I risultati elettorali del 13 maggio aprono una nuova difficile stagione
politica per il movimento operaio.
Il voto riportato dal PRC è caratterizzato da una tenuta del
partito rispetto alle ultime elezioni regionali: una tenuta segnata da
un consolidamento dell’elettorato sia alla Camera che al Senato.
Ma la tenuta del partito ha come sfondo un evento politico generale
obiettivamente grave e pesante. Cinque anni di governo di centrosinistra
e delle sue politiche liberiste hanno consegnato l’Italia a Berlusconi.
Cinque anni di compressione salariale, privatizzazioni, flessibilità,
controriforme scolastiche e pensionistiche, sotto la dettatura delle grandi
imprese hanno colpito e demotivato larga parte delle classi subalterne
a tutto vantaggio del centrodestra e del consolidamento del suo blocco
sociale. Solo l’obiettiva pericolosità sociale del Polo ha impedito
un suo vero sfondamento elettorale rimotivando al voto, in particolare
nel Nord, settori di lavoratori precedentemente astenutisi. L’apparato
dirigente dei DS, architrave dei governi Prodi, D’Alema e Amato porta dunque
una responsabilità storica verso i lavoratori e le lavoratrici.
Ma su un piano diverso anche il nostro partito deve fare, in piena
autonomia, un bilancio delle proprie scelte. La legislatura liberista di
centrosinistra che ha spianato la strada a Berlusconi ha visto per metà
dei suoi anni il sostegno “critico” del nostro partito e per l’altra metà,
dall’opposizione un tentativo di condizionamento a sinistra dell’Ulivo.
Così come ha visto, sul piano amministrativo locale, la continuità
delle coalizioni di governo tra Prc e centrosinistra o la ricerca di coalizioni
con esso (talora con la proposta di apparentamento al secondo turno, come
oggi a Torino). E’ onesto riconoscere che questa politica non ha prodotto
risultati. Non li ha prodotti per il partito che esce dalla legislatura
con una forza pesantemente ridimensionata (meno settecentomila voti rispetto
al ’96). Non li ha prodotti soprattutto per il movimento operaio condannato
dal centrosinistra alla sconfitta sociale e politica. La rinuncia a una
politica di alternativa di classe al centrosinistra ha rappresentato un
errore profondo del nostro partito.
E’ necessario ora segnare, nel nuovo scenario, una svolta di indirizzo
politico che ponga al centro l’autonomia di classe del movimento operaio
e la lotta per un’altra sinistra.
Contro il governo Berlusconi rivendichiamo il più ampio fronte
unico di lotta del movimento operaio: l’unico soggetto che in tutti gli
anni Novanta sconfisse davvero Berlusconi (autunno ’94). Facciamo appello
a tutti i lavoratori e lavoratrici, a tutte le forze politiche e sindacali
del movimento operaio, per la costruzione di una mobilitazione unitaria
indipendente a partire da rivendicazioni unificanti sui temi del salario,
della lotta alla flessibilità, del salario sociale ai disoccupati,
della lotta alle privatizzazioni e della difesa dello stato sociale. La
cacciata del governo Berlusconi-Bossi-Fini per un’alternativa di classe
va proposta come prospettiva di sbocco della mobilitazione unitaria. La
rivendicazione e preparazione del fronte unico di lotta deve essere da
oggi al centro di una vasta campagna del partito segnata dalla più
ampia proiezione di massa. L’appuntamento di Genova contro il G8 può
e deve essere al riguardo un’occasione centrale.
Ma la lotta per la mobilitazione unitaria della classe contro il governo
delle destre va combinata con la costruzione di un'altra sinistra italiana.
Il centrosinistra liberale è, all’opposizione, un avversario non
meno temibile per i lavoratori di quando reggeva il governo: su mandato
delle forze borghesi che lo sorreggono, ansiose di stabilità sociale,
cercherà di disinnescare preventivamente ogni vera opposizione di
classe. Quanto all’apparato Ds, esso ha fatto completa bancarotta ed è
vittima oggi del suo fallimento politico. Non si tratta allora di ricercare
un accordo frontista con quell’apparato (“sinistra plurale”) in una logica
di futura alternanza di governo. Ma di costruire un partito comunista di
massa che sulla base di un programma anticapitalista si candidi, nelle
lotte, a nuova direzione del movimento operaio, per un’alternativa di sistema.
La costruzione di questo partito, in alternativa ai vecchi apparati, è
condizione decisiva per evitare che come nel ’94 l’opposizione di massa
a Berlusconi venga nuovamente tradita da forze liberali o socialdemocratiche.
Per tracciare un bilancio di linea politica e varare un nuovo orientamento
la Direzione ritiene necessaria la convocazione urgente di un congresso
nazionale del partito, sottoponendo tale proposta al prossimo Comitato
Politico Nazionale del 26-27 maggio.
MARCO FERRANDO