Da “Il Manifesto” del 21 maggio 2006

 

Ferrando al lavoro sul partito rosso

 

Matteo Bartocci

 

Il conto alla rovescia Marco Ferrando e Franco Grisolia lo hanno già lanciato. La tappa costituente del “partito comunista dei lavoratori” sarà al cinema Barberini di Roma il prossimo 18 giugno. I due leader di “Progetto comunista”, una delle tre correnti trotzkiste di Rifondazione hanno formalizzato il loro addio al partito guidato da Franco Giordano e, insieme ai cinque componenti del comitato politico nazionale, hanno annunciato la costruzione di un nuovo movimento comunista che ricostituisca una “opposizione coerente e di alternativa al capitalismo”. Tra un mese, a Roma, si formalizzerà il nuovo simbolo (sicura la falce e martello) e il gruppo di coordinamento a livello nazionale. Le ambizioni, fatte le debite proporzioni, ci sono tutte: “Non è un trasferimento all’esterno del nostro gruppo dirigente – prova a mettere in chiaro Ferrando – ma la costruzione di un nuovo partito che raggrupperà esperienze, anche di altra provenienza, che oggi sono disperse, sarà una ricomposizione ‘unitaria della diaspora comunista’ ”.

Il trotzkista “ex dissidente”, per ora non scopre le sue carte ma annuncia sorprese, consapevole che, suo malgrado o meno, la visibilità mediatica sotto cui è finito negli ultimi mesi lo aiuterà almeno un po’ nella fase del travaglio che, “nel giro di un anno”,  porterà alla nascita del partito nuovo, “nelle prossime settimane ci saranno molte adesioni collettive e individuali, dentro e fuori il Prc, qualcuna anche inaspettata”, assicura Ferrando, facendo capire che le porte sono aperte e che l’esito del percorso non è predeterminato. Nell’ultimo congresso del Prc i “suoi” trotzkisti (6,5 del totale), hanno raccolto consensi soprattutto nel Tigullio, nel parmense, a Brescia e alla Fiat di Melfi, ma sono attivi anche alla fiat di Cassino, alla Pirelli e in Val di Susa. “La nostra decisione – puntualizza Ferrando – nasce dalla triste constatazione che il Prc, nato come forza alternativa a Maastricht, all’alternanza bipolare e alla concertazione, si ritrova oggi dentro un governo guidato dal principale ‘sacerdote’ di Maastricht e con dentro Padoa Schioppa”.

Troppo per l’insegnate di Finale ligure: “Non siamo noi a fare la scissione, è rifondazione che si scinde dalle ragioni sociali della sua storia”, dice senza alcuna animosità per i suoi ex compagni di partito (di cui fu fra i fondatori nel 1992) e per il gruppo bertinottiano. Qualche puntura la rivolge piuttosto alle altre minoranze del partito: “Un anno fa, pur da posizioni diverse – dice - , abbiamo votato contro l’approdo al governo raccogliendo il 41% dei consensi, oggi vedo che c’è chi ha ammainato quella bandiera (l’Ernesto) o chi l’ha ridimensionata (Sinistra critica). In campo - -prevede ci saranno d’ora in poi tre forze: il Partito democratico per il campo liberale dell’establishment, la Sinistra europea di Bertinotti che sarà una forza socialdemocratica di governo; e noi, i comunisti non pentiti, che vogliono continuare a lottare per mettere in discussione il sistema capitalista”.

Paradossalmente, conclude Grisolia, “il trotzkismo che tutti vorrebbero moribondo è oggi più forte che nel ’68. C’è ancora chi vuole resistere al capitalismo e alla socialdemocratizzazione della sinistra”.