Da : APRILE ON LINE
MARCO FERRANDO
27 Marzo 2006
http://www.aprileonline.info/index.asp?numero='129'
In cosa consiste la "svolta"
di Bertinotti? E quali saranno le sue conseguenze sulla sinistra italiana e sui
suoi stessi assetti di rappresentanza?
La svolta di Bertinotti non data da oggi, ma certo oggi conosce una nuova,
ennesima, accelerazione. La sua cifra di fondo non sta, a nostro avviso, nella
"ricerca del socialismo del XXI secolo"; ma nella ricerca, ben più
prosaica, di un profilo politico-culturale rassicurante per le classi dirigenti
del paese, alla vigilia della probabile ricollocazione di governo del nostro
partito. E’ un giudizio certo impegnativo, ma purtroppo fondato su un solido
principio di realtà.
Dal punto di vista della cultura politica nessuna "nuova" idea
dell’attuale corso bertinottiano è –di per sè- realmente nuova.
La riconduzione dello stalinismo al peccato originario della "presa del
potere", ossia alla Rivoluzione d’Ottobre, è la radice teorica di tutta la
socialdemocrazia del novecento; oltrechè, paradossalmente un avvallo indiretto
alla rappresentazione ideologica che proprio lo stalinismo ha fatto di sé quale
"erede del leninismo".
La "non violenza" come paradigma etico o come strategia di
trasformazione ha attraversato, in varie forme, tanta parte della cultura
riformista del secolo scorso, sia nella forma socialdemocratica che nella
stessa tradizione staliniana (vedi le “vie pacifiche al socialismo”):salvo
combinarsi con il voto ai crediti di guerra e il massacro degli spartachisti
nel primo caso; e nel secondo caso con la feroce persecuzione e annientamento
di ogni opposizione di sinistra, sia in URSS che su scala internazionale.
La trasmutazione del comunismo da programma di rivoluzione sociale in astratta
istanza ideale, e da qui persino in ricerca religiosa, affonda le sue prime
radici addirittura nel pre-marxismo: e cosi si potrebbe facilmente osservare
che per andare "oltre Marx" si finisce col ritornare al
"pre-Marx", sicuramente più vacuo e inoffensivo per il capitalismo
reale e le classi dominanti.
Ciò che invece mi pare interessante è individuare il contenuto politico reale
che sta sotto la cosiddetta svolta culturale del PRC. Qui davvero si scende dal
cielo alla terra.
Il contenuto reale della svolta è tutt’altro che velleitario e peregrino. Se la
maggioranza DS e
Non sottovaluto affatto la serietà di questa operazione. Capisco che essa possa
ricomporre attorno a sè settori provenienti dal gruppo dirigente della sinistra
socialdemocratica dei DS. Come capisco che possa incontrare l’universale
encomio ed incoraggiamento di tutta la stampa liberale a partire dal Corriere
di Paolo Mieli, e dunque del grosso dei poteri forti del paese. La mia domanda
è un’altra: cosa hanno a che vedere con tutto questo le ragioni della
rifondazione comunista? Di più: cosa hanno a che vedere con tutto questo le
esigenze e domande di quella giovane generazione di lavoratori e studenti che
in questi anni ha rialzato la testa e che rischia di finire imprigionata in un
nuovo, ennesimo, "compromesso storico" (bonsai)? E per paradosso:
qual è il rigore di una "non violenza" che convive con i gestori
delle guerre umanitarie, di un "rifiuto del potere" che coincide con
la prenotazione dei ministri, di "un nuovo socialismo" che si
subordina al gotha di governo delle imprese e delle banche uliviste?
Ma proprio queste insostenibili contraddizioni spiegano bene che la svolta di
Rifondazione non riguarda il solo nostro partito ma l’intera sinistra italiana
e tutti i movimenti e le loro rappresentanze. Milioni di lavoratori e di
giovani hanno lottato in questi anni per la cacciata del governo Berlusconi: ma
contro le classi dirigenti del paese e per un’alternativa vera. Oggi tutte le
direzioni della sinistra italiana realizzano un patto di governo con le classi
dirigenti del paese su un programma che non solo ignora le ragioni dell’alternativa
ma annuncia, per citare Prodi, "riforme impopolari e sacrifici" per
milioni di lavoratori e di giovani. Qui sta l’autentico scandalo, e la
premonizione di un film già visto e vissuto troppe volte da troppe generazioni.
Per la stessa ragione la battaglia politica di Progetto Comunista per
l’indipendenza delle sinistre dal centro dell’Unione e dal blocco di interessi
che lo sorregge, è parte integrante di una battaglia più generale per
l’indipendenza del movimento operaio e dei movimenti di lotta dalle ragioni dei
loro avversari. La vera novità storica del nostro tempo è che il capitalismo in
crisi non ha più nulla da offrire alle giovani generazioni e per questo erode
sempre più le sue basi materiali di consenso. Il tema della rifondazione
comunista è allora come ricondurre le lotte e le rivendicazioni di ogni giorno
ad una prospettiva di alternativa anticapitalistica: che è tale se è
alternativa di potere dei lavoratori e delle lavoratrici; che è tale se i
lavoratori e le lavoratrici uniscono le proprie forze in un polo di classe
indipendente; che è tale se i lavoratori e le lavoratrici sanno realizzare una
propria egemonia anticapitalistica sull’insieme delle masse subalterne e di
tutte le loro istanze di liberazione (sociali, ambientali, di genere, di pace)
in Italia, in Europa, nel mondo. Peraltro l’intera esperienza internazionale
–nel quadro dell’attuale crisi capitalistica- ci dice che solo la lotta di
massa, dall’opposizione, contro le classi dirigenti e i loro governi può
strappare, cammin facendo, risultati concreti e conquiste parziali. Mentre
tutte le unioni di governo tra sinistre e forze liberali – come dimostra lo
stesso esempio di Lula – finiscono col gestire controriforme e distruzioni di
vecchie conquiste.
Preservare e rilanciare un’opposizione comunista e di classe in Italia non è
dunque una petizione ideologica, ma una necessità politica per tutta
l’avanguardia della classe operaia e dei movimenti. Certo la svolta di
Bertinotti sottolinea oggi questa esigenza in termini più drammatici e
stringenti.
*Portavoce di Progetto Comunista
Sinistra del PRC