La candidatura a Premier di Francesco Rutelli da parte del Centrosinistra
non nasce solamente dalla ricerca di una soluzione d'immagine a fini elettorali,
né dalla sicura affidabilità del Sindaco del Giubileo e delle
privatizzazioni capitoline: ma rientra nella prospettiva strategica di
costruzione del "partito democratico" come rappresentanza centrale della
borghesia italiana. Prospettiva su cui convergono con numerose contraddizioni,
sia i Democratici di Prodi, sia la maggioranza dell'apparato burocratico
dei D.S., a guida Veltroni e D'Alema.
La stessa identificazione sempre più chiara di F. Rutelli con
i programmi della grande borghesia, a partire dall'ulteriore riduzione
del prelievo fiscale sulle imprese è suggerita dalla volontà
di consolidamento e ricomposizione attorno alle forze costituenti del "partito
democratico" di settori decisivi della classe dominante. I cui interessi
sono stati gestiti organicamente dai governi di centrosinistra dell'intera
legislatura e dalle loro scelte: non ultime le operazioni condotte o avallate,
attorno all'ENEL, alla privatizzazione delle municipalizzate, alle concessioni
UMTS, alla controriforma dei cicli scolastici..
Tutto ciò conferma l'indicazione della rottura col "Centro"
formalmente avanzata dal nostro partito. Ma ci obbliga a una traduzione
coerente di questa indicazione. Rottura col Centro deve significare rottura
con la classe dominante, con i suoi interessi, con i suoi candidati e rappresentanti,
di Centrodestra e di Centrosinistra: e quindi rottura col tradizionale
Centro politico borghese ed anche con quella burocrazia liberale D.S. che
ha rotto col movimento operaio e con la sua stessa rappresentanza socialdemocratica.
Rottura col Centro significa parallelamente rivendicazione dell'autonomia
del movimento operaio attorno a un proprio polo di classe: con l'appello
unitario rivolto non solo ai lavoratori ma a tutte le forze della sinistra
critica (v. Sinistra D.S.) che ancora si basano sul movimento operaio perché
rompano col Centro, quindi col Centro Sinistra, e realizzino con i comunisti
un fronte unico d'azione attorno ad obiettivi di classe.
E' una politica di unità del mondo del lavoro che al tempo stesso
incalza le contraddizioni della sinistra critica e amplia gli spazi dell'egemonia
alternativa dei comunisti.
Questa politica è incompatibile con una "non belligeranza" col
Centro Sinistra in sede elettorale. I Comunisti non possono realizzare
la non belligeranza verso lo schieramento di governo del grande capitale.
Tanto più a bilancio di una legislatura che ha visto l'apice dell'attacco
padronale e governativo alle condizioni di massa e la gestione di una guerra
imperialista. Tanto più a fronte del fatto che tutte le lotte e
i movimenti che si sono prodotti in questi anni, si sono sviluppati contro
il Centrosinistra, i suoi governi, i suoi rappresentanti e ministri di
Centro e D.S. (dal movimento contro la guerra alle lotte degli insegnanti).
Nessuna concessione redistributiva alla vigilia del voto, nessuna eventuale
riforma della legge elettorale possono minimamente scalfire questo
bilancio di classe, o modificare la natura delle forze in campo.
La proposta politica del polo autonomo di classe ha una sola traduzione
coerente: la presentazione autonoma del PRC sia al Senato sia alla Camera,
sia sul livello proporzionale sia nei collegi maggioritari, in alternativa
al Centrodestra e al Centrosinistra.
La scelta eccezionale di desistenza unilaterale può essere praticata
solo verso gli esponenti di quella sinistra critica che sfidiamo alla rottura
col Centro (a fronte di esponenti non governativi e nei soli collegi in
cui la presenza dei comunisti è determinante per il risultato).
Ma proprio a partire dalla logica del polo autonomo di classe, non in contraddizione
con essa.
In questo quadro la Direzione Nazionale del PRC avanza la candidatura
a premier di Fausto Bertinotti in contrapposizione a Berlusconi e Rutelli
(come eventualmente a Di Pietro e D'Antoni), quale unica espressione politica
del mondo del lavoro e dei disoccupati, e dei loro interessi indipendenti.
Parallelamente la D.N. impegna il partito ad elaborare una nuova proposta
programmatica che si rivolga non al C.S., in una logica negoziale, ma alle
grandi masse in una logica di alternativa anticapitalistica; una proposta
che quindi colleghi le rivendicazioni immediate (per forti aumenti salariali
unificanti; la riduzione progressiva dell'orario; un vero salario sociale
ai disoccupati, senza finanziamento alle imprese, realmente alternativo
a soluzioni di precariato, l'abolizione del Pacchetto Treu) ad una soluzione
complessiva di rottura con l'ordine capitalistico.
In ordine alle imminenti elezioni amministrative che coinvolgono anche
grandi città (a partire da Milano e Roma) la D.N. orienta il partito
alla presentazione indipendente delle liste comuniste e di classe, in alternativa
a Centrodestra e Centrosinistra: in particolare respinge ipotesi di apparentamento
di governo col Centro Sinistra sia al primo che al secondo turno elettorale
preservando o affermando la collocazione del partito all'opposizione.
La D.N. chiede al partito un forte impegno di promozione e partecipazione
alla scadenza di mobilitazione internazionale a Nizza contro le politiche
liberiste: con una impostazione politica e programmatica fortemente caratterizzata
che tracci un legame tra le istanze antiliberiste e quella prospettiva
di alternativa socialista che, sola, può conseguentemente realizzarle.
In particolare, in alternativa alle illusioni riformistiche circa la possibilità
di un'Europa "sociale" in ambito capitalistico e imperialistico, è
centrale la rivendicazione strategica degli Stati Uniti socialisti d'Europa.
La D.N., infine, decide su queste basi la convocazione urgente del
CPN entro la prima metà di dicembre.