoro è iniziato. Nella primavera estate del 2003, a
Buenos Aires, una prima riunione internazionale di delegati marxisti
rivoluzionari si propone di sviluppare questa prospettiva L’associazione
marxista rivoluzionaria Progetto comunista aderisce al Movimento per la
rifondazione della Quarta Internazionale, portandovi il bagaglio della propria
esperienza e posizioni, e si propone di costruire attorno ad esso il più ampio
raggruppamento dei comunisti rivoluzionari italiani.
L’ESIGENZA
DI UNA NUOVA DIREZIONE DEL MOVIMENTO OPERAIO ITALIANO
L’esigenza
di una nuova direzione è più che mai riproposta dall’intero scenario
politico nazionale
Gli
ultimi dieci anni della vita politica italiana sono un’eccezionale cartina di
tornasole della crisi di direzione del movimento operaio.
La
borghesia italiana ha conosciuto dieci anni fa una crisi acuta delle proprie
forme di rappresentanza, con la dissoluzione dei suoi vecchi partiti e la
rottura dei vecchi equilibri istituzionali. Ma le direzioni del movimento
operaio, a partire dal nuovo PDS, non solo non hanno capitalizzato quella crisi
in direzione di un’alternativa di classe ma l’hanno assunta come leva della
propria scalata di governo alla testa del capitalismo italiano e in funzione
delle sue esigenze. Il centrosinistra ha così rappresentato negli anni novanta
lo strumento centrale della borghesia italiana contro i lavoratori e le
lavoratrici. Ha colpito la classe operaia e le sue conquiste più di quanto
fosse accaduto nella lunga vicenda del dopoguerra. Ha piegato le sue lotte (nel
'92-'94) in un orizzonte di pace sociale (concertazione). Ha rappresentato nel
modo più diretto gli interessi della grande impresa, sia sul piano della
politica interna (privatizzazioni, detassazione dei profitti, flessibilità del
lavoro) sia sul piano della proiezione imperialistica internazionale (con le
aggressioni militari in Medio Oriente, nei Balcani e in Afghanistan)
Berlusconi
è stato solo il beneficiario di questo lungo corso: il parvenu reazionario che
eredita i frutti di dieci anni di massacro sociale e politico delle classi
subalterne e del popolo della sinistra.
Oggi
la grande ripresa dei movimenti di massa in Italia, sospinta di fatto dal
governo Berlusconi e dall’intera dinamica mondiale, trova la principale
barriera, ancora una volta, nel centrosinistra. Nelle forze organiche del centro
liberale (Margherita) nemico dichiarato delle mobilitazioni e sostenitore delle
politiche di guerra e anti-operaie. Nella maggioranza dirigente dei DS, sempre
più omologata al centro liberale, e per questo esposta ai contraccolpi della
propria mutazione. Nella burocrazia dirigente della CGIL che, pur incanalando
larga parte della mobilitazione di massa, contiene le sue forme di lotta, la
priva di una piattaforma unificante e di svolta, ne disperde le enormi
potenzialità, nella prospettiva di un recupero della concertazione sul piano
sociale e di un “nuovo Ulivo” sul piano politico. Nei fatti le grandi
energie dei movimenti di massa e della giovane generazione operaia sono assunti
da Sergio Cofferati e dalla sinistra DS come dote di scambio col centro liberale
in una prospettiva di alternanza borghese liberale.
Oggi
come ieri gli apparati dirigenti del movimento operaio organizzano
scientificamente la sua sconfitta. Oggi più di ieri la costruzione di
un’altra direzione, politica e sindacale, è posta all’ordine del giorno
dalla nuova stagione dei movimenti di massa e dal nuovo livello dello scontro.
PRC:
UNA RIFONDAZIONE COMUNISTA MANCATA
Ma
proprio l’esigenza di un’altra direzione; proprio la svolta d’epoca
internazionale, i profondi mutamenti dell’ultimo decennio in Italia, le
esigenze poste dalla nuova dinamica di massa misurano la storia del Prc come
storia di “una rifondazione mancata”.
Il
Prc è nato dalla svolta d’epoca del nostro tempo: dal crollo dell’Urss,
dalla dissoluzione del PCI, dalla ricomposizione politica del movimento operaio
che ne è seguita, dalla crisi del vecchio spazio storico riformistico. Qui ha
trovato il suo spazio e la sua capacità di polarizzazione preziosa di tante
domande, generosità, energie. Ma i gruppi dirigenti del partito non hanno
interrogato le origini storiche del Prc. Nato dalla crisi del riformismo, invece
che rispondere a quella crisi, il Prc ne ha rappresentato una continuità e
un’espressione. Col risultato di riprodurne concezioni e politiche proprio nel
momento storico in cui più viva e profonda è l’esigenza di una rifondazione
rivoluzionaria.
Questa
contraddizione alimenta, tanto più oggi, un autentico paradosso.
Proprio
nel momento in cui ritornano nel mondo le manifestazioni più brutali
dell’imperialismo, si teorizza il superamento della nozione di imperialismo,
si nega il carattere imperialistico dell’Europa, si immagina “un’Europa
sociale e democratica”, una “riforma dell’ONU”, un tribunale della
giustizia planetaria al di sopra degli stati e delle classi.
Proprio
nel momento in cui si riaffacciano potenzialità rivoluzionarie nello scenario
internazionale si teorizza il principio ghandiano della non-violenza come nuovo
paradigma della rifondazione (vedi l'ultimo libro di Bertinotti, "Per una
pace infinita"), si respinge la tematica stessa del potere e della sua
conquista, si immagina una possibile conciliazione tra stati dominanti e popoli
oppressi (v. “due popoli due stati” in Palestina).
Proprio
nel momento in cui la ripresa e molteplicità dei movimenti di massa e la crisi
profonda di socialdemocrazia e stalinismo pongono l’esigenza di un progetto
anticapitalista unificante e quindi di una nuova internazionale rivoluzionaria e
di partiti comunisti rivoluzionari, si teorizza l’autosufficienza del
movimento no-global come “movimento dei movimenti”, si critica il concetto
stesso di partito, si riduce la costruzione internazionale alla ricerca di
un’aggregazione riformistico pacifista di “nuova sinistra”.
Nei
fatti alla nuova crisi mondiale e alle sue nuove potenzialità si offre la
risposta di vecchie suggestioni riformistiche e di vecchie illusioni.
LA
RINUNCIA ALLA BATTAGLIA PER L’EGEMONIA
Ma
soprattutto lo scenario della politica nazionale negli ultimi dieci anni misura
il fallimento della maggioranza dirigente del partito.
Per
anni la crisi della prima repubblica, la deriva liberale della burocrazia DS, la
sua esposizione anti-operaia nei governi di centrosinistra, ha fornito al Prc
uno spazio storico enorme per una battaglia di egemonia alternativa nella classe
operaia, nelle sue organizzazioni di massa, nei movimenti di lotta: una
battaglia decisiva per le sorti dei movimenti stessi.
Invece
la concezione stessa, leninista e gramsciana, dell’egemonia è stata
culturalmente respinta e politicamente capovolta in direzione di una politica di
salvaguardia del proprio spazio negoziale verso il centrosinistra.
La
ricomposizione negoziale di uno schieramento di governo ha costituito la stella
polare della poltica dirigente del Prc. Prima con l’ingresso nel polo
progressista e l’esplicita candidatura al governo ('94). Poi con la
partecipazione alla maggioranza del governo Prodi ('96-'98) e la gravissima
corresponsabilizzazione diretta nella peggiore politica anti-operaia del
centrosinistra (tagli sociali, privatizzazioni, "pacchetto Treu",
campi di detenzione per gli immigrati). Infine, dopo un ritorno
all’opposizione imposto dal logoramento subito, con la stipula di quattordici
accordi di governo col centrosinistra nelle regioni: nella speranza di una
ricomposizione nazionale che solo il crollo del centrosinistra ha scoraggiato e
impedito..
In
definitiva, quella ”maledizione del governo” che lo stalinismo introdusse
nel movimento operaio dalla metà degli anni Trenta è stata riproposta per
dieci anni nel nome della rifondazione. E proprio quella politica ha richiesto
la rinuncia all’egemonia sul terreno di massa: la teoria e la pratica della
"non belligeranza" verso gli apparati della CGIL nel più grande
movimento di classe degli anni Novanta -il movimento anti-Berluisconi del '94-
fu il risvolto dell’alleanza progressista e la premessa del futuro blocco di
centrosinistra. Un disastro per i lavoratori e per il partito.
Oggi,
proprio la grande ripresa dei movimenti di massa e della lotta di classe diventa
la cartina di tornasole di un bilancio. Il fatto che dopo dieci anni di
tradimenti burocratici, Sergio Cofferati appaia come il riferimento principe
della ripresa di lotta mentre il Prc conosce un obiettivo ridimensionamento
nella stessa CGIL; il fatto che la crisi profonda dell’Ulivo e dei DS trovi
espressione in grandi manifestazioni popolari (vedi 14 settembre) che inneggiano
a Nanni Moretti e vedono il Prc del tutto marginalizzato, non è solo misura
dell’imprevedibile fantasia delle dinamiche di massa: è anche il bilancio di
una mancata battaglia di egemonia alternativa nel corso di un decennio e dei
suoi frutti amari.
LA
COSTANZA DELL’INDIRIZZO STRATEGICO RIFORMISTA
Certo,
grandi sarebbero e sono gli spazi di rimonta con una svolta politica di linea. E
grande è la necessità di questa svolta per il futuro stesso della nuova
generazione che oggi si affaccia alla lotta.
Ma
la maggioranza dirigente del Prc riconferma invece, in tutta la sua integrità,
il corso politico del decennio.
Sul
terreno di massa permane l’adattamento alle direzioni maggioritarie dei
movimenti. Oggi, nella più grande mobilitazione operaia e popolare degli ultimi
vent'anni manca una proposta di massa del Prc. Si respinge la proposta di una
piattaforma alternativa di vertenza generale unificante. Si respinge la stessa
tematica dello sciopero generale prolungato. Si respinge la parola d’ordine
elementare della cacciata di Berlusconi. La stessa iniziativa referendaria
sull’articolo 18 non è collegata ad una proposta di azione alternativa.
Persino la rivendicazione della nazionalizzazione della FIAT, ripresa da
Progetto comunista, viene piegata e tradotta in una proposta borghese di
partecipazione statale azionaria entro una logica di pressione sul governo
Berlusconi e fuori da ogni indicazione alternativa di lotta sul terreno della
resistenza operaia. Su ogni terreno e da ogni versante la rinuncia teorizzata
all’egemonia alternativa ripropone, di fatto, l’accettazione dell’attuale
egemonia burocratica sui movimenti di massa.
E
ancora una volta questa rinuncia all’egemonia si lega alla riconferma, come se
nulla fosse accaduto, della vecchia prospettiva politica del Prc: la
ricomposizione negoziale di uno schieramento di governo di centrosinistra.
Invece che intervenire nella crisi profonda dell’Ulivo e dei DS con una
proposta chiara di rottura irreversibile con ogni forma di centro liberale, e
quindi con una proposta di indipendenza di classe dalla borghesia, prima si
rivendica una convenzione Prc-Ulivo “senza pregiudiziali”; poi si teorizza
un blocco politico con la sinistra riformista di Cofferati per “negoziare
insieme col centro liberale”, quindi con la rappresentanza delle grandi
imprese. Nei fatti mentre si celebra la "morte dell’Ulivo", si
rivendica una rifondazione negoziata del centrosinistra. Mentre il centro
liberale evidenzia il proprio carattere borghese e anti-operaio su ogni
questione (sciopero generale, guerra, vicenda FIAT, Europa), da un lato lo si
critica, dall’altro lo si legittima come tassello, seppur “moderato”, di
uno schieramento futuro di alternanza. E’ l’eterna coazione a ripetere che
minaccia il futuro stesso del partito:
Ciò
che dunque emerge dal bilancio di un decennio non è solo l’organicità e la
costanza di un indirizzo strategico riformista: ma anche la sua insensibilità
ad ogni lezione dell’esperienza e ad ogni svolta della lotta di classe.
PER
UNA RIFONDAZIONE COMUNISTA RIVOLUZIONARIA
Dentro
la storia del Prc, Progetto comunista ha lavorato e lavora a un’altra storia.
Dentro una rifondazione mancata, ha lavorato e lavora per una rifondazione
comunista rivoluzionaria.
Questa
battaglia non è mai stata e non è una battaglia di pressione sul gruppo
dirigente del Prc nell’illusione di un suo ripensamento strategico. Né la
pura occupazione di uno spazio a sinistra nei gruppi dirigenti e nel partito
alla ricerca di una rendita di posizione. All’opposto, è stata ed è una
battaglia politica finalizzata a una prospettiva politica reale: la rifondazione
di un partito comunista rivoluzionario in Italia entro la rifondazione di
un'internazionale comunista rivoluzionaria nel mondo. E’ un’impresa
difficile e tuttavia indispensabile per chi voglia davvero misurarsi con le
necessità poste dal nuove scenario storico. Per chi voglia evitare un destino
di testimonianza, fosse pure”rivoluzionaria”, all’ombra di una rovinosa
politica riformista. Questa è l’impresa che ha distinto Progetto comunista da
ogni altra area o sensibilità del Prc. Questa è l’impresa che oggi motiva lo
sviluppo di Progetto comunista in un’Associazione marxista rivoluzionaria che
si pone nel campo della Rifondazione della Quarta
Internazionale.
La
costruzione del partito rivoluzionario non è una petizione astratta ma un
processo complesso che richiederà la confluenza di fattori diversi da diversi
versanti: l’evoluzione rivoluzionaria delle forze migliori, che il Prc ha
raccolto; la maturazione radicale di un significativo settore dell’avanguardia
sociale della classe operaia e dei movimenti di massa sul terreno della lotta di
classe; la collisione tra i settori d’avanguardia e le direzioni riformiste
del movimento operaio. Modi e tempi di questa confluenza di fattori non sono
ovviamente prevedibili e non dipendono solo dalla nostra volontà. Ma ciò che
è decisivo è la costruzione del lato soggettivo del processo: un programma
rivoluzionario e, attorno ad esso, un organizzazione di militanti e di quadri. E
questo dipende anche, in primo luogo, dalla volontà, dall’azione, dalla
tenacia dei marxisti rivoluzionari.
Col
V congresso del Prc Progetto comunista ha portato a compimento, dopo un lungo
confronto politico, una proposta programmatica generale (“un progetto
comunista per la nuova fase storica”) che connette apertamente la Rifondazione
comunista in Italia alla Rifondazione comunista internazionale. E che per questo
articola la propria proposta politica e strategica per l’azione di massa nel
movimento operaio italiano attorno agli stessi assi programmatici e di principio
su cui ricomporre l’avanguardia proletaria mondiale: l’indipendenza di
classe da ogni forza e governo borghese; l’impostazione transitoria del
programma; la prospettiva del potere proletario come potere dei consigli e
autorganizzazione di massa. E in questo quadro, in particolare, indica in un
piano operaio anticapitalistico l'unica reale soluzione della crisi italiana,
l'unica reale risposta alle esigenze di fondo delle grandi masse capace di
affrontare e risolvere la questione cruciale del Mezzogiorno. E’ una proposta
programmatica per il Prc, rivolta pubblicamente al partito. Ed è al contempo, e
innanzitutto, la proposta di un fondamento programmatico per la costruzione del
partito comunista rivoluzionario.
Su
questa base vogliamo ora realizzare una più salda organizzazione militante che
unifichi, nel Prc e attorno a Progetto comunista, tutti i comunisti
rivoluzionari, indipendentemente dalla loro diversa provenienza politica. Una
comune cornice strategica e programmatica fonda una comune militanza: e del
resto, per sua stessa natura la rifondazione comunista rivoluzionaria non può
essere solo propagandata sul terreno delle idee, ma deve essere costruita.
Dev’essere sostenuta dallo sforzo organizzato e attivo di un raggruppamento
coeso; deve dotarsi di un sistema reale di autofinanziamento basato sulla
regolare contribuzione individuale; deve sviluppare un sistema razionalizzato di
mezzi di stampa; deve darsi strumenti di informazione e dibattito interni capaci
di coinvolgere l’insieme dei militanti; deve promuovere e ordinare nelle forme
possibili una proiezione pubblica delle proprie proposte entro il dibattito
dell’avanguardia di classe, nei movimenti di lotta e settori di intervento;
deve collegarsi al confronto e all’iniziativa del marxismo rivoluzionario
internazionale. L’Associazione marxista rivoluzionaria Progetto comunista
vuole realizzare un netto salto in avanti nell’affrontare l’insieme di
queste esigenze e funzioni.
CONTRO
OGNI RICOMPOSIZIONE TRA PRC E CENTROSINISTRA
Questo
sviluppo dell’organizzazione militante sulla base di un programma
rivoluzionario non è solo lo sviluppo coerente di Progetto comunista e della
sua storia politica. E’ un fatto che guarda alle prospettive generali e future
del movimento operaio italiano e dello stesso Prc.
Incognite
serie si stagliano sull’orizzonte politico del Prc. Il calendario politico dei
prossimi anni rischia di configurarsi come un itinerario negoziale, seppur non
lineare, di nuova ricomposizione col centrosinistra, e, quindi, di una possibile
ricollocazione di governo del Prc. Certo, il quadro politico italiano è
imprevedibile. Dalla crisi profonda del centrosinistra e dei DS possono
scaturire scenari politici diversi, scomposizioni e ricomposizioni degli
schieramenti politici e delle rappresentanze sociali. Ma resta il fatto che, al
di là della mobilità dello scenario, la linea scelta dalla maggioranza
dirigente del Prc è purtroppo inequivoca: sfruttare ogni fattore di crisi del
centrosinistra e dei DS non per sviluppare un’egemonia alternativa di massa
nel segno della rottura col centro, ma per rafforzare il proprio spazio
negoziale nei loro confronti. Le stesse elezioni locali nel 2003 e nel 2004 si
configurano come una nuova occasione di estensione delle alleanze di governo tra
Prc e liberali. E soprattutto sul piano nazionale la possibile crisi del
berlusconismo, in assenza di un ‘esplosione sociale dirompente e di un
progetto di alternativa anticapitalistica, da un lato sospinge la ricomposizione
di uno schieramento di alternanza e dall’altro favorisce la possibilità della
sua affermazione.
L’associazione
marxista rivoluzionaria Progetto comunista si batte e si batterà con tutte le
proprie forze contro ogni ricomposizione dell’alleanza politica tra Prc e
centrosinistra: sia sul piano locale, sia sul piano nazionale.
Rivendichiamo
apertamente la cacciata di Berlusconi: ma sull’onda della lotta di massa e per
un’alternativa dei lavoratori; non sotto l’egemonia dei liberali e per
un’alternanza liberale. Ogni subordinazione del Prc, diretta o indiretta, ad
uno schieramento e prospettiva di alternanza sarebbe in contraddizione con tutte
le ragioni di classe e con gli interessi più elementari dei lavoratori. In
particolare ogni ricollocazione del Prc al governo o nella maggioranza di
governo, ogni rimozione della funzione e ruolo di opposizione rappresenterebbe,
al di là di ogni illusione, un fattore distruttivo per il Prc. Ricollocherebbe
il Prc in alleanza con la borghesia italiana, a rimorchio dei suoi programmi e
delle sue politiche di classe. Porrebbe il Prc in contraddizione obiettiva con
la dinamica di ripresa dei movimenti di massa e con le domande della giovane
generazione. Favorirebbe un ritorno alla pace sociale a tutto vantaggio degli
apparati di controllo delle masse. Disperderebbe alla lunga le migliori energie
militanti dello stesso partito condannandole alla demoralizzazione o
all’abbandono.
PER
LA SALVAGUARDIA IN OGNI CASO DI UNA OPPOSIZIONE COMUNISTA
L’associazione
Progetto comunista svilupperà la campagna più vasta per l’autonomia di
classe del Prc contro la sua distruzione politica quale forza di opposizione.
Sosteniamo
l’unità nell’azione di massa dei lavoratori e di tutte le forze che su di
esse si basano, per imporre una soluzione anticapitalistica della crisi
italiana. Contrastiamo l’unità coi liberali contro i lavoratori entro una
soluzione di ricambio per la borghesia. E’ la posizione che portiamo e
porteremo in ogni movimento di massa in aperta sfida alle direzioni attuali dei
movimenti. A maggior ragione è la posizione che sosteniamo e sosterremo nel Prc
per la sua stessa salvezza politica.
Per
questo ci rivolgiamo, da ora, al più ampio arco di forze militanti di questo
partito, ben al di là degli steccati congressuali, per scongiurare insieme ogni
ritorno all’esperienza Prodi, ogni scissione del Prc con la sua classe di
riferimento. E ciò sulla base di una valutazione e di un impegno che chiederemo
a tutte le forze più vive del partito: la necessità in ogni caso di una forza
comunista di opposizione contro i governi della borghesia, siano essi di
centrodestra o di centrosinistra. E’ un impegno cui non si può derogare,
indipendentemente dalle scelte della maggioranza dirigente del Prc. Ed è un
impegno che richiede, qui e ora, la costruzione di un’organizzazione
rivoluzionaria di militanti e di quadri, con un più alto livello di radicamento
e formazione, che possa lavorare, nel Prc e nell’avanguardia di massa per
raccogliere e orientare, in prospettiva, il più vasto campo di forze di una
rifondazione comunista rivoluzionaria.
PER
COSTRUIRE INSIEME IL PARTITO DELLA RIVOLUZIONE IN ITALIA E NEL MONDO
L’Associazione
marxista rivoluzionaria Progetto comunista per la rifondazione della Quarta
Internazionale fa appello a tutte le compagne e i compagni del Prc che hanno
sostenuto al V congresso le posizioni di Progetto; a tutte le compagne e i
compagni del Prc che oggi convergono sugli indirizzi di fondo di Progetto
comunista; a tutti i militanti di avanguardia del movimento operaio e dei
movimenti di massa, anche ad oggi esterni al partito, che condividono la nostra
proposta e prospettiva; ai giovani che cercano un orizzonte di rivoluzione,
fuori da ogni logica elettoralistico-istituzionale come da ogni movimentismo
neo-riformistico: per realizzare insieme, nel Prc e attorno a Progetto
comunista, l’accumulazione delle forze della rifondazione rivoluzionaria. Per
costruire insieme, su base militante, la prospettiva del partito rivoluzionario.
Per lavorare insieme alla rifondazione della Quarta Internazionale, al fianco
dei marxisti rivoluzionari di ogni Paese.